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Antisemitismo in rete, servono nuove strategie di contrasto

29 gennaio 2021

Antisemitismo in rete, servono nuove strategie di contrasto

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L’apparente leggerezza e fluidità della parola e della comunicazione, ancora più accentuate nell’attuale scenario dominato dalla diffusione di nuove tecnologie di comunicazione, contrasta con le potenzialità offensive che attraverso di esse possono essere trasmesse. Come ha ricordato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo intervento in occasione della Giornata della memoria, “le parole, specialmente se sono di odio, non restano a lungo senza conseguenze”.

Per contribuire a rinnovare la riflessione sul tema dei discorsi d’odio il 27 gennaio, in occasione della Giornata della Memoria, si è tenuto il secondo incontro del IX ciclo dei “Mercoledì del Dipartimento” nell’ambito del Seminario permanente dei ricercatori organizzato dal Dipartimento di Scienze giuridiche, campus di Milano.  

Svoltosi in modalità webinar e con la partecipazione di professori, ricercatori, dottorandi e studenti, il seminario si è imperniato sulla relazione di Marta Lamanuzzi, assegnista di ricerca in Diritto penale nella facoltà di Giurisprudenza, dal titolo “L’antisemitismo nei crimini e nei discorsi d’odio in rete: nuove strategie di prevenzione e contrasto”.

Di fronte alla diffusione di discorsi d’odio e alla facilità con cui essi possono essere trasmessi, grazie alla creazione di pagine web ovvero attraverso comunicazioni sui social media, è parso opportuno riflettere sulla complessità dei rapporti tra libertà di manifestazione del pensiero, discorsi d’odio, potenzialità e limiti delle nuove tecnologie.

Secondo Marta Lamanuzzi le tecnologie che si avvalgono della rete internet hanno contribuito a rendere particolarmente rapida ed efficace la comunicazione di opinioni differenti. Se per un verso questi sviluppi sono da apprezzare, con riguardo sia alla diffusione in senso pluralistico di contenuti culturali sia alla capacità di ridurre le disuguaglianze nell’accesso ai canali informativi, d’altro canto le indagini empiriche mostrano come molti contenuti comunicativi della Rete si connotino per la presenza di discorsi d’odio.

Tra di essi le ideologie legate a forme di suprematismo e odio etnico, nazionale, razziale e religioso, analoghe a quelle sottese ai tragici eventi della prima metà del secolo scorso, sembrano trovare nel Web un particolare terreno di coltura. La tecnologia di Internet, mentre offre una dimensione pubblica aperta al confronto e alla discussione, al contempo presenta molteplici occasioni favorevoli allo sviluppo di comunicazioni ad elevata conflittualità. Le concezioni distorte del valore della persona e dei suoi diritti, che già in passato hanno alimentato gravi violazioni dei diritti umani - dall’Olocausto alla persecuzione di minoranze etnico-nazionali come Rom e Sinti sino alla discriminazione su base sessuale o per disabilità -, permangono attive mediante gli strumenti tecnologici che governano l’informazione di massa (in primis Internet).

Orientamenti e posizioni al centro di comunicazioni online, nella forma di fake news oppure di narrazioni e ricostruzioni, tendono ad addebitare agli ebrei responsabilità politico-istituzionali o economiche legate alla strumentalizzazione dei mezzi di informazione. Forme di espressione nelle quali, peraltro, il ricorso a un linguaggio violento è funzionale a formulare messaggi di incitamento alla violenza anti-ebraica.

Anche attraverso gli interventi formulati nel dibattito successivo alla relazione, è andato così emergendo come rispetto al passato lo scenario attuale appaia più complesso poiché i discorsi d’odio si diffondono attraverso strumenti di diffusione molto più rapidi e pervasivi. La velocità di comunicazione può ostacolare la riflessione e lo sviluppo di un pensiero critico da parte del soggetto al momento della formulazione del messaggio.

Un ulteriore profilo di criticità attiene al fatto che la comunicazione in rete può avvenire in modo anonimo o sotto falso nome. La difficoltà di attribuire la paternità di un testo o di un documento ad un soggetto determinato favorisce la de-responsabilizzazione di qualsiasi agente, indotto ad esprimersi senza riguardo per i diritti altrui confidando nell’impunità.


