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Da Itaca alla terra promessa: il viaggio metafora della vita

26 maggio 2021

Da Itaca alla terra promessa: il viaggio metafora della vita

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Il viaggio ha sempre incrociato la vita dell’uomo sia come evento che ne consente lo spostamento nello spazio, sia come metafora dell’esistenza che ne indica la dinamicità e i costanti cambiamenti. In quest’ultimo caso il viaggio provoca una trasformazione interiore dell’uomo e, superando la materia sensibile, lo mette in relazione con la trascendenza, che già è parte dell’uomo stesso.

Su questi temi nel novembre 2019 si confrontarono filosofi, accademici, religiosi nell’ambito del seminario internazionale organizzato dall’Archivio “Julien Ries” per l’antropologia simbolica dell’Università Cattolica. Le relazioni di quell’incontro, ora raccolte nel volume Il viaggio. Spazi e tempi di una trasformazione (a cura di S. Petrosino, Editoriale Jaca Book, Milano 2021), hanno ispirato il webinar che si è svolto il 20 maggio, con relatori il filosofo Silvano Petrosino, curatore del testo e direttore dell’Archivio “Julien Ries”, il priore del Monastero di Bose Luciano Manicardi e il giornalista di “Famiglia Cristiana” Antonio Sanfrancesco.

Ne è emerso un quadro relativo al viaggio che ha spaziato tra letteratura, cultura, religione, partendo dai due grandi archetipi della nostra cultura sul tema del viaggio, quello di Abramo di radice ebraica e quello di Ulisse di radice filosofica-greca, che però non sono due viaggi equiparabili anche per la diversa tipologia: Ulisse ritorna a Itaca e Abramo parte per la terra promessa.

I relatori hanno spesso chiamato in causa l’attuale contesto pandemico. «Dato che l’uomo è un essere finito e mortale, lo sviluppo delle scienze e della tecnologia gli permette oggi di porre in sicurezza fasce più ampie della realtà e della stessa esperienza umana. Il rischio è quello di cadere nell’idolatria della sicurezza e porre sotto controllo tutto, legami e fedi», ha affermato il professor Petrosino. Un autentico viaggio ha sempre un rischio, il cambiamento di sé, e il rapporto tra uomo e Dio non può essere “in sicurezza”. Nell’ambito del viaggio della vita, ha ancora detto il professor Petrosino, si viene alla vita senza deciderlo, ma non si diventa uomini senza deciderlo: «Uomini, infatti, si diventa. La meta prende forma attraverso il viaggio e il percorso. Schiavitù è obbedire a una strada già tracciata, ma l’uomo deve contribuire al percorso al quale è chiamato. Come diceva Lèvinas, ogni lettore serio della Bibbia è uno scriba, perché non legge ciò che è già fatto, non siamo specchi che riflettiamo ciò che c’è già. Così il viaggio si drammatizza fortemente, non si percorre una strada che c’è già, ma implica la collaborazione del viandante».

Luciano Manicardi ha sottolineato come nel viaggio si incontrano sorprese e incognite, con i relativi rischi costituiti dallo smarrire la strada, da contrattempi e incidenti. Così anche il viaggio verso se stessi non è controllabile o definibile a priori. Da religioso si è soffermato sulla fede nell’ambito della metafora del viaggio: «Anche la fede è un rischio che non può essere anestetizzato. Dal punto simbolico il viaggio consente all’uomo di ripercorrere il viaggio della nascita: la fuoriuscita dal grembo materno non è paragonabile a un semplice tour ma è un percorso travagliato ed esposto alle intemperie. Ed è un viaggio che trasforma».

Un viaggio dell’anima che mette in discussione tutta l’esistenza umana. In tal senso, come ha rilevato al termine della conversazione Antonio Sanfrancesco, l’augurio di “buon viaggio” non implica solo l’augurio sul percorso di qualche chilometro che si compie, ma diventa foriero di più elevati contenuti trascendentali.

 

Un articolo di

Agostino Picicco

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