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Alla ricerca del benessere che aiuta la salute e la produttività

17 settembre 2021

Alla ricerca del benessere che aiuta la salute e la produttività

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Le persone felici lavorano meglio. Tant'è che il benessere psicofisico del singolo e delle comunità è tra i grandi temi che l’era post Covid ha fatto emergere in modo lampante.

Ma quali sono le direttrici da seguire per il conseguimento e la permanenza di una condizione di benessere?

«È il raggiungimento di scopi multipli, un processo che supporta l’individuo nelle sfide quotidiane, favorendo il potenziamento delle risorse del genere umano attraverso la messa in campo di azioni sinergiche per la prevenzione di disagi e la riabilitazione e il recupero delle funzioni in caso di malessere già rilevato. Significa tenere in considerazione non solo l’influenza degli ambienti lavorativi ma anche i contesti digitali sperimentati durante il lockdown, che oltrepassano i confini dell’individuo per abbracciare la dimensione sociale e collettiva.».

È la rilevazione effettuata da Michela Balconi, Direttrice dell’International research center for Cognitive Applied Neuroscience (IrcCAN) dell’Università Cattolica, nel webinar Le aspettative di BenEssere tra umanesimo e digitalizzazione: ricerca, produttività e salute che - muovendo dal nesso tra benessere individuale e dimensione sociale - ha affrontato il tema da tre diverse prospettive possibili: ricerca, produttività nei contesti aziendali e salute.

Già, perché benessere e salute, pur essendo due variabili strettamente correlate, non sono coincidenti. La salute è solo una parte del tutto. «Il contesto aziendale è uno degli attori fondamentali che incide su benessere, sulla salute e sul sonno dell’individuo», parola di Emanuela Salati, Dirigente Formazione, selezione, e welfare di una grande realtà come Azienda Trasporti Milanesi SpA, che conta oltre 10mila dipendenti.

Salati ha spiegato come «La nostra azienda vanta una lunga tradizione in termini welfare strutturato e sistemico, con un dipartimento interno e fondazione dedicata, che oltre al nostro personale estende i servizi alle loro famiglie. Qualche esempio: gli asili nido aziendali per i figli e i nipoti dei nostri dipendenti; il servizio di counseling con psicologi e assistenti sociale che effettuano circa 2500 colloqui l’anno per parlare di salute, azienda, famiglia; il coaching alla maternità per le mamme che rientrano al lavoro; e quello alla disabilità per chi è caregiver di un familiare».

Se infatti è appurato come una migliore qualità della vita dell’impiegato incida positivamente anche sulle performance produttive dell’impresa (e, a ruota, sui cittadini a cui è offerto un servizio efficiente), la filosofia del presente e del futuro sarà creare le migliori condizioni affinché le persone possano operare al meglio, in un clima di fiducia e positività.

Un articolo di

Bianca Martinelli

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«Per farlo occorre partire dall’ascolto dei bisogni del singolo, ponendo attenzione ai vari cicli di vita e offrendo servizi integrati di supporto, potenziamento e prevenzione. Oggi si lavora fino a 67 anni e ogni età ha esigenze diverse. Le molte azioni sul tema della salute, con iniziative sulla nutrizione e screening gratuiti su diverse patologie, abbattono i problemi di assenteismo e giorni di malattia» ha illustrato la dirigente. 

Di fatto, al netto di alcune realtà virtuose che da anni si confrontano col tema, quella del welfare è la grande sfida presente e futura di tutte le aziende, che dovranno orientare le proprie politiche verso un orizzonte sempre più caratterizzato dal wellbeing.

«La vicenda pandemica ha solo accelerato il processo, portando le aziende a rispondere con lo smartworking in modalità emergenziali, ma si tratta di cambiamenti di lunga gittata, che erano già in atto. Trasformazioni nella modalità di distribuzione delle merci e il tasso d’innovazione tecnologica aprono scenari nuovi nel modo di lavorare e inducono cambiamenti radicali a livello di vita collettiva e sociale».

È l’analisi di Marco Poggi, Presidente di MIDA SpA, società di consulenza che si occupa di sviluppo e change management con focus sulla people transformation all’interno di contesti aziendali.

«Ci sono due filoni di pensiero: chi dice che si tornerà alle modalità di lavoro pre-pandemia e chi invece intravede un’opportunità per cambiare radicalmente determinate cose. Tuttavia è indubbio che per rispondere alle esigenze dell’azienda, una persona debba stare bene. Per questo l’approccio HR - che mette le persone al centro, sviluppandone benessere, talento e aspirazioni - sarà la bussola che governerà il futuro delle pratiche aziendali. Il ripensamento del recruiting, degli aspetti organizzativi e dei metodi di lavoro, dovrà tener conto di due paradigmi: da un lato le pratiche trasformative basate sulla psicologia positiva e le neuroscienze; dall’altro le applicazioni concrete della ricerca scientifica. Un esempio pratico? Ripensare gli spazi di lavoro tenendo conto delle indicazioni delle scienze dell’ergonomia, che favoriscono benessere».

Una partita affascinante e a tratti rivoluzionaria, le cui regole del gioco sono tre: «1. equilibrio, quindi un concetto dinamico da raggiungere e mantenere; 2. possibilità di esprime il proprio talento (molte persone svolgono un lavoro che non è loro vocazione); 3. ricercare l’evoluzione personale in un’ottica di autorealizzazione. La funzione delle risorse umane di un’azienda è questa: far fiorire le persone» precisa Poggi.

Concetti avanguardistici se rapportati alla realtà attuale? Forse. Eppure è ormai ineludibile la loro connessione con gli alti livelli di prestazione. 

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