Il distanziamento fisico tra i soggetti coinvolti dal mezzo di comunicazione non consente, inoltre, un’adeguata percezione delle conseguenze offensive che il messaggio è in grado di produrre, favorendo meccanismi di disinibizione rispetto alla condotta posta in atto. Il decadimento qualitativo del linguaggio e delle comunicazioni, unitamente all’indifferenza verso la fondatezza scientifica delle affermazioni diffuse in rete, alimentano così il formarsi di pregiudizi relativi a situazioni specifiche o a categorie di soggetti. In aggiunta l’elevata quantità delle comunicazioni online induce processi di normalizzazione delle espressioni d’odio: più precisamente, l’affievolirsi della percezione del disvalore del loro contenuto favorisce l’implementarsi di processi di radicalizzazione delle idee appartenenti al mainstream.

Il diritto, in particolare penale, è chiamato a farsi carico di tale scenario complesso dominato dalla comunicazione mediante Internet individuando le responsabilità che stanno alla base di questa ricca fenomenologia di comunicazioni offensive.

L’attenzione non può che orientarsi, in primo luogo, sui soggetti che hanno formulato e diffuso i discorsi d’odio e di incitamento alla violenza. Inoltre vanno considerati i profili di responsabilità dei soggetti proprietari o gestori di siti web connessi a queste forme di espressione. Tuttavia nello scenario attuale questi profili di attribuzione della responsabilità divengono particolarmente problematici.

Per un verso, non è possibile impedire la circolazione dei messaggi online, poiché tale modalità di diffusione segna una delle prerogative tecnologicamente più rilevanti dei mezzi di comunicazione. D’altro canto il numero esorbitante di comunicazioni trasmesse via Internet, nonché la particolare rapidità del loro invio e circolazione, non consentono un rigoroso controllo dei contenuti delle stesse.

In considerazione di queste criticità, meritano allora di essere potenziate le modalità di intervento in via preventiva. È in questa prospettiva che, di recente, sono stati sviluppati importanti momenti di collaborazione tra il mondo del diritto e quello dell’intelligenza artificiale. Avvalendosi delle più recenti tecniche di controllo dei dati e delle informazioni circolanti in Internet, è possibile fare ricorso a strumenti in grado di monitorare mediante specifici algoritmi la diffusione di comunicazioni a natura offensiva.

Nel suo intervento Lamanuzzi ha identificato le caratteristiche della comunicazione online potenzialmente in grado di limitare operativamente il funzionamento di questi “filtri”: dall’anonimato alla creazione di false identità sino all’estrema rapidità e diffusività delle comunicazioni.
Permangono, insomma, difficoltà operative nell’uso di questi strumenti tecnici, ma occorre salutare positivamente la possibilità di attivare la tutela giuridica anche attraverso l’uso delle nuove tecnologie così da ovviare alle criticità della comunicazione in rete.

A questi strumenti tecnici occorrerà però affiancare un’efficace azione di valorizzazione di un substrato culturale fondato sul rispetto dei diritti fondamentali della “persona”. Ciò ovviamente nella consapevolezza del valore della libertà di pensiero e della tolleranza verso posizioni differenti, evitando di leggere tale tolleranza come inerzia a fronte di gravissime violazioni dei diritti della persona di cui i discorsi d’odio anti-ebraico costituiscono un’espressione paradigmatica.

Sul piano sanzionatorio meritano, infine, attenzione le indicazioni provenienti dall’esperienza tedesca della Netzwerkdurchsetzungsgesetz. Essa prevede l’applicazione di sanzioni amministrative di natura pecuniaria a carico dei gestori di piattaforme digitali prive di sistemi efficienti di trattamento delle segnalazioni concernenti comunicazioni contenenti incitamento alla violenza e alla discriminazione. Questo modello, con gli opportuni correttivi, potrebbe essere utilmente riproposto in fonti normative di livello sovranazionale.

 

Un articolo di

Giovanni Bombelli, Lara Ferla, Paola Mastrolia

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