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Acqua bene essenziale: fra climate change, cibo e cucina

23 marzo 2024

Acqua bene essenziale: fra climate change, cibo e cucina

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Essenziale e per questo bisognosa di cura, l’acqua va custodita. In Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Piacenza, la Giornata mondiale dell’acqua si è declinata con un laboratorio dal titolo “Riflessioni e idee tra climate change, sana alimentazione e cucina sostenibile” dedicato agli studenti delle scuole superiori della provincia. Oltre ai docenti dell’ateneo piacentino e ai rappresentanti del Consorzio di bonifica di Piacenza, sono stati numerosi gli ospiti intervenuti.

Per inquadrare quanto sia inestimabile il valore dell’oro blu, Marco Trevisan, preside della Facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali, ha portato all’attenzione degli ascoltatori numeri che fanno riflettere. «In Italia - afferma - si consumano 20 miliardi di metri cubi d’acqua all’anno, 9 miliardi di metri cubi sono prelevati per uso potabile, ma il 42% va perduto, così solo 5 miliardi giungono a destinazione. La causa è da ricercarsi nelle carenze delle condotte: nel nostro Paese ci sono probabilmente gli acquedotti più vecchi al mondo. L’obiettivo di chi gestisce l’acqua è pertanto quello di diminuire le perdite».

Trevisan rigetta la locuzione “sprecare l’acqua” perché, dice, l’acqua è qualcosa che «rimane sempre», ma invita a considerare che «sul pianeta il 97% dell’acqua è salata, quella dolce è solo il 3%, percentuale quest’ultima che si riduce all’1% se ci si riferisce a quella disponibile, essendo la restante parte in forma di ghiaccio o neve».

Ha anche ricordato che con l’ex presidente del Consorzio di bonifica, Fausto Zermani, nacque con la facoltà una stretta collaborazione da cui scaturì la “Giornata del valore dell’acqua”, il cui «valore» è appunto dispensato «in attività civili, agricole e industriali».

È allora l’intervento di Luigi Bisi, presidente del Consorzio di bonifica di Piacenza, a illustrare alcune delle opere infrastrutturali più importanti che hanno riguardato l’oro blu nel nostro Paese: dal canale Cavour in Piemonte alla diga di Panperduto in Lombardia, fino al Cer (Canale emiliano romagnolo) che sostiene, rendendola fertile, l’area di Ravenna, e che giudica «un’occasione perduta per la nostra comunità, poiché nel progetto originario avrebbe dovuto attraversare anche l’area piacentina».

Se le eccellenze, quelle piacentine comprese (pomodoro e latte), hanno bisogno di acqua, questa necessita di essere stoccata. Lo dice Bisi, che spiega come i 2.400 chilometri di canali del consorzio siano d’inverno utilizzati per questo: «In tal caso le perdite dell’acqua che circola nelle reti diventano un valore perché ricaricano le falde». E poi, naturalmente, ci sono le dighe. Se Trevisan aveva precedentemente ricordato come l’unico fiume ad avere provocato disastri sia stato il Nure - «l’unico a non avere una diga» ha detto -, Bisi è andato oltre affermando che durante le ultime forti piogge senza la diga di Mignano si sarebbe riversata su Villanova una quantità d’acqua ingestibile provocando disastri». «La diga - spiega - funzione come difesa idraulica».

Dopo il collegamento con il geometra Fabio Rogledi dalla diga del Molato, invaso di cui si sta ultimando il collaudo, portando alla soglia massima il suo riempimento, e dopo gli interventi di Marco Bosini, delegato provinciale Coldiretti Giovani Impresa Piacenza, e di Corrado Peratici, presidente Anga Confagricoltura Piacenza, la conservazione dell’acqua è entrata in cucina. Non una cucina qualsiasi, ma quella della chef stellata Isa Mazzocchi, del Ristorante "La Palta". «Abbiamo preparato per i ragazzi un uovo in camicia» dice. «L’acqua è fondamentale per questa tecnica di cottura - continua - la cottura dell’uovo in camicia richiede acqua, sale e un goccio di aceto, e una volta terminata la preparazione l’acqua è ottima per la pulizia delle stoviglie, soprattutto quelle di rame, che tornano lucide. Dobbiamo cercare di ragionare sul riutilizzo dell’acqua». Anche per questo Mazzocchi ha invitato i ragazzi a una sfida: cimentarsi proprio con l’uovo in camicia, ovvero ripetere la ricetta proposta e pubblicare il risultato sulle pagine Facebook e Instagram del progetto didattico “Acqua da mangiare”.

La giornata è poi proseguita collegando all’acqua il cibo. A prendere la parola sono stati i docenti della facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali Edoardo Fornari e Margherita Dall’Asta, che hanno coinvolto i ragazzi con una presentazione incentrata sulle abitudini alimentari degli studenti e sui comportamenti, più o meno corretti, che vengono adottati dalle generazioni più giovani.

Discussione ripresa da Laura Rossi del Crea (Centro di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione) che proprio insieme ai docenti della Cattolica, ad ANBI Emilia Romagna, di cui era presente Salvatore Gentile, e al Consorzio di Bonifica di Piacenza sta portando avanti il progetto intitolato “Food Mood” che ha come tema proprio lo studio delle abitudini alimentari degli studenti. A chiudere la mattinata è stato Lorenzo Bonazzi, educatore ambientale e animatore teatrale.

Un articolo di

Filippo Lezoli

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