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Diana e le principesse del futuro

01 settembre 2022

Diana e le principesse del futuro

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Il 31 agosto 1997 il tragico incidente automobilistico avvenuto nel tunnel dell’Alma a Parigi non spense soltanto le vite di Diana Spencer, del suo compagno Dodi Al-Fayed e dell’autista Henri Paul, ma cambiò per sempre le dinamiche del rapporto tra monarchia e opinione pubblica, nonché la percezione del ruolo della monarchia stessa. In un mondo che non aveva ancora conosciuto gli sconvolgimenti universali degli anni a venire, la morte di Diana suscitò un’ondata globale di dolore e partecipazione pubblica senza precedenti – solo a Londra tre milioni di persone seguirono la cerimonia funebre per le strade della capitale, miliardi in tutto il mondo la guardarono alla televisione – e fissò per sempre nell’immaginario collettivo la figura della principessa più amata del XX secolo. A venticinque anni di distanza dalla sua morte, Lady D continua ad essere un’icona mondiale, non tanto per il ruolo effettivamente rivestito – quello di Principessa del Galles, moglie, cioè, dell'erede al trono – quanto per quelli che ha rappresentato: icona di stile, trend setter, patrona delle cause benefiche, dall’eliminazione dello stigma legato all’infezione da HIV al sostegno alla campagna contro le mine antiuomo, esempio di fragilità sentimentale con cui identificarsi. Più “People’s Princess” – per dirla con le parole del Primo ministro Blair – che “Her Royal Highness”, dunque.

Oggi – nonostante gli insistiti paragoni proposti dai media tra Catherine Middleton e la suocera mai conosciuta – l'immagine pubblica ufficiale della Corona britannica è saldamente strutturata attorno alla figura della regina Elisabetta, il cui recente Giubileo ne ha celebrato l'indiscussa popolarità; parallelamente, la Duchessa di Cornovaglia, a lungo considerata la responsabile del fallimento del primo matrimonio del principe Carlo, ha guadagnato un ampio credito all’interno e all’esterno della Casa Reale – confermato dalla recente investitura, di esclusiva competenza regia, dell’Ordine della Giarrettiera –  per il suo impegno discreto e instancabile a sostegno della Corona.

 Photo: Lise Åserud, NTB / Royal Court Norway
Photo: Lise Åserud, NTB / Royal Court Norway


Mentre in Gran Bretagna, quindi, la Casa Reale fa ancora i conti con le molteplici eredità di Diana e la difficoltà nel conciliare l’identità pubblica e la vita privati dei membri della Royal Family, la scena monarchica europea sta vivendo una rinnovata attenzione nei confronti delle future teste coronate più giovani. A sancire, anche iconograficamente, tale interesse vi è stata l’ampia copertura mediatica dei recenti festeggiamenti per il diciottesimo compleanno di Ingrid Alexandra di Norvegia, figlia dell’erede al trono Haakon e della principessa Mette-Marit. In uno scatto reso pubblico dalla Casa Reale sono state ritratte ben quattro future regnanti insieme: oltre alla festeggiata, infatti, erano presenti anche Elisabeth (2001), duchessa di Brabante e figlia di Filippo del Belgio, la piccola Estelle di Svezia (2012) – figlia dell’erede al trono Victoria, che realisticamente sarà la prima nuova futura regina del XXI secolo – e la principessa Catharina Amalia d’Orange (2003), figlia del sovrano olandese Willem-Alexander. Assente, per impegni di studio all’Atlantic College in Galles, la Principessa delle Asturie, la quasi diciassettenne Leonor di Spagna (2005) che succederà al padre Felipe sul difficile trono iberico.

Al netto delle ovvie differenze caratteriali e delle diverse regole di comportamento delle Case Reali, ciò che accomuna questa nuova generazione di future teste coronate è la determinazione e la serietà con cui si stanno preparando all’impegno che le aspetta; sono spigliate, decise – poco tempo fa guadagnò la prima pagina dei giornali nazionali la decisione di Catharina Amalia dei Paesi Bassi di rinunciare all’appannaggio che le spettava avendo raggiunto la maggiore età fino a che non avesse contribuito più fattivamente al bene del Paese – e preparatissime (Elisabeth del Belgio, ad esempio, studia a Oxford ma ha anche completato l’intenso training della Royal Military Academy di Bruxelles).

Le monarchie del futuro, dunque, guardano al femminile e questo – oltre a evidenziare la rassicurante solidità delle linee di successione al trono – non può che far ben sperare per un generale aumento di donne nelle figure apicali dello Stato.

Un articolo di

Valentina Villa

Valentina Villa

Docente di Contemporary History - Università Cattolica

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