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Cambiamenti individuali e sociali post pandemia

17 giugno 2022

Cambiamenti individuali e sociali post pandemia

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Esiste una relazione tra alcune routine quotidiane, come cucinare in casa o videochattare, e le abitudini pro-sociali degli italiani? Le nuove e vecchie abitudini dei consumi alimentari, come il food delivery o cenare in ristoranti locali, sono associate a comportamenti più sostenibili? Gli atteggiamenti legati allo stress da Covid stanno rimodellando le abitudini quotidiane degli italiani? 

Questi interrogativi sono alla base della ricerca che un’équipe multidisciplinare di docenti dell’Università Cattolica sta conducendo in modo trasversale nell’ambito del progetto triennale Behavioural-Change: Prospettive per la stabilizzazione di comportamenti virtuosi verso la sostenibilità, di cui sono state presentate le prime evidenze mercoledì 15 giugno nel campus milanese dell’Ateneo durante il convegno “Cambiamenti nella vita quotidiana degli italiani al tempo del Covid”. 

L’originalità del progetto consiste nell’interazione dei diversi ambiti disciplinari delle scienze sociali e umane in modo che i dati raccolti in fase di ricerca possano intersecarsi ed essere letti da diverse prospettive creando un valore aggiunto significativo.

I primi risultati dell’indagine condotta in collaborazione con IPSOS nel giugno del 2021 su un campione di 2000 persone rappresentative della popolazione italiana adulta (una seconda ondata di rilevazione verrà svolta nella primavera del 2023) evidenziano i cambiamenti di comportamenti e atteggiamenti degli italiani nelle molteplici attività della loro vita quotidiana, la riorganizzazione di tempi, spazi, modi delle attività in un tempo lungo nel quale sono cambiati i confini e i contenuti della vita pubblica e privata.

Nell’indagine sono state utilizzate tecniche di social network analysis per descrivere e individuare i driver della struttura delle abitudini e dei comportamenti degli italiani. In particolare, queste reti di abitudini sono state analizzate secondo diverse prospettive socio-economiche, come genere, livello di istruzione, famiglie con o senza figli, posizione geografica e diverse generazioni (babyboomers, fino al 1964; generazione X, dal 1965 al 1980, e generazione YZ, dal 1981 in poi). 

Tra tutti questi aspetti socio-economici, le generazioni mostrano i risultati più interessanti. Secondo lo studio curato da Emanuela Mora, docente di Sociologia della comunicazione, la struttura delle abitudini dei babyboomers italiani comprende un interessante incrocio di routine quotidiane, come home cooking, il consumo culturale di contenuti digitali, hobby e le abitudini sostenibili, come il riutilizzo e la riparazione di oggetti vecchi, il riciclo. Gli italiani della generazione X, più degli altri, incorporano nella struttura delle loro abitudini tutti quei comportamenti che si sono modificati durante il lockdown, come le relazioni sociali o gli aspetti legati alla salute fisica e mentale. Infine, la struttura delle abitudini degli italiani della generazione YZ include nella routine quotidiana alcuni aspetti legati alla tecnologia, come le videochat o l'uso di dispositivi per il consumo di media. 

Dall’analisi della survey sembrerebbe che i più propensi al cambiamento siano le generazioni più giovani, le persone più istruite, in parte le donne, in parte le persone residenti in zone urbanizzate e a media/alta densità di abitanti. Questa quota di “innovatori” si attesterebbe intorno al 30 - 40 % del campione. 

La ricerca mira innanzitutto a rilevare il cambiamento tra vita in privato e vita in pubblico. Un approfondimento, curato dalla psicologa della leadership Claudia Manzi, è stato dedicato al tema “Genitori lavoratori: il ruolo dei processi identitari”. Da due studi nella primavera del 2021 su lavoratori-genitori italiani si evince che essere in grado di integrare l’identità genitoriale e quella lavorativa è associato a una migliore qualità del lavoro e a un maggiore benessere personale. Inoltre, una suddivisione equa del carico di cura all'interno della coppia aiuta le donne a integrare le due identità.

La pandemia ha accelerato il processo di cambiamento nel mondo del lavoro e ad indagare l’intensità nell’utilizzo dello smart working e la soddisfazione che ne deriva è stata l’équipe di Barbara Barabaschi, docente di Sociologia economica. Considerando un campione di 302 lavoratori nel settore privato che hanno fatto ricorso al lavoro a distanza, sono state identificate quattro categorie di lavoratori: quelli speranzosi che hanno mostrato una bassa intensità e un’alta soddisfazione, quelli delusi con alta intensità e bassa soddisfazione, quelli marginali con entrambi i valori bassi, e gli entusiasti con entrambi i valori alti. 

Come hanno interagito internet e i social media in questo processo rapido di trasformazione della vita quotidiana che si è ormai radicato nelle vite di tutti? Giuseppe Riva, docente di Psicologia della comunicazione, ha coordinato un gruppo di lavoro sulla validazione di un nuovo strumento per misurare le dinamiche di engagement con la tecnologia, la Technology Engagement Scale, in grado di prevedere la frequenza delle attività online durante la pandemia. 

Un’altra area di indagine del progetto riguarda le capacità relazionali, gli immaginari e le paure delle persone. Il gruppo di ricercatori che fanno capo a Antonella Marchetti, docente di Psicologia dello sviluppo, ha individuato alcuni costrutti (pericolo, xenofobia, contagio, stress e compulsione) e ha analizzato come hanno impattato sui soggetti partecipanti allo studio. Dalle analisi emerge come in tutti i fattori i valori medi diminuiscano al crescere del livello di istruzione e siano particolarmente elevati per quei partecipanti che dichiarano di aver perso il lavoro a causa della pandemia. È interessante notare come riguardo allo stress causato dal Covid-19 le persone più anziane sembrano fronteggiarlo meglio.

Il Covid ha impattato fortemente anche su comportamenti e attitudini prosociali. Attraverso l’uso di giochi o “situazioni incentivate” i ricercatori del gruppo coordinato da Mario Maggioni, docente di Economia dell’innovazione, hanno provato che lo stress provocato dal virus ha indotto le persone più propense ad approfittare della propria buona sorte ad essere più severe nel giudicare lo stesso comportamento messo in atto da altri. Come se ci fosse una sfiducia nei confronti degli altri, anch’essa effetto negativo dello stress da Covid.

Queste e altre ricerche sono state illustrate dai coordinatori dei diversi gruppi durante il seminario pensato per la restituzione dei primi risultati ma il progetto prevede altri step nei prossimi mesi con ulteriori analisi e approfondimenti. 
 

Un articolo di

Emanuela Gazzotti

Emanuela Gazzotti

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