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Giovani caregivers: una cura rischiosa tra le generazioni

26 ottobre 2023

Giovani caregivers: una cura rischiosa tra le generazioni

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Si chiamano young carers e sono le ragazze e i ragazzi, in alcuni casi anche bambini, che si prendono cura assiduamente di un altro familiare come un genitore, un fratello o una sorella, una nonna o un nonno. Il carico di responsabilità decisamente elevato che solitamente viene affidato ad un adulto ricade sulle spalle di adolescenti e preadolescenti con una serie di conseguenze sul piano psicologico e sociale.

Si tratta di un fenomeno invisibile e difficile da indagare che spesso viene intercettato nel momento in cui i ragazzi, a causa del loro carico di cura si trovano loro stessi in una situazione problematica, rischiando sia dal punto di vista della loro stessa salute sia compromettendo il percorso scolastico/professionale. 

Alcuni sociologi dell’Università Cattolica, guidati da Donatella Bramanti e Letizia Bosoni, hanno condotto la ricerca “Giovani caregivers: la sfida della cura tra le generazioni”, dando voce ai racconti e alle esperienze di questi giovanissimi.

Il contesto italiano secondo i dati Istat 2020 evidenzia che sono 391.000 i bambini e i giovani adulti (15-24 anni) con compiti di cura e assistenza, corrispondenti al 6,6% dell'intera popolazione (dato raddoppiato dal 2015). Nello studio qualitativo dei sociologi sono stati intervistati 14 caregivers, ventenni e trentenni, soprattutto donne, che si prendono cura o si sono presi cura assiduamente (poiché nel tempo si sono progressivamente emancipati da questo ruolo) di familiari stretti, in particolare genitori con malattia psichiatrica o neurologica degenerativa, fratelli o sorelle con disabilità e anche nonni anziani non autosufficienti.

La ricerca, che sarà presentata lunedì 30 ottobre in largo Gemelli (aula 242 alle ore 15.30), si è svolta in collaborazione con alcune realtà di Terzo settore che hanno facilitato l’accesso al campo, e ha esplorato i percorsi di transizione alla vita adulta per comprendere i fattori di rischio e protettivi.

«Questi ragazzi hanno la percezione di essere diversi dai loro coetanei per la diversità dei problemi che vivono e poiché tengono nascoste queste fatiche non riescono nemmeno a esplicitare domande di aiuto - ha dichiarato Bramanti -. Quando a scuola non ci si accorge della situazione, subentra la percezione di essere soli ad affrontare tutto il carico e ne conseguono problemi di rendimento scolastico fino ad arrivare in alcuni casi all’abbandono dello studio o alla sua completa marginalizzazione. Nei casi che abbiamo intercettato c’è una situazione di invisibilità e gli attori sociali che potrebbero essere più sensibili (servizi sociali e scuola) non sono stati sufficienti» - ha concluso Bramanti.

A livello sociale il problema è che il sistema di welfare non viene attivato. Spesso gli adulti non sono in grado di avviare richieste di aiuto, oppure, come nei casi di problematiche psichiatriche, i servizi sono attivi ma il loro intervento non è sufficiente a supportare i caregiver e ad alleviare il peso a volte insostenibile in termini materiali e psicologici. L’esperienza di questi giovani risulta, pertanto, fortemente impegnativa, faticosa, stressante e totalizzante. 

I nuclei familiari intervistati sono molto ristretti e coincidono con la famiglia nucleare, ovvero uno o entrambi i genitori ed eventualmente qualche fratello o sorella. La rete famigliare è pressoché assente, o limitata a un paio di parenti, e questo si traduce in un forte senso di isolamento. Si tratta, quindi di famiglie in grave difficoltà anche a chiedere aiuto.

I giovani e giovani adulti intervistati mostrano una grande resilienza, hanno saputo resistere in questa situazione e hanno gestito il passaggio alla vita adulta, non senza rischi. Quasi tutti sono riusciti, nonostante le difficoltà, a concludere gli studi, stanno portando avanti la propria carriera universitaria o professionale con tenacia e con voglia di realizzarsi. Qualcuno ha riferito di essere cresciuto troppo in fretta. Tuttavia, si riconoscono le risorse e le competenze che questa esperienza ha consentito di apprendere, risorse che vanno oltre la dimensione narcisistica individuale (la cura come importante dote della persona) e che vanno oltre la dimensione generazionale (prendersi cura dell'altro in generale).

Grazie a un Progetto di Rilevante Interesse Nazionale (PRIN) vinto di recente, la professoressa Bramanti nei prossimi due anni potrà ampliare la ricerca sui giovani caregiver.


Foto di Aedrian su Unsplash
 

Un articolo di

Emanuela Gazzotti

Emanuela Gazzotti

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