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Cyberpsicologia e terapie digitali in un convegno internazionale

13 settembre 2021

Cyberpsicologia e terapie digitali in un convegno internazionale

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La Cyberpsicologia indica un’area emergente delle scienze cognitive che studia l’impatto delle nuove tecnologie sulla nostra vita quotidiana. Lunedì 13 settembre, si è aperta in forma virtuale la 25° Annual CyberPsychology, CyberTherapy & Social Networking Conference dedicata al tema “Neurosciences and medicine meet advanced digital technologies and robotics”.

Oltre 200 ricercatori da 30 paesi partecipano al congresso, che ogni anno presenta i risultati della ricerca internazionale. Ad aprire il convegno Giuseppe Riva, direttore dello Humane Technology Lab presso l’Università Cattolica e Brenda K. Wiederhold, Editor della rivista scientifica “CyberPsychology, Behavior and Social Networking”. 

Tra gli altri, temi del simposio sono gli ultimi studi relativi all’impatto dei social media sui processi identitari sociali che mostrano l’influenza di queste tecnologie, soprattutto nei più giovani, sulle modalità relazionali e sociali, le ricerche sugli effetti cognitivi di smart working e didattica a distanza che alterano le modalità classiche di lavoro e di apprendimento. Si parlerà anche di digital therapeutics (un software che, insieme ad altri strumenti, è in grado di portare un reale beneficio sull’intervento clinico). Abbiamo chiesto un approfondimento su questa materia nuova e multiforme al professor Riva. 

Cosa si intende per cyberpsicologia?
«La “cyberpsicologia” è un’area emergente delle scienze cognitive che studia l'impatto dell'uso delle tecnologie, in particolare quelle associate all’acquisizione e alla condivisione della conoscenza sulla nostra mente. Parliamo di psicotecnologie per indicare tutte quelle - l’alfabeto e la scrittura, la carta stampata, il telefono, la radio, la televisione, internet e i social media e così via - che emulano, estendono o amplificano la capacità della nostra mente di acquisire, organizzare e comunicare nuove conoscenze».

In che cosa si differenziano le psicotecnologie dalle altre?  
«In generale, ogni tecnologia quando viene appresa e usata efficacemente, struttura in modo nuovo i nostri processi cognitivi. Tuttavia, le psicotecnologie, diversamente dalle altre, a lungo termine sviluppano un nuovo brainframe, che produce cambiamenti significativi sul modo di pensare e di comunicare delle persone. In altre parole, quando impariamo ad usare le psicotecnologie, e queste diventano parte della nostra esperienza quotidiana, il loro utilizzo ci cambia il modo di pensare, la percezione del mondo, e il modo di agire». 

Qual è l’apporto dell’Università Cattolica al convegno?
«Saranno presentati gli ultimi studi relativi all’impatto dei social media sui processi identitari e sociali, una linea di ricerca che è molto simile all’attività del neonato Humane Technology Lab, il Laboratorio di Ateneo che ha come principale obiettivo la comprensione del rapporto tra nuove tecnologie ed esperienza umana. 
Il Laboratorio, che si avvale di un gruppo di ricercatori che fa a capo a diverse facoltà dell’Ateneo - da Psicologia a Economia, da Giurisprudenza a Scienze politiche e sociali, da Scienze della formazione a Scienze agrarie, alimentari e ambientali, solo per citarne alcune - è già impegnato su diversi ambiti di ricerca che saranno discussi nelle sessioni del convegno: robotica e mondo del lavoro; intelligenza artificiale e questioni giuridiche; machine learning e trasformazione dei modelli educativi; cyberpsicologia; tecnologia e ambiente». 

Sfogliando il programma si nota che saranno presentate oltre 25 ricerche di cui il nostro ateneo è autore unico o co-autore. Quali sono le principali tematiche trattate?

«Una parte significativa delle presentazioni è originata dal Progetto D3.2 d’Ateneo “Human-Robot Confluence: towards a multimodal analysis of human-robot interactions” che ha analizzato l’impatto psicologico e sociale dei robot antropomorfi. Un robot antropomorfo è un automa capace di riprodurre alcune caratteristiche dell’uomo, di imitarne tratti distintivi come l’aspetto, i movimenti, persino le abilità comunicative e sociali. I robot antropomorfi di nuova generazione, infatti, non si limitano ad eseguire compiti, ma sono in grado di attivare interazioni e relazioni sociali con altri robot e con soggetti umani.  
I dati delle presentazioni sottolineano il potenziale della robotica per gli anziani (robotica assistenziale) nel fornire una risposta al bisogno di assistenza prevalentemente in tre ambiti: gestione della vita quotidiana (movimenti, nutrizioni, igiene etc.), come supporto alle attività sociali e relazionali (comunicazione, compagnia, gestione dell’emotività); e come strumento di stimolazione e supporto alla salute mentale nel caso di problemi cognitivi o di demenza. In generale le ricerche sottolineano il potenziale clinico e relazionale di questi strumenti, anche se emerge come principale limite della robotica assistenziale la limitata personalizzazione dell’assistenza che il robot è in grado di fornire. Ogni persona anziana ha esigenze specifiche in merito al tipo e all’intensità di supporto che richiede e in quest’ottica il potenziamento della componente di comprensione del linguaggio naturale e dei meccanismi di intelligenza artificiale potranno facilitare la diffusione di queste tecnologie».

Uno dei temi centrali del convegno è la realizzazione e validazione di digital therapeutics. Si può dire che si tratti di una sfida futura?

«Le digital therapeutics, da sole o in associazione con altri strumenti o con farmaci tradizionali, sono in grado di apportare un reale beneficio, clinicamente misurabile e scientificamente validato, su specifiche necessità di salute dei pazienti. Il principale obiettivo delle terapie digitali è modificare i nostri comportamenti utilizzando gli strumenti tipici delle neuroscienze per verificarne l’efficacia. Infatti, rispetto alle comuni app dedicate al fitness e al mondo della salute in generale, in questo caso si tratta di veri e propri interventi clinici che, come tali, sono sottoposti a rigidi controlli e sono tenuti a rispettare standard di sicurezza e di efficacia e a rispondere ai requisiti normativi richiesti dagli enti regolatori. In particolare al convegno saranno presentate due validazioni di terapie digitali sull’ansia sociale e sul trattamento del dolore acuto e cronico che all’estero hanno avuto successo mentre in Italia si riscontra un ritardo molto marcato e manca una normativa dedicata che consenta la rimborsabilità di queste terapie». 

Ci può fare un esempio?
«Una terapia digitale sviluppata dal nostro Ateneo in collaborazione con l’Istituto Auxologico Italiano e la società Become è COVID Feel Good un’esperienza virtuale gratuita fruibile sul proprio cellulare, della durata di una settimana. La fruizione di una esperienza virtuale, Il Giardino Segreto, che simula la visita di un giardino Zen di cui l'utente è l'unico visitatore, è associata ad una serie di esercizi che consentono di riflettere sulla propria identità e sulle relazioni interpersonali. Come dimostrato dai dati di uno studio presentato al convegno e recentemente pubblicato, questa esperienza è in grado di ridurre significativamente i livelli di ansia e depressione generati dalla situazione di incertezza provocata dalla pandemia». 
 

Un articolo di

Emanuela Gazzotti

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