Dalla produzione dei beni e servizi per i consumatori al core business che si sviluppa intorno alla comunità per poi produrre beni e servizi su misura, in risposta alle esigenze e ai feedback provenienti dalle community stesse.
Una “rivoluzione copernicana” che richiede specifiche competenze, attitudini e capacità: «C’è ancora un po' di confusione sul concetto di comunità e sulla figura del community manager, che cura la comunità intorno a cui si costruisce il servizio, spesso sovrapposta a quella del social media manager, che si occupa invece più strettamente di comunicazione», osserva Ivana Pais, direttrice scientifica del corso di perfezionamento Community management. Progettare, gestire e sviluppare comunità online e offline in programma a Milano dal 22 settembre, intervenendo all’evento sul ruolo delle comunità per la crescita delle imprese
«A conferma di questo e di una esigenza concreta – spiega Pais - sono numerosi i partner aziendali che collaborano al nuovo percorso formativo; un corso congiunto, contestualmente ‘azienda e teoria’, metà settimana sul campo e due giorni esperienziali in aula. Ci confronteremo con organizzazioni tradizionali che vogliono introdurre logiche di comunità e start up o nuove organizzazioni nate proprio intorno alle community, in maniera spesso spontanea».
Spontaneità è la parola chiave alla base della creazione delle community, che hanno natura, connotazioni e intenti differenti. «Non si tratta più della brand community dei primi anni duemila - aggiunge Marta Maineri, fondatrice di Collaboriamo e co-direttrice del corso - adesso le logiche di collaborazione, rete e condivisione non coincidono più con azioni di marketing, ma sono diventate veri e propri asset strategici nel business aziendale, sia verso l’interno, con community aziendali nell’ottica del people culture management, sia verso l’esterno, community sviluppate intorno ai propri clienti, basate su scambi di valore, condivisione di interessi, engagement. È necessario creare e personalizzare nuove professionalità, che devono saper gestire relazioni e dinamiche continuamente in trasformazione».
«La community di GenGle (GENitori-sinGle Insieme) - afferma la Ceo Giuditta Pasotto - è nata da un bisogno concreto ed è cresciuta in maniera esponenziale, proprio per le risposte alle difficoltà piccole e grandi dei genitori single e per il contributo nell’eliminare un certo alone di pesantezza in favore di supporto e divertimento. In questa evoluzione ho avuto molte difficoltà a trovare un vero community manager in grado di parlare con tutor, mentor, brand ambassador, con le persone reali che popolano la comunità e che spesso dialogano tra di loro offline; dinamiche più complesse da gestire rispetto a quelle palesi sui social, proprio perché nascoste. Occorre avere una grande capacità di ascolto per coinvolgere in modo proattivo la community, stimolarla nei feedback e farla crescere, anche facendo attenzione ai malumori nascosti che potrebbero altrimenti portare alla dispersione di una rete costruita con dedizione nel tempo».
«C’è sempre un mix di mistero, spontaneità e urgenza dietro alla nascita di una comunità, che in origine si forma senza modello di business e un mercato preciso di riferimento…è una identità dietro la quale un gruppo di persone si riconosce, di cui si fida e dove sa che troverà qualcosa di condivisibile - aggiunge Angelo Rindone, fondatore di Produzioni dal basso, la prima piattaforma di crowdfunding in Italia nata nel 2005 - nella nostra esperienza, le comunità sono tante e differenti quanti sono i progetti che vengono propositi sulla piattaforma. Nascono da un’esigenza intercettata, dal basso appunto, sostenuta da una fanbase di amici che si unisce per raccogliere fondi per determinati progetti; riguardano urgenze concrete, reali e tangibili, progetti di prossimità, come la spesa solidale o la rete dei ragazzi di Milano che supportavano con PC e tablet gli studenti in difficoltà per la Dad durante la pandemia – arrivano fino alle comunità di progettazione: non solo sostengo un’idea, ma inizio a co-progettare con altri stakeholder…sempre più aziende private, banche, università, realtà territoriali si rivolgono a noi, poiché vedono nella nostre community strumenti da sperimentare per intercettare le persone, arrivare ai territori e portare valore, non solo per promuovere il prodotto; le piattaforme generative, di comunità, trasformative, sono piattaforme per costruire iniziative con un ingaggio fortemente sentito da parte di tutti».
«Per noi il community manager è fondamentale - osserva Martina Pieri, Co-founder & Marketing Manager di Rockin’1000, nata nel 2014 dall’idea di portare in una piccola città di provincia, Cesena, la band dei Foo Fighters in concerto, aggregando mille musicisti per un invito impossibile da declinare - in poco tempo, la nostra è diventata una famiglia enorme e internazionale, dove il community manager, trasversale rispetto alle altre figure aziendali, è anche un paladino delle esigenze dell’utente con le altre componenti. È un ruolo delicato, bisogna amare le relazioni, l’interazione profonda con l’essere umano e avere grandi capacità organizzative, creatività e capacità di analisi e interpretazione dei dati per poter rendere la community un efficace strumento di crescita».
Community management. Progettare, gestire e sviluppare comunità online e offline
Milano, sei moduli, formula part-time, con lezioni esperienziali e project work in azienda, tra il 22 settembre e il 16 dicembre 2022.
In collaborazione, tra gli altri, con: Collaboriamo, Folk Funding, Fondazione Welfare Ambrosiano, GenGle, Impact Hub Trentino, Unguess, Avanzi, Acube SB, ForMe Impresa Sociale, Refugees Welcome Italia, Linkbeat, Leroy Merlin.
Qui tutte le info sul programma e le modalità di partecipazione.