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Dalla dittatura del fossile alla democrazia delle rinnovabili

14 settembre 2022

Dalla dittatura del fossile alla democrazia delle rinnovabili

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L’energia ha fatto irruzione come mai prima d’ora in una campagna elettorale. Ma la maggiore preoccupazione di quasi tutte le forze politiche è rassicurare gli elettori spaventati dall’aumento delle bollette. Il problema - fa notare Renato Mazzoncini, amministratore delegato e direttore generale della Life Company A2A, che detiene il 50% del mercato nazionale dei termovalorizzatori ed è il secondo produttore italiano di energia – è, piuttosto, che «il nostro Paese è autonomo solo per il 22% ed è dipendente energeticamente al 78%».

Per questo, dato che «i prezzi torneranno a scendere ma, prevedibilmente, senza riallinearsi a quelli precedenti alla crisi», la vera sfida sarà «riuscire a consumare di meno». Mazzoncini, nella sua lectio agli studenti dei master dell’Alta Scuola per l’Ambiente dell’Università Cattolica, ricorda che «siamo stati talmente abituati ad avere commodity (gas, acqua, elettricità) a prezzi bassi che non riusciamo neppure a percepire quante ne consumiamo». Paradossalmente «sarà il caro bollette a costringerci a fare più attenzione ai consumi e a cercare di ridurre la domanda». A riprova del fatto che spesso sono gli shock a renderci più avveduti e a fare della sostenibilità non uno slogan frusto ma lo spartito su cui scrivere il futuro.

La situazione del nostro pianeta è preoccupante: «L’Earth overshoot day quest’anno è caduto il 28 luglio: poco dopo la metà dell’anno avevamo già raggiunto il giorno in cui finiscono le risorse della terra. Nel mondo consumiamo in media 1,6 pianeti all’anno, in Italia 2,7». Per Mazzoncini, questo dato e il climate change «sono i due driver della sostenibilità».

Oltre al fenomeno già evidente dello scioglimento dei ghiacci, alla crisi pandemica e alla guerra, si prospetta anche l’impetuosa crescita economica dell’Asia, che genererà un brusco innalzamento della domanda di energia. «Se il Pil degli Stati Uniti è di 20mila miliardi, quello dell’Europa 17mila e quello della Cina 14mila, a far la differenza è il reddito pro capite molto basso dei cinesi. Che cosa succederà quando anche loro si avvicineranno a livelli simili al nostro?», si chiede l’ad di A2A. Questa tendenza insieme alla bomba demografica, con la sola Nigeria che arriverà ad avere la popolazione di tutta l’Europa, ci costringe a chiederci se «possiamo continuare a crescere all’infinito». Le risorse del pianeta sono limitate e l’unica risorsa infinita è quella del Sole, nostra vera speranza: «In un anno sulla Terra consumiamo l’energia che la nostra stella ci manda in un’ora».

Una soluzione è che l’Europa diventi «un grande Gruppo d’acquisto solidale nel campo dell’energia», attuando una politica rafforzata che solo grandi leader sanno intraprendere. «E, fortunatamente, proprio sulla sostenibilità l’Unione europea ha deciso di diventare leader mondiale».

Sostenibilità vuol dire ridurre i consumi e contenere la distruzione di risorse. Innanzitutto agendo sui trasporti, che oltre a consumare la stessa energia utilizzata dall’industria «sono il settore ancora più dipendente dal petrolio, producendo il 26% delle emissioni di CO2». La via è quella dell’innovazione dei mezzi, cercando di abbandonare i motori termici, che disperdono il 75% di energia, sfruttandone solo il 25% per il movimento, e puntare sui motori elettrici adatti alla mobilità leggera, molto più efficienti e con il 70% di materie prime recuperabili. Investendo, invece, su idrogeno e biometano per la mobilità pesante. Il potenziale di quest’ultimo, che proviene da un trattamento del biogas prodotto degli scarti dell’agricoltura e dell’allevamento, è di 6/7Bm3, che, paragonati ai 5Bm3 del rigassificatore ipotizzato a Piombino o ai 27 di metano che importiamo dalla Russia, non è cosa da poco. In questa prospettiva il futuro, neanche lontano, parla di strade in cui mantenere la carica dei veicoli elettrici (la Brebemi sta testando un sistema del genere), di colonnine di ricarica elettrica sempre più diffuse e degli avveniristici hyperloop, il progetto di far passare i treni dentro tubi pressurizzati, per vincere la resistenza dell’aria. In questo modo si potrebbe viaggiare da un oceano all’altro, sotto il mare, a velocità competitive con quelle degli aerei ma con costi ambientali infinitamente inferiori. 

Un’altra frontiera è la «mobilità come servizio», che chiede «di passare dalla cultura del possesso a quella dell’accesso ai mezzi di trasporto, grazie alla sharing mobility». Un cambio di mentalità che si è già verificato altrove (pensiamo ad Airbnb) ma ancora troppo poco nella mobilità, dove alcuni studi dimostrano che si potrà abbattere drasticamente il numero di automobili in circolazione nel mondo. «Perché la grande transizione non sarà il passaggio all’auto elettrica ma lo sharing e la mobilità controllata».

La strada della sostenibilità è costellata di scelte intelligenti e facilmente perseguibili, come lo smartworking il lunedì o il venerdì per tutta l’azienda, in modo da spegnere il riscaldamento per almeno tre giorni, ma anche l’evitare lo scempio delle porte aperte dei negozi d’estate con i condizionatori accesi o d’inverno con il riscaldamento al massimo. 

Ma la direzione più importante è «passare dalla dittatura del fossile alla democrazia delle rinnovabili», che mettono in gioco sia i comportamenti delle persone che vanno formate al risparmio energetico, sia la possibilità di singoli o di gruppi di cittadini di diventare produttori di energia, come nel caso del fotovoltaico. «Il problema, in questo caso, è che il player delle rinnovabili è il pianificatore (il comune, la sovrintendenza, non lo Stato) che hanno in mano il costo dell’energia futura senza che nessuno possa farci niente. Non si tratta solo della velocità delle autorizzazioni a mettere un pannello solare, ma anche degli ostacoli (estetici, paesaggistici, urbanistici) che possono far decollare i costi». Se si vorrà ridurre la nostra dipendenza energetica bisognerà sciogliere questo nodo.

Immaginare un futuro sostenibile richiede anche un grande investimento sulla formazione, come spiega Anna Maria Fellegara, preside della facoltà di Economia e Giurisprudenza dell’Università Cattolica, sede di Piacenza. «Economia e politica sono al centro della responsabilità per un’ecologia integrale», come la definisce papa Francesco. «Anche le imprese devono cambiare i modelli di riferimento, ripensare beni e servizi con una visione lunga nel tempo». Due i punti di forza su cui puntare: la formazione di manager della sostenibilità, come quelli formati dall’omonimo corso di laurea triennale della facoltà, e il ruolo della donna e della differenza che porta con sé, per una visione diversa del mondo contro ogni “mondovisione”. 

Un articolo di

Paolo Ferrari

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