L’attore e scrittore e la psicoterapeuta e artista hanno intrattenuto la folta platea toccando i punti salienti della conflittualità nelle dinamiche di coppia. Di solito si imputa la responsabilità agli altri che ci fanno litigare con le loro malsane abitudini e i loro difetti, ma anche i luoghi ci fanno litigare. E poi la percentuale dei litigi aumenta nei pressi della cucina, in salotto o in auto. «Le risse più memorabili si scatenano nelle automobili dove si rischia la stabilità e l’incolumità: i viaggi andrebbero affrontati con l’avvocato e lo psicologo seduti dietro» – hanno recitato i due artisti suscitando l’ilarità del pubblico. Ma si sa, l’ironia maschera sempre la verità. Perché capirsi è difficile. Lo diceva anche Dostoevskij: “Appena un altro mi sta vicino ecco che subito la sua personalità esercita un’oppressione sul mio amor proprio e soffoca la mia libertà… Io divento un odiatore appena gli altri vengono a contatto con me”.
I primi mesi di una coppia sono come un veliero che viaggia a gonfie vele, sempre con il vento in poppa, ha raccontato la coppia di attori, poi inevitabilmente il vento cala e le vele si afflosciano, emergono sintomi psicosomatici come il reflusso, le intolleranze alimentari, l’insonnia ecc., e così ci si chiede come «la tua libertà possa essere sacrificata per uno che passa il tempo a guardare il pallone anziché andare in montagna a ciaspolare, e a desiderare che i due soggetti, paragonati a due molecole di idrogeno e ossigeno, vivano liberi separatamente».
La psicologia aiuta a identificare e circoscrivere queste fasi. Laura Fino, psicologa psicoterapeuta familiare e di coppia e direttrice didattica della scuola Mara Selvini che collabora con l’Ateneo, intervenendo all’incontro, ha distinto le tre fasi che caratterizzano le dinamiche della vita di coppia, a partire dall’innamoramento dove le differenze sembrano non essere un problema, anzi un completamento l’uno dell’altro. La seconda, in cui emergono le fatiche del quotidiano e inizia il bagno di realtà. «Il conflitto in sé non è negativo, lo è quando diventa distruttivo» – ha detto la psicologa –. È importante intervenire prima di una crisi che vede lo psicologo come ultima spiaggia». La terza fase, del disincanto e della disillusione, dovrebbe condurre ad accogliere l’altro per quello che è. In terapia ci sono tre fili rossi da tenere sempre presenti, secondo Fino. «Il primo è l’assunzione di responsabilità rispetto al proprio contributo al malessere dell’altro. Il secondo è l’empatia, ovvero la capacità di immaginare quale sia il punto di sofferenza dell’altro, perché se lo vediamo solo come il nostro nemico non riusciamo a intercettare il suo disagio che magari ha origini più profonde. Infine, c’è il riconoscimento, il momento in cui sentiamo che il nostro impegno è riconosciuto e che va bene come siamo anche con i nostri limiti».
Allora proviamo a pensare per cosa possiamo sinceramente ringraziare l’altro e per cosa vorremmo chiedere scusa, in entrambi i momenti ascoltando come ci sentiamo. Forse così, assumendoci la responsabilità personale, scopriremo che idrogeno e ossigeno possono ancora stare insieme.