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Balducci, Turoldo e la Chiesa italiana

13 ottobre 2022

Balducci, Turoldo e la Chiesa italiana

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Studiosi e testimoni hanno ripercorso gli itinerari formativi, l’audacia di pensiero, l’afflato poetico di Ernesto Balducci e David Maria Turoldo, religiosi – il primo appartenente all’Ordine degli Scolopi, il secondo a quello dei Servi di Maria – molto attivi nel fervore culturale italiano nella seconda metà del secolo scorso.

Il convegno “Balducci, Turoldo e la Chiesa italiana”, il 12 ottobre presso la Sala Negri da Oleggio dell’Università Cattolica a Milano, promosso dal Centro di Ricerca sulla World history in collaborazione con la Fondazione Balducci, non è casuale. Si colloca, infatti, nel 30° anno dalla loro scomparsa, a cento anni dalla nascita di Balducci, e a ridosso del sessantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II del quale furono convinti assertori e ne diffusero lo spirito in anni caratterizzati da forti resistenze al rinnovamento conciliare, divenendo punti di riferimento per i laici impegnati.

Il loro contributo alla cultura della pace (nel periodo della “guerra fredda”) è stato ricordato dal rettore dell’Università Cattolica, Franco Anelli, nell’intervento introduttivo al convegno, riferendosi alle molte battaglie combattute insieme per le quali patirono incomprensioni e ostilità: «Furono religiosi scomodi, coraggiosi e originali, orientati a rompere gli schemi avendo vissuto un periodo di grandi trasformazioni sociali anche nella Chiesa. Suscitarono entusiasmi e critiche. Il loro pensiero è un lascito definitivo, una ricchezza nel patrimonio del pensiero cattolico e non solo, in linea con quelle che erano le battaglie dello scenario internazionale. Siamo di fronte a figure precorritrici nel loro modo di servire la chiesa, nel modo di agire, di stare nelle periferie in mezzo al gregge, di sporcarsi le mani, di non sottrarsi alla dialettica, al dibattito, a posizioni accese». In particolare, il rettore ha ricordato padre Turoldo, alumnus dell’Ateneo e allievo del filosofo Bontadini, con le parole del cardinale Martini che lo definì «uomo di fede, umo di Dio, amico di tutti gli uomini».

Su questa scia il Presidente Fondazione Ernesto Balducci Andrea Cecconi ha proposto padre Balducci «non come pacifista ma come operatore di pace, organizzatore della speranza storica, prima di quella escatologica. Chiamarlo prete del dissenso è una definizione impropria. È stato un sacerdote né del consenso né del dissenso».

«Il pensiero di Balducci emerge nei tanti libri che vengono pubblicati su di lui e che ne consegnano alle generazioni presenti e soprattutto future la freschezza del suo pensiero su argomenti oggi più che mai necessari”, ha rilevato don Simone Bruno, direttore editoriale San Paolo Edizioni.


Entrando nel vivo del convegno, Agostino Giovagnoli, organizzatore del convegno e storico dell’Università Cattolica, ha collocato tale incontro nel contesto da loro vissuto, con ampi riferimenti al tema della pace oggi dove è più difficile individuare figure che parlino di pace in modo persuasivo e convincente: «I motivi per riprendere le loro riflessioni ci sono anche oggi, è cambiato il contesto storico. Le loro lezioni non sono superate».

Il profilo storico di Ernesto Balducci è stato tratteggiato da Bruna Bocchini Camaiani dell’Università degli studi di Firenze, che ha ripercorso il suo cammino attraverso eventi della sua vita e l’evoluzione del suo pensiero: l’attenzione alla cultura contemporanea, il rapporto con La Pira, la comunità di giovani “Il cenacolo” per l’impegno caritativo e sociale, la svolta di Giovanni XXIII, la difesa dell’obiezione di coscienza, la Chiesa intesa non più come “società perfetta ordinata gerarchicamente” ma come popolo di Dio.

Maria Paiano dell’Università degli Studi di Firenze ha illustrato la figura di Balducci attraverso i suoi diari dal 1940 al 1978, talvolta un po’ discontinui. Si tratta di passaggi intimi per cogliere la sua sensibilità a partire dagli anni della formazione nello studentato per prepararsi ai futuri compiti di sacerdote e religioso, alla insoddisfazione su tale formazione. In questi scritti emerge sempre la speranza anche nei momenti di delusione, anzi proprio qui la speranza diventa più forte. «Sperava in un cambiamento della chiesa pur non vendendo segni almeno nell’immediato. Vedeva i limiti dell’Istituzione con grande lucidità».

Il rapporto tra Balducci e Turoldo è stato approfondito da Daniela Saresella dell’Università degli Studi dei Milano: «Il loro confronto sull’evolversi del Concilio, le critiche alla gerarchia, le speranze di un profondo rinnovamento all’interno del cattolicesimo e la gioia di 35 anni di amicizia meravigliosi, senza nostalgia del passato, ma protesi verso il futuro». E la consolazione di aver sperimentato per Turoldo il boato dei giovani a Verona in una manifestazione per la pace, pochi mesi prima della morte, e le parole del cardinal Martini che gli dichiarava pubblicamente stima, gratitudine e riparazione.

L’abbraccio intenso tra Martini e Turoldo è stato ricordato da don Virginio Colmegna, Presidente Casa della Carità, quale monito a riconoscere i profeti quando sono ancora in vita. Circa Balducci ha richiamato il suo radicarsi sul territorio nell’innesto tra locale e universale, il suo mobilitare le coscienze popolari. «Il connubio tra Turoldo e Balducci è nel fatto che sono due contemplativi ben consapevoli delle domande che i poveri pongono alla chiesa».

Al termine del convegno ha portato la sua testimonianza padre Ermes Ronchi dell’Ordine dei Servi di Maria che ha sottolineato la vigoria di David Turoldo come guerriero che si schiera, la dolcezza dello sguardo e la tenerezza con gli amici. Ha poi ricordato un episodio inedito: negli ultimi giorni del “drago” che lo divorava, nella paura della sofferenza, aveva pensato di farla finita, ma poi aveva pregato Dio: “Mi devi aiutare a vivere, non a morire. La vita che mi hai ridato, te la rendo nel canto. La vita non finisce mai”. «Non aveva chiesto di essere guarito ma di essere aiutato ad attraversare la valle oscura. Per lui la poesia è la scrittura del cuore nel rapporto con Dio. Le sue erano brevi lezioni di meraviglia davanti a un lichene sul muro, era un modo per iniziare la giornata con inchino alla creazione».

Un articolo di

Agostino Picicco

Agostino Picicco

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