La pandemia ancora in corso ha rappresentato una delle più devastanti crisi che l’uomo contemporaneo ricordi, dato che non ha avuto solo risvolti clinici ma ha riguardato, oltre alla quotidianità del nostro vivere, aspetti impattanti il mondo del diritto, dell’economia, della comunicazione istituzionale, della tecnologia ambientale e digitale.
Per esaminare tali tematiche Il Mulino ha pubblicato una monumentale opera in tre volumi “Biopolitica, pandemia e democrazia”, curata da Alessandro Pajno e Luciano Violante, che dà atto del lavoro di ricerca condotto dalla Fondazione Leonardo – Civiltà delle Macchine in chiave multidisciplinare, raccogliendo gli interventi di giuristi, filosofi, tecnici, accademici, clinici, economisti, esperti di robotica i quali hanno analizzato gli effetti dell’emergenza sanitaria (lo “stress test”) sulla tenuta del modello democratico occidentale.
Il volume è stato presentato lunedì 14 febbraio presso il Collegio Augustinianum, con l’intervento dei curatori Alessandro Pajno, già Presidente del Consiglio di Stato, e Luciano Violante, Presidente della Fondazione Leonardo, già Presidente della Camera dei Deputati, moderati da Andrea Lavazza, caporedattore del quotidiano “Avvenire” e introdotti dal direttore del Collegio Andrea Patanè.
Tanti i temi affrontati, anche alla luce delle considerazioni e delle sollecitazioni dei collegiali. Il Presidente Pajno si è soffermato sulla pandemia come problema di carattere globale che per essere adeguatamente affrontato «necessita dell’intervento e del coinvolgimento di enti sovranazionali che assicurino risposte globali per una tutela delle singole comunità, nell’ambito di un rapporto con la politica fondato sulla responsabilità».
Importante, poi, il rapporto tra comunicazione istituzionale e comunicazione politica. La pandemia ha evidenziato come l’annuncio dei provvedimenti assunti si è trasformato in comunicazione politica: il fatto di dare tali informazioni in tv, in tarda serata, creava ansia negli ascoltatori. «Ciò serviva a ribadire la bontà delle scelte politiche di contenimento della pandemia: in pratica il politico si presentava come colui che risolveva i problemi».
Per Luciano Violante la pandemia ha rappresentato un test per la tenuta della democrazia italiana. Basti pensare al tema della sicurezza e delle misure anti-contagio, con le conseguenti riduzioni di libertà e con il Parlamento ridotto a “notificatore” di decreti legge. «È stato riconsiderato il diritto alla salute come bene collettivo, non individuale, per questo sono stati limitati i diritti del singolo. Lo si è dedotto anche dal fatto che la Protezione civile, che agisce nell’ordinario, è stata sostituita dall’intervento dell’Esercito che agisce in casi emergenziali. È la prima volta che ciò è accaduto dopo la seconda guerra mondiale. La stessa medicina si è trovata di fronte al dilemma delicato di salvare alcune vite a discapito di altre colpite da diverse malattie, perché era prioritario sconfiggere il Covid».
Ma il nuovo obiettivo, una volta debellato il virus, è di aprire una riflessione sulle linee guida per la ricostruzione del Paese, oltre la pandemia, nell’ottica di una valutazione sovranazionale delle questioni da mettere a fuoco. Il riferimento è al Pnrr. Il Recovery Fund prenderà il posto del Covid, «anche se paradossalmente i politici preferiscono più il clima emergenziale che dà loro mano libera e semplificazione nelle procedure».
Rivolgendo poi un preciso invito ai collegiali, Luciano Violante ha concluso il suo intervento con queste parole: «La pandemia ci ha messo di fronte alle nostre responsabilità: non siamo gli spettatori ma gli artefici di un nuovo ordine».