Una giornata di studi incentrata su una delle figure che più hanno rivoluzionato l’approccio pedagogico: don Lorenzo Milani. Nel mese in cui ricorre il centenario della nascita, l’Università Cattolica del Sacro Cuore ha dedicato, giovedì 4 maggio, la giornata di studi “Le Barbiane di oggi” al racconto dell’opera di questo sacerdote, alla sua esperienza di insegnamento a Barbiana, alle realtà inclusive che continua ad ispirare.
Tra le prime ad intervenire Milena Santerini, docente di Pedagogia e direttrice del Centro di ricerca sulle relazioni interculturali dell’Ateneo. «Oggi nelle nuove Barbiane abbiamo ragazzi in cui si accende la luce negli occhi quando comprendono il piacere di imparare. Barbiana è imitabile nel ruolo del maestro, nell’apertura al mondo, nello spirito critico».
Secondo il pedagogista della Cattolica Piergiorgio Reggio l’insegnamento di don Milani è nella giustizia educativa: «L’idea pratica a Barbiana è che tutti possono imparare tutto. La segregazione scolastica su base etnica è un fenomeno presente ancora oggi. Occorre ridare un senso a queste istanze pedagogiche. La scuola è creazione di un sapere autentico e collettivo».
Il testo più famoso di don Milani, “Lettera a una professoressa”, ha acceso la passione per l’educazione in molti, anche in Renata Maria Viganò, ordinaria di Pedagogia sperimentale del nostro Ateneo e vicepresidente Invalsi: «Siamo oggi ai vertici per la scuola primaria, ma se vediamo la fascia 0-3 scendiamo in basso, è un problema ancora oggi di società e servizi. La scuola da sola non può risolvere questi problemi».
Don Milani continua ad ispirare, come dimostrano le esperienze educative presentate nella tavola rotonda, moderata da Stefano Pasta, ricercatore del Dipartimento di Pedagogia, promotore dell’evento.
A Torino i ragazzi di 14-15 anni vengono aiutati a prendere la licenza media da “Provaci ancora Sam”. «Ci prendiamo cura di questi ragazzi pluriripetenti – racconta Ivan Tamietti – che non ce la fanno più a stare in classe, hanno bisogno di luoghi diversi. Seguiamo una cinquantina di ragazzi, divisi in moduli da 14. La maggior parte è seguita dai servizi sociali e facciamo un lavoro di rete». Dopo averli aiutati a superare le medie, l’associazione li inserisce in corsi di formazione professionale.
A Milano e Lodi i ragazzi delle periferie vengono aiutati da padre Eugenio Brambilla. Con la sua Scuola della seconda opportunità “I care”. «Ho provato a fare una proposta scolastica insieme alla scuola in questi quartieri – racconta Brambilla - abbiamