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Giovani e lavoro, un rapporto positivo

15 aprile 2024

Giovani e lavoro, un rapporto positivo

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Sono determinati, motivati, portatori di positività e capaci di mettersi alla prova pur di raggiungere l’autonomia, personale ed economica. Ma se, da una parte, ci sono grande entusiasmo e una forte tendenza a investire sulla propria realizzazione, anche attraverso esperienze all’estero e corsi specializzanti, dall’altra, non mancano incertezza e spaesamento. È il ritratto dei giovani lombardi in relazione al mondo del lavoro così come emerge dall’indagine condotta dal Centro di ricerca sullo Sviluppo di Comunità e la Convivenza organizzativa (CERISVICO) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore per conto dell’Unione cristiana imprenditori dirigenti (UCID). Un identikit che fornisce una lettura situata e partecipata dell’universo giovanile, restituendo un’immagine tutto sommato positiva delle giovani generazioni troppo spesso rappresentate dal mondo adulto in maniera stereotipata e preconcetta.

La ricerca completa, realizzata su un campione di 764 giovani compresi tra i 18 e i 28 anni tutti abitanti della regione Lombardia, è stata presentata venerdì 12 aprile nella Sala Pirelli di Regione Lombardia, nell’ambito dell’evento “La transizione scuola-lavoro: l’autoimprenditorialità dei giovani tra aspirazioni e realismo”, promosso proprio con l’obiettivo di offrire una panoramica variegata dei giovani residenti in Lombardia nell’attuale momento storico. «Non si tratta della solita ricerca su giovani e lavoro, ma di un lavoro di ricerca-azione nato dalla co-progettazione di un gruppo di regia composto da alcuni membri di UCID e alcuni ricercatori di CERISVICO», ha spiegato Elena Marta, direttore del Centro di ricerca dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, presentando l’indagine “Tra aspirazione e realismo: un affondo psicologico sull’autoimprenditorialità” con Daniela Marzana, docente di Dinamiche e processi nelle istituzioni. «In essa non solo sono stati messi a confronto i saperi degli accademici e i saperi di dirigenti e imprenditori, ma anche il punto di vista di questi ultimi con quello dei giovani, con l’intento di trovare un buon matching fra talenti, necessità e desideri degli uni e degli altri».

In questo modo, «l’associazione UCID Milano con visione e coraggio investe in ricerca e nei giovani, dando loro la possibilità di tornare a sognare e rischiare per cambiare quel paradigma culturale che li frena nel nostro paese», ha osservato il presidente UCID Milano Stefano Devecchi Bellini, aprendo i lavori dell’iniziativa. «Dalla ricerca applicativa svolta con l’Università Cattolica si evince un patrimonio unico e di grande valore che genera un impatto sociale estremamente utile e attuale per le aziende e gli imprenditori aderenti alle sezioni di Milano e Monza. La cooperazione e collaborazione tra giovani ventenni al lavoro e imprenditori illuminati ha saputo valorizzare aspetti come l’autoimprenditorialità creando spazi d’ascolto dedicati ai giovani con la speranza di trovare la propria strada superando la paura di non farcela».

Dando uno sguardo ai dati, risulta che poco più della metà dei partecipanti all’indagine ha tra 18 e 22 anni (52%), mentre il 48% è rappresentato da chi ne ha tra 23 e 27. Quasi la totalità del campione (96%) è nato in Italia e la maggioranza abita in un capoluogo di provincia e con la propria famiglia di origine. La maggior parte degli intervistati è occupata nello studio mentre un’analoga percentuale lavora oppure studia e lavora contemporaneamente. Riguardo alla tipologia di scuola frequentata, più della metà dei giovani (56%) ha indicato il liceo, seguito da chi ha frequentato gli istituti tecnici e gli istituti professionali. In merito alle esperienze lavorative e di studio svolte all’estero, il 30% dei giovani ha risposto di averle effettuate e il 70% dichiara di non averle fatte. In sostanza, i giovani lombardi si approcciano al mondo del lavoro con molto entusiasmo, desiderio di mettersi alla prova e di intraprendere il proprio percorso verso l’autonomia personale e finanziaria. Tuttavia, sono piuttosto unanimi nel reputare il percorso scolastico conseguito poco adeguato nel preparare al mondo del lavoro. Considerano, inoltre, rilevante il contesto relazionale, anche più del contenuto del lavoro stesso, e ai fini della propria realizzazione attribuiscono valore alla fiducia ricevuta da parte del mondo adulto e all’accompagnamento iniziale sul lavoro.

Collaborazione e problem solving sono le soft skills elette come più importanti, mentre sul piano dell’autoimprenditorialità si mostrano aperti alla possibilità di uscire dalla definizione classica di imprenditoria come categoria lavorativa per abbracciare un significato più psicologico e attitudinale. Autoimprenditorialità come “essere imprenditore di se stesso” e quindi come modalità proattiva e creativa per costruire la propria professionalità e il proprio posto nel mondo. «È interessante notare come i giovani intervistati siano meno propensi al rischio rispetto alle generazioni precedenti e percepiscano numerosi ostacoli sociali. Infatti, considerano l’Italia un paese che non consente di essere indipendenti e presta loro scarsa attenzione su tutti i fronti: formativo, lavorativo e di vita», ha precisato Daniela Marzana, illustrando le principali evidenze dello studio. «Inoltre, sentono il permanere di disuguaglianze di genere, economiche e desiderano maggior equità e trasparenza».

Ecco perché, ha rimarcato Elena Marta, «il valore di questo studio consiste nell’essersi messi in ascolto dei giovani, andando oltre gli stereotipi, nonché nell’aver favorito una lettura intergenerazionale del senso del lavoro. Molte sono le ricadute applicative del lavoro e i suoi risvolti pratici, in termini di formazione, recruitment, sviluppo di soft e hard skills».

Secondo l’assessore regionale a Università, Ricerca e Innovazione Alessandro Fermi, «il quadro tracciato dall’indagine condotta dal Centro di ricerca sullo Sviluppo di Comunità e la Convivenza organizzativa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore per conto dell’Unione cristiana imprenditori dirigenti risponde in pieno a ciò che ho riscontrato anche io personalmente nei numerosi incontri che ho avuto con i giovani studenti: ragazzi determinati e con le idee chiare sul loro futuro, che però sentono di avere poco appoggio da parte del mondo degli adulti». Eppure, ha continuato l’assessore Fermi, «a differenza di quanto viene spesso rappresentato in maniera errata, i giovani hanno voglia di mettersi alla prova e cercano un loro percorso, e noi dobbiamo fornire risposte adeguate. È fondamentale quindi continuare a investire sull’orientamento non solo dei ragazzi ma anche delle loro famiglie, facendo capire quanto oggi alcuni retaggi culturali ormai obsoleti che incasellano ancora i percorsi di studio di serie A o serie B debbano essere superati».

I dati dell’indagine sono stati poi commentati nel corso di una tavola rotonda cui hanno partecipato Riccardo Pase, vicepresidente VI Commissione permanente ambiente, energia e clima, protezione civile, Stefano Simontacchi, presidente di Fondazione Bonelli Erede e Fondazione Buzzi, Chiara Violini, presidente di Fondazione Gi Group, Jacopo Moschini, presidente Gruppo Giovani imprenditori Confindustria Lombardia, Ceo di MyChicJungle e presidente di Indi Agency, e Valeria Negri, direttore Centro Studi, Ambiente e Territorio di Assolombarda. Unanime il parere dei partecipanti: serve «fare sistema» per investire sulle giovani generazioni, restituendo loro una visione di lungo periodo. Ma, serve anche in ambito educativo per abbattere le distanze tra mondo della scuola e quello dell’imprenditoria, evitando così il rischio che l’Italia in futuro possa trovarsi senza le risorse professionali necessarie per rispondere alle richiese del mercato del lavoro.

Un articolo di

Katia Biondi

Katia Biondi

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