Il tempo in cui viviamo è inesorabile. Non si ferma davanti a niente: «possiamo soltanto decidere cosa fare con il tempo che ci viene concesso» dice Tolkien nel suo Signore degli Anelli. Il tema della libertà davanti al proprio tempo è stato il filo rosso del terzo incontro di “Be Present, volontariato al centro”, il ciclo di incontri organizzato dal Centro Pastorale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore sull’esperienza del volontariato: uno dei modi più significativi con cui il nostro tempo possiamo “donarlo per non perderlo”, come recitava il titolo dell’incontro. Il webinar è stato moderato da Matteo Brognoli, educatore dell’ufficio Mondialità del Pontificio Istituto Missioni Estere e collaboratore del Centro Pastorale dell’ateneo.
Per Silvano Petrosino, professore di Filosofia Teoretica in Cattolica, davanti all’inarrestabile scorrere dei secondi ci sono due posizioni: divertirsi, senza pensare a studiare e prepararsi poiché “non c’è tempo”, oppure proprio perché “non c’è tempo” affrettarsi per costruire, fare qualcosa di buono. «Quasi sempre la prima modalità sfocia nella violenza, perché non posso rispettare i tempi degli altri, della natura e delle cose -sottolinea Petrosino-, mentre se scelgo la seconda modalità capisco che devo affrettarmi a fare il bene». Per il professore il bivio della vita è tra la scelta di identificare la propria esistenza con il raggiungimento del successo e la coscienza che il successo come lo intende la società di oggi spesso non coincide con il compimento della propria vita: «Possiamo diventare primari, ricchi, importanti ma perderci come esseri umani» conferma il docente.
C’è anche chi perde la dimensione del tempo come dono, o che questa concezione non l’ha mai avuta. È davanti a esperienze come queste che si trova ogni giorno Don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile “Cesare Beccaria” di Milano e fondatore della comunità di accoglienza per adolescenti Kayròs. «Tanti ragazzi, quando finiscono in cella sono come rassegnati a lasciarsi vivere -afferma-, è il concetto greco di kronos. Un eterno ritorno che estromette la libertà personale. La mia comunità invece l’ho chiamata Kaiyròs, cioè momento supremo: qui il tempo è un dono che richiama in gioco la propria responsabilità. Ognuno davanti alla coscienza decide se consegnarsi al nulla o impegnarsi e cambiare».
Il passaggio tra kronos e kayròs per Don Burgio dipende da come si accompagnano questi ragazzi: «Se aiutati a capire che il tempo può essere una progettualità per la propria vita anche il concetto di trasgressione può diventare occasione di cambiamento. Essa a volte è un modo maldestro degli adolescenti per dire che vogliono avere il loro tempo e rivendicarlo. Per un cambiamento a questi ragazzi non basta solo la giustizia, che deve fare il suo corso, ma serve il perdono».