NEWS | Milano

Franca Rame, non solo attrice

19 maggio 2023

Franca Rame, non solo attrice

Condividi su:

"Accetto di essere chiamata 'attrice' ma con l'aggiunta di qualche altra definizione". Con queste parole Franca Rame rivendicava un percorso professionale ben più ampio di quello che, comunemente, le veniva riconosciuto. Compagna, nella vita e nel percorso artistico, di Dario Fo, e troppo spesso in questo ruolo confinata, la Rame, di cui il prossimo 29 maggio ricorrono i dieci anni dalla scomparsa, è stata in realtà molto di più.

E proprio per ricordarne la figura, l'Università Cattolica, in collaborazione con l'Università di Verona e la Fondazione Fo Rame, ha promosso il 18 e il 19 maggio, due giornate di studi, inserite in un contesto variegato che ha previsto anche spettacoli, reading e dibattiti e che si articolerà nel corso dei prossimi mesi in quello che è stato definito "Un anno per Franca".

Ad aprire la due giorni milanese è stato il saluto dell'Assessore alla Cultura del Comune Tommaso Sacchi che, in un messaggio, ha ricordato come la città di Milano sia stata lo scenario in cui ha preso forma il sodalizio formato da Dario Fo e Franca Rame. Un contributo che la città ha riconosciuto dedicando alla Rame un giardino nel quartiere Adriano e ai due artisti un murales sulla facciata esterna del Teatro Grassi.

«Il detto che recita che "dietro un grande uomo c’è una grande donna" non mi piace, lo trovo fastidioso - ha esordito il preside della Facoltà di Lettere e Filosofia Andrea Canova - mi piace più pensare che dietro grandi azioni ci siano grandi donne e grandi uomini con valori morali importanti. Ed è certo il caso di Franca Rame, la cui storia si presta a delineare una traiettoria molto importante della seconda metà del '900 e dei primi anni Duemila. Un periodo molto complicato, fatto di grandi passioni e violente contraddizioni che è difficile raccontare ai ragazzi di oggi. Franca Rame è una figura molto importante per comprendere quel contesto».


«Alla figura di Franca Rame - ha spiegato il direttore del Dipartimento di Scienze della comunicazione e dello spettacolo Fausto Colombo - non possiamo che essere grati per il suo attivismo politico e civile. Una donna straordinaria che di fronte alla vicenda drammatica che la vide coinvolta seppe reagire in modo straordinario. Ogni volta che mi è possibile cerco sempre di far vedere ai miei studenti a lezione il monologo "Lo stupro" che recitò nel corso dell'edizione di Fantastico condotta da Adriano Celentano. Ogni volta c'è sempre una tensione palpabile, un senso di colpa tra tutti i maschi presenti, me compreso, ma anche la sensazione che tutti abbiano fatto un passo in avanti. L’eredità morale e artistica è la cosa più importante che ci ha lasciato Franca Rame».

Un momento toccante come testimoniato dalle parole, rotte dall'emozione, di Mattea Fo, presidente della Fondazione Fo-Rame: «Questo è un momento di scambio, per noi è importante che si parli di questi temi, soprattutto tra i più giovani. Abbiamo voluto articolare il ricordo di mia nonna in più momenti per tessere un filo logico e evidenziare i tantissimi ruoli che ha ricoperto: attrice di cinema e teatro, drammaturga, personaggio televisivo, era una personalità trasversale».

Un approfondimento che è stato affrontato dai relatori della sessione. Ad aprirla il professor Claudio Bernardi: «Il lato drammaturgico di Franca Rame è poco noto e sottovalutato. Nella sua produzione ci sono delle questioni culturali politiche e sociali estremamente importanti dal punto di vista della rivoluzione del pensiero femminile da cui lo stesso Dario Fo era molto lontano». Filomena Campus della Royal Central School of Speech and Drama ha delineato la pratica teatrale di Franca Rame: «Aveva il totale controllo dal palco della dinamica in scena. Una competenza quasi matematica di ritmi e tempi con la capacità di segnalare, in scena, con uno sguardo e un ticchettio sul microfono una luce o un monitor non funzionante ai tecnici». Eva Marinai, docente dell'Università di Pisa partendo dalla "ballata tragica" dedicata a Medea ha ripercorso il contributo dell'artista all'interno della costruzione dell'identità femminile negli anni Settanta. Un'analisi in cui è emersa, attraverso la stampa dell'epoca, il problema della autorialità di testi. Franca Rame, dapprima definita in modo fuorviante solo interprete, progressivamente viene riconosciuta come collaboratrice, co- autrice e solo decenni dopo, autrice indipendente. Laura Peja, coordinatrice per l'Ateneo della due giorni di studi, ha analizzato il repertorio delle madri "tra planctus e risus" nella produzione di Franca Rame. Toccante anche la testimonianza di Toni Cecchinato, regista, attore e traduttore che con la coppia Fo-Rame ha lavorato fianco a fianco per molti anni: «Erano in grado di coinvolgere tutte le persone coinvolte nello spettacolo, compreso il traduttore, che era completamente integrato nella scena. E, soprattutto, era un periodo in cui ci divertivamo nel fare teatro».


Nella seconda giornata, moderata dalla direttrice di Almed-Alta Scuola in media Comunicazione e spettacolo Mariagrazia Fanchi, invece, Luciana D’Arcangeli della Flinders University ha affrontato il tema della sessualità come emancipazione mentre Juliet Guzzetta del Michigan State University ne ha tracciato la figura di attivista a teatro. Un filone proseguito nell'intervento di Giulia Filacanapa dell'Université Paris 8 che ha illustrato il lato solidale di Franca Rame e il suo impegno nel sociale. Il panel si è concluso con la testimonianza di Pino Sciotto, teatrante, musicante e produttore teatrale a ha vuto come epilogo l'intervento dell'attore Mario Pirovano.

Ad aprirla, un altro commosso ricordo, quello della nipote Enrica Rame: «Ci sono alcune cose che non devono essere perse di vista. Quel che animava tutto il lavoro di mia zia era spinto da un grandissimo senso di giustizia. I testi di Franca e Dario avevano come obiettivo quello di portare alla luce situazioni ingiuste, dolorose, lesive della dignità all’essere umano in generale. La distanza tra loro il pubblico era relativa perché non recitavano più nei teatri tradizionali, non era più la gente che andava a teatro ma il teatro che andava dalle persone: nelle fabbriche e nelle piazze».

«Quando Dario Fo vinse il Nobel per la Letteratura - rivela - che per regolamento può essere assegnato a una sola persona, lui era dispiaciutissimo che non fosse possibile condividerlo con Franca Rame. Non c’era competizione tra di loro ma una grande collaborazione, tutto questo senza nascondere le difficoltà, che ci sono state, sarebbe ipocrita non riconoscerlo. Erano molto disincantati ma allo stesso tempo diretti. Come si vedevano nel pubblico erano anche nel privato. La loro casa era sempre aperta».

«Mia zia Franca - ha concluso - non voleva aiutare la persona singola, ma il bisogno che esprimeva. Non voleva contrarre crediti e debiti perché, a quel punto, non siamo più liberi. Se invece si risponde a una necessità, a quel punto c'è libertà sia la persona che offre il suo aiuto sia per chi lo riceve. Hanno saputo rompere gli schemi perché questi erano ormai diventati rigidi. Non era una questione di ribellione, come è stato detto, ma la volontà di restituire una libertà di espressione. Erano animati da un vero spirito di servizio».

Un articolo di

Luca Aprea

Luca Aprea

Condividi su:

Newsletter

Scegli che cosa ti interessa
e resta aggiornato

Iscriviti