«Il modo migliore per onorare un maestro è spezzare il pane della scienza». Ha esordito così il preside della Facoltà di Giurisprudenza Stefano Solimano nell’introdurre il convegno organizzato dagli allievi in memoria del professor Angelo Giarda, venuto a mancare il 9 maggio scorso, il quale negli ultimi anni si era occupato della riforma della giustizia e del miglioramento della difficile situazione delle carceri italiane.
I temi a lui cari sono stati illustrati e discussi durante il convegno “Verso la riforma della Giustizia tra diritto penale e processo”, che ha visto docenti di diritto penale sostanziale e processuale insieme a magistrati illustrare vari istituti quali le novità del sistema sanzionatorio, il processo penale telematico, le indagini preliminari, i procedimenti speciali, le impugnazioni. Per l’Università Cattolica erano presenti i professori Marta Bertolino, Luciano Eusebi, Gianluca Varraso, Enrico Mancuso, Paola Corvi.
Tutti i relatori, prima di trattare i temi loro assegnati, hanno fatto memoria della figura del professor Giarda, con particolare riferimento alla professionalità e al tratto di umanità che lo caratterizzavano unito ad una piacevole ironia che creava consensi.
Il preside Solimano, che da studente lo ha avuto come docente prima di averlo collega, ne ha ricordato il magistero in Cattolica dal 1983 al 2010, anno del pensionamento, e poi altri due anni come affidatario dell’insegnamento di Diritto penitenziario. Nella sua testimonianza ha fatto riferimento alle lezioni, «svolte il lunedì e il venerdì, lezioni eleganti e chiarissime». Ha altresì ricordato i due “schieramenti” che si erano creati in quegli anni nella Facoltà di Giurisprudenza tra i docenti provenienti dal Collegio Ghislieri di Pavia e quelli del Collegio Augustinianum della Cattolica, entrambi con una identità fortissima. E Giarda era fiero delle sue radici pavesi che condivideva con i professori Colesanti, Mosconi e Cavanna. In particolare, il preside ha ricordato il rapporto più che cordiale tra Giarda e Cavanna, maestro dello stesso preside: «parlavano in dialetto, non quello che diventa elemento di esclusione, ma quello riservato agli amici intimi, che li vedeva disquisire sulla comune passione per i libri antichi, e chiudere la conversazione con una risata cordiale, che caratterizzava il professor Giarda anche nel rapporto diretto con gli studenti con i quali si fermava a parlare dopo le lezioni».
Anche Antonio Albanese, direttore del Dipartimento di Scienze giuridiche, ha ricordato il sorriso del professor Giarda che invitava a porsi in relazione e l’apertura al futuro che emergeva nelle sue lezioni, ascoltate attentamente da intere generazioni di studenti. Come suo studente a fine anni Ottanta, quando stava per essere adottato il nuovo codice di procedura penale ora vigente, ne ha ricordato l’invito a non considerare lo studio del diritto come mera conoscenza di norme e dati, ma a valutarli criticamente nell’ottica della politica del diritto. In tal senso invitava gli studenti «non solo a recepire ma anche a costruire e a considerare il problema della giustizia penale nella sua complessità: ad esempio citava la quota del bilancio dello Stato per le spese di giustizia, ammontante al 4%, rilevandone l’esiguità».
È toccato al professor Gabrio Forti, direttore dell’Alta Scuola “Federico Stella” sulla Giustizia Penale, illustrare i rapporti tra il professore di Diritto penale Federico Stella che volle il professor Giarda in Cattolica, sottolineandone la cordiale amicizia alla base del ben operare e la comune attenzione ai diritti fondamenti e ai principi di garanzia dettati da ragioni etiche, in particolare nel sistema penitenziario oggetto dei corsi di Giarda sempre incline a far emergere il rispetto alla persona umana nella fase della carcerazione e dell’esecuzione penale.