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Arte e spiritualità nell’opera di Julius Evola

28 luglio 2022

Arte e spiritualità nell’opera di Julius Evola

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La polemica scoppiata nelle scorse settimane attorno alla mostra di opere di Julius Evola in corso al MART di Rovereto - per iniziativa di Vittorio Sgarbi, che del museo trentino è il presidente - ha toccato sia la valutazione della sua opera artistica, sia la corrispondenza di essa con le posizioni teoriche da lui sostenute in decine di articoli e volumi successivi alla sua partecipazione al mondo dell’arte, che si conclude in un breve ma intenso periodo, fra il 1915 e il 1921 circa (Evola era nato nel 1898).

La questione è complessa e merita di certo attenzione, sia per il rilievo che Evola è andato assumendo come artista promotore e precursore di una forma di astrattismo concepita non solo sul piano formale, sia per il peso oggettivo che la sua figura riveste per i risvolti teorici e politici con i quali è connesso, spesso considerati acriticamente, da una parte e dall’altra, senza una reale conoscenza del suo pensiero.

Si è detto che la sua opera artistica è indipendente dalla sua dimensione politica, che non può essere collegata strettamente ai fatti storici di cui egli è stato protagonista o testimone, e che ha una scarsa qualità.

Provocatoriamente, ho già in altra occasione detto che se Evola fosse morto a ventitre anni come Carlo Michelstaedter, uno degli autori con cui all’epoca si rivelavano affinità di atteggiamento, l’interesse per la sua opera artistica sarebbe lo stesso. E forse, mi viene da dire, buona parte del suo pensiero filosofico era già stato a quel punto, per quanto non elaborato, almeno indirizzato, a partire proprio dal modo di affrontare la crisi culturale attraversata tra il 1916 e il 1921.

In questo senso Evola incarna la complessità di un momento in cui l’arte e la cultura scavalcano le ambizioni di rinnovamento prodotte sul piano stilistico dalle avanguardie degli anni che precedono lo scoppio della Prima guerra mondiale per andare “oltre”. Oltre il presente, oltre la modernità, oltre la realtà sensibile. Si tratta di temi aperti, che come artista e sotto il profilo della teoria sull’arte Evola ha affrontato in modo personale, aderendo a Dada, e riscontrando sintonie non solo con Tristan Tzara, ma anche con Hans Richter, Richard Huelsenbeck e quel dadaismo tedesco che manifestò posizioni di ambizione filosofica, di matrice nichilista, oltre che anarco-libertaria, che andavano a sconfinare anche nel fascino per il pensiero orientale.

Al di là di tali questioni, che meriterebbero di essere riprese in un contesto che esula dal dibattito occasionale, limitandosi all’opera artistica, che è oggetto primo della mostra in corso a Rovereto, non posso non esprimermi, in quanto, occupandomi di essa fin da metà degli anni Ottanta, quando iniziai le ricerche per la tesi di laurea, dedicata appunto all’attività artistica di Julius Evola in rapporto al suo percorso spirituale, più volte sono stato e vengo interpellato per pareri attorno ai suoi dipinti, di cui molti dei più interessanti e importanti sono presenti nella mostra di Rovereto e sono stati oggetti di una crescente attenzione, anche nel mercato dell’arte, negli ultimi anni.

Le sue opere, che risalgono appunto alla fase del superamento e del distacco dal futurismo per abbracciare posizioni meno definibili sul piano estetico, dense di riferimenti filosofici, sono pressoché uniche nel panorama italiano di quegli anni e rimangono autonome anche rispetto all’astrattismo degli anni Trenta. La produzione artistica di Evola, pur circoscritta nel tempo e nel numero delle opere note e certe, richiede ora una riflessione scientifica finalizzata all’archiviazione delle stesse, che la Fondazione Julius Evola ha inteso promuovere. 

In questo senso il Centro di ricerca sull’arte astratta creato in Università Cattolica dal 2019, operante, sulla falsariga della lezione di Luciano Caramel, sia in direzione di una rilettura storico-critica dell’arte astratta della prima metà del secolo, sia sulle sue conseguenze nel secondo Novecento, si impegna in un lavoro di affiancamento nella ricerca e nella predisposizione dei materiali rivolti allo studio e alla catalogazione di opere che per la loro singolarità meritano di essere prese in esame in un confronto con le situazioni italiane e soprattutto internazionali con cui Evola ha in quegli anni dialogato, per quanto in seguito manifestando un pensiero di apparente condanna dell’arte d’avanguardia, come delle altre forme di modernità. 

Un compito che ci assumiamo con l’intenzione di rimanere al di fuori delle assolutizzazioni e delle generalizzazioni, per un reale approfondimento di una figura di notevole interesse, forse anche per la sua “scomodità” e per il particolare intreccio fra le sue opere pittoriche (e poetiche), le sue posizioni estetiche e i suoi interessi di altro genere, da intendersi in chiave problematica.
 

Un articolo di

Francesco Tedeschi

Francesco Tedeschi

docente di Storia dell'arte contemporanea

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