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Giovani e consumi alimentari, con la pandemia cresce la voglia di qualità

27 settembre 2021

Giovani e consumi alimentari, con la pandemia cresce la voglia di qualità

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Il ritorno ai fornelli, il boom della spesa alimentare online, la crescita del food delivery, la riorganizzazione dei ristoranti: sono solo alcuni cambiamenti che la pandemia ha prodotto nella cultura alimentare e gastronomica giovanile. A scattarne una fotografia è un capitolo del Rapporto Giovani 2021 che, in maniera dettagliata, prende in esame proprio il rapporto delle nuove generazioni con il cibo.

Per illustrare questi temi l’Istituto Toniolo il 23 settembre ha organizzato il webinar “Consumi alimentari: che cosa è cambiato con la pandemia?”, in diretta sui canali social dell’Università Cattolica e dell’Istituto Toniolo, moderato da Roberto Fontolan, responsabile comunicazione Istituto Toniolo.

È toccato alla professoressa Rita Bichi, sociologa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e coordinatrice dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, analizzare i dati emersi relativamente ad un tema così complesso. Ai duemila intervistati, dai 18 ai 34 anni, sono state somministrate domande sul tipo di alimentazione nell’ambito dei diversi stili alimentari. È emerso che una buona parte di giovani fa la spesa presso i “negozi di prossimità”, più piccoli rispetto a quelli della grande distribuzione. «Inoltre il lockdown ha favorito il ritorno al focolare familiare, al cucinare e – importante – al cucinare insieme, come ha dimostrato l’assenza di lievito e farina nei supermercati», ha aggiunto la professoressa Bichi. «È aumentato il consumo dei prodotti biologici perché è diventata importante la sostenibilità e la naturalezza dei prodotti, anche la qualità del cibo, aspetto che tocca la situazione economica delle famiglie».

Su questo tema ha proseguito il professor Paolo Corvo dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (Cn) il quale ha ribadito la centralità nell’attuale dibattito scientifico di gastronomia e alimentazione. «Il Covid ha dato la consapevolezza che per cucinare cibi di qualità occorrono alimenti di qualità. La chiusura di bar e ristoranti ha tolto lavoretti ai giovani che così potevano permettersi qualche spesa in più, compreso il cibo di qualità che costa maggiormente perché è attento al benessere degli animali, considera l’ordinato sfruttamento dei terreni». Si è altresì modificata la modalità di accesso alla ristorazione con il food delivery, la cucina casalinga e forme diverse di distribuzione, cambiamenti che resteranno anche quando si tornerà alla normalità, che sarà comunque una normalità diversa da quella precedente. «Infatti, la passione per cucinare resterà (supportata dai macchinari che sono stati acquistati, quindi non si tratta di un fenomeno estemporaneo). Si mangerà più in casa ordinando cibi con il commercio on line. Ciò dimostra che l’approccio al cibo è più profondo, consapevole, sostenibile», ha osservato il professor Corvo.

La ricerca è stata commentata da Costanza Rizzacasa d’Orsogna, scrittrice e giornalista del “Corriere della Sera”, narratrice di abitudini, disagi e patologie alimentari, la quale ha evidenziato che la pandemia ha acuito i disturbi alimentari: l’isolamento da lockdown è stato dannoso perché i disturbi alimentari si curano in gruppo, con la rete di amici, per aiutarsi a togliere l’ossessione del cibo. «L’assenza di socialità ha favorito l’abbuffata, la mancanza di sport ha favorito l’obesità con tutte le ossessioni collegate, come il non poter postare foto sui social per paura di essere vittima di episodi di bullismo. È anche venuta meno la possibilità di chiedere aiuto medico perché gli ospedali erano impegnati su altri fronti».

Al termine del webinar è emersa la necessità, in prospettiva futura, di non parlare in modo banale e superficiale di cibo da parte degli esperti ma in modo autorevole e pratico, immediato e comprensibile. È questo uno dei settori in cui la scienza deve esprimere la sua capacità di saper comunicare.

 

Un articolo di

Agostino Picicco

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