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Agroalimentare, prove di dialogo fra scienza e consumatori

16 luglio 2021

Agroalimentare, prove di dialogo fra scienza e consumatori

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Innovazione sostenibile e fiducia dei consumatori non sempre vanno a braccetto. Eppure le sfide epocali che il mercato agroalimentare si trova di fronte, a cominciare dalla necessità di sfamare una popolazione mondiale in continuo aumento contemperando la scarsità delle risorse e la tutela dell’ambiente, potranno essere vinte se affrontate attraverso un’innovazione tecnologica sostenibile. Il nodo da sciogliere, però, è fare accettare dal grande pubblico dei consumatori proprio quelle tecnologie che in questo settore vengono percepite per lo più con diffidenza e viste non di rado come un’intrusione nei principali ambiti della propria vita, quali la dieta e la salute.

Questi temi sono stati al centro del webinar “Innovazione nell’Agro-Alimentare e Consumer Trust”, svolto in collaborazione con diversi centri di ricerca dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, quali EngageMinds-Hub, Crast, BioDna e Pronutrigen e nato nell’ambito del progetto intitolato “Omic technologies for consumer food engagement: innovazione nella tracciabilità degli alimenti biologici e fiducia del consumatore”, coordinato dalla psicologa dei consumi Guendalina Graffigna.

Introducendo gli ospiti, il preside della Facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali Marco Trevisan ha chiarito come l’obiettivo dell’incontro fosse far capire che «le tecnologie non rappresentano un problema, ma un mezzo per ottenere cibi di qualità migliore e più salutari».

Un articolo di

Filippo Lezoli

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«Gli scienziati - dice Trevisan - non cercano di fare “cose strane”, ma di individuare nuove tecnologie per garantire migliore conoscenza e sicurezza. Il dogma che seguiamo è quello di un’innovazione che aiuti a mantenere la tradizione». In sintesi, per mantenere una produzione di qualità - e un export dei prodotti italiani nel mondo che tocca attualmente i 42 miliardi di euro - occorre affidarsi anche alle nuove tecnologie.

Il webinar si è risolto dunque in una prova di dialogo con i cittadini non più procrastinabile, come sottolinea Graffigna che si sofferma sull’importanza di tessere relazioni fra scienza e società, percorsi che devono essere bidirezionali. «La scienza deve giocare un ruolo fondamentale nell’alfabetizzazione della società riguardo alle innovazioni in campo agroalimentare - spiega - d’altronde i cittadini hanno sete di sapere ed è giusto che la scienza faccia una buona divulgazione. D’altro canto è vero che la società stessa, con le sue preoccupazioni di natura etica, può aiutare la scienza a sviluppare traiettorie di ricerca orientate alle preoccupazioni del consumatore». «Ultimamente si parla infatti di cittadino come co-ricercatore - aggiunge Graffigna - in grado di fornire dati utili agli scienziati».

Nel suo intervento Alessandra Lanubile (Bio Dna) si è soffermata sul “Genome editing: una soluzione per l’agricoltura sostenibile”, spiegando che «l’editing del genoma è un intervento di precisione che consente la correzione mirata di una sequenza di Dna». Lanubile ha parlato del Crispr/Cs9, che è valso nel 2020 il Nobel per la Chimica alla microbiologa Emmanuelle Charpentier e alla biochimica Jennifer Doudna. In italiano l'acronimo Crispr significa brevi sequenze palindrome raggruppate e regolarmente interspaziate.

«I microbiologi - spiega Lanubile - hanno mutato delle sequenze ripetute nel genoma dei batteri, sequenze quasi speculari, palindrome, che sono come dei faldoni che contengono l’identikit dei virus. Quando un batterio incontra un virus, cataloga frammenti del Dna virale nel suo genoma. Pertanto queste sequenze Crispr sono una sorta di album fotografico di tutti i virus che il batterio ha incontrato. Il Cas9 è un enzima associato alle sequenze Crispr, la cui caratteristica è di essere programmabile. Il suo “segreto” risiede in una molecola guida di Rna che riconosce il virus e che in laboratorio può essere usata per modificare il Dna».

Si tratta di un sistema che ha varie applicazioni: da quelle in campo biomedico al contrasto dei virus, dal miglioramento delle caratteristiche animali all’ottenimento di piante più resistenti alle malattie e ai problemi conseguenti al cambiamento climatico. Prodotti modificati con Crisps sono giunti anche sulle nostre tavole: ad esempio sono stati spenti i geni responsabili dell’annerimento di alcuni funghi. Ecco perché, spiega Lanubile, è importante «che la nuova tecnologia non venga paracadutata dall’alto su una società non ancora pronta ad accoglierla, vanno invece costruiti ponti di fiducia».

Quelli che hanno provato a costruire anche i ricercatori Luigi Lucini ed Erminio Trevisi. Il primo è intervenuto sul tema “Innovazione delle Tecnologie Omiche per la Certificazione degli alimenti biologici”, facendo chiarezza sui termini autenticità, tracciabilità e rintracciabilità, «utilizzati spesso - dice Lucini - come fossero intercambiabili pur avendo significati distinti». Il docente ha invitato poi a considerare che, quando si parla di prodotti agroalimentari, non sempre si deve leggere nei termini “bio” e “convenzionale” una netta opposizione. «Può esistere una parziale sovrapposizione - afferma - dal momento che possono influire fattori che sfumano le differenze».

Erminio Trevisi (Crast, Pronutigen) ha trattato invece di “Nuove Tecnologie e Benessere Animale”, focalizzandosi soprattutto sui parametri per valutare il benessere degli animali, argomento questo che sta sempre più a cuore ai consumatori. In tal senso ha suscitato interesse il concetto di stress applicato al mondo degli animali, con indicatori scientifici ad hoc per valutarlo.

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