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Cosimo e il suo packaging spray nella Top 100 di Forbes Europa

08 aprile 2021

Cosimo e il suo packaging spray nella Top 100 di Forbes Europa

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La definisce sorprendente e inaspettata - «anche perché di solito» sostiene «si premia il fatturato e non, come in questo caso, un sogno» -, ma per inserirlo nella Top 100 degli Under 30 (settore manifacturing industry) la rivista Forbes ha visto nel sogno di Cosimo Maria Palopoli, 27 anni, laureato in Scienze e Tecnologie alimentari al campus di Piacenza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, qualcosa di molto concreto. Chissà, forse il futuro che si fa presente.

Il riconoscimento è giunto dopo un enorme lavoro di ricerca svolto attorno a un suo rivoluzionario brevetto che promette di rivoluzionare il settore del packaging: si tratta di rivestimenti che si mangiano, pellicole biodegradabili grazie a una formula a base di biopolimeri naturali, volta a preservare e a migliorare la freschezza, la stabilità, la durabilità, l’aspetto, il sapore, il colore e il profumo degli alimenti freschi.

Un progetto spinto verso la sostenibilità. Ma andiamo con ordine, prima c’è la soddisfazione per questo “Oscar del business”.
 
Cosimo Palopoli, sensazioni?
«Questo risultato è frutto di grandi sforzi e sacrifici compiuti per un’idea, per dimostrare che una rivoluzione è possibile».
 
Intende una rivoluzione green. Il riconoscimento le è stato assegnato per l’invenzione di rivestimenti biodegradabili applicabili agli alimenti e rispettosi dell’ambiente. Ce ne parla?
«Si pensi a uno spray che applicato su frutta e verdura ne favorisce la conservazione migliorandone sia la durata, anche raddoppiandola, sia la qualità. Stiamo però già guardando oltre».
 
A cosa si riferisce?
«Collaboriamo con la Bologna Business School per una soluzione adatta al consumo domestico. Inoltre con il professor Francesco Timpano e il team di Politica Economica Avanzata stiamo pensando a un rinnovamento della policy legata alla plastic tax. Insomma, non intendiamo fermarci qui».
 
Parla al plurale.
«Mi riferisco a Iuv, società fondata insieme a Maria Lucia Gaetani, di cui sono amministratore delegato, che ha sviluppato la tecnologia di packaging per la quale abbiamo ideato due brand: “Columbus’ Egg” per l’area food ed “Aeges” per quella non food. Un brand che stiamo depositando e che ha a monte un brevetto sia nazionale sia internazionale».
 
Com’è stata accolta la sua innovazione dal mondo imprenditoriale?
«Su questi temi, il management delle corporate che ho conosciuto ha ancora un approccio a rilento, ma siamo tenaci. Di recente un grande gruppo della moda ha manifestato grande apprezzamento. Al momento manifestazioni di interesse sono giunte soprattutto dal settore che non riguarda il food».
 
Come mai secondo lei?
«Il food è più vincolato alla performance. Occorre però capire che quando si introducono innovazioni che si ispirano alla natura non si possono pretendere le medesime performance che si ottengono con la plastica. Si deve rinunciare a qualcosa a vantaggio del beneficio ambientale».
 
Quale ruolo ha giocato l’Università Cattolica in questo suo risultato di prestigio?
«Ho trovato nell’Ateneo la possibilità di sviluppare un approccio pratico nella ricerca e nel versante del business. Parlando con i docenti Giorgia Spigno, Fabio Antoldi e Lorenzo Morelli ho compreso che dall’idea avrei potuto passare a un progetto concreto. Così come ho potuto conoscere il mondo dell’innovazione e fare esperienza internazionale».
 
Pare di capire: per curare l’ambiente bisogna imparare dalla natura.
«Come d’altronde sostiene Neri Oxsam, bioarchitetto del Mit di Boston, il quale parla di natura che ispira. Credo che in natura si possano già trovare tutte le risposte che servono. Perché allora proiettarsi sul sintetico?».
 
Eppure l’epidemia che attraversiamo sta riproponendo il ruolo centrale della plastica, ad esempio nelle strumentazioni mediche delle terapie intensive. Come si concilia con un futuro sostenibile?
«Con l’emergenza Covid la richiesta di oggetti per la salute prodotti in plastica è cresciuta molto; ci sono industrie che hanno realizzato fatturati prima impensabili. Questa però è, appunto, un’emergenza. D’altro canto la dispersione di plastica monouso nell’ambiente è stata esorbitante. E con questo dovremo fare presto i conti».

Un articolo di

Filippo Lezoli

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