La Cina non vuole più essere la grande fabbrica del mondo ma diventarne il leader. Pechino è riuscita a ripartire molto rapidamente nonostante la pandemia globale e questo influirà sulla geopolitica mondiale e sulle relazioni con l’Unione Europea. Il quarto appuntamento di “Alumni Global Talks” moderato da Mariangela Pira, giornalista economica di SkyTg 24 e alumna della facoltà di Scienze Linguistiche e Letterature Straniere, ha tratteggiato il futuro della Cina e dei suoi rapporti con l’Unione Europea grazie agli occhi di chi ne vive il presente partendo dal racconto dell’anno passato, della gestione pandemica cinese e degli effetti dell’Accordo sugli Investimenti siglato da Pechino e Bruxelles lo scorso dicembre.
«La pandemia non è stata contrastata con decreti-legge come da noi-spiega in collegamento da Shangai Hermes Pazzaglini, avvocato, Equity Partner di Nctm Studio Legale e alumnus della facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore-. Qui a un certo punto la gestione sanitaria avveniva addirittura a livello di singole vie e condomini. Dovevamo chiedere ai portinai se era possibile ricevere ospiti e, se sì, quanti». La capillarità del tracciamento è stata favorita dalla grande diffusione di WeChat, un social network molto popolare in Cina su cui è possibile messaggiare ma anche pagare bollette, prenotare biglietti del cinema o ordinare cibo d’asporto: «Ora non possiamo più uscire di casa senza il telefono perché all’interno di questa app esiste una funzione che in base ai contatti che hai avuto con i contagiati ti fornisce un codice verde o rosso con cui puoi entrare negli edifici o accedere a qualsiasi servizio, fosse anche prenotare un taxi» racconta Matteo Giovannini, Senior Finance Manager ICBC Leasing di base a Pechino.
Il contrasto al Covid-19 ha messo in evidenza una trasformazione già in atto nell’economia cinese, sempre più orientata dal governo centrale alla crescita interna più che all’esportazione delle proprie attività verso l’estero. Questo lo hanno sperimentato anche le tante aziende italiane presenti sul territorio, molte delle quali radicate da oltre 10 anni: «Le attività si sono molto concentrate verso la domanda interna nell’ultimo anno -conferma Giulia Gallarati, Segretario Generale, General Manager della Camera di Commercio Italia-Cina e alumna della Facoltà di Economia dell’Università Cattolica-. Per l’83% delle aziende nostre associate questo ha comportato una continua crescita del costo del lavoro perché la Cina non vuole più essere considerata un paese dove conviene solamente spostare la produzione e passare a uno status di economia avanzata». Le opportunità per le aziende restano tante grazie a un contesto economico sempre molto dinamico: «Come in ogni crisi alcuni hanno risentito di più dei suoi effetti ma il 5% degli associati ha registrato un aumento del fatturato addirittura del 50%» conferma Gallarati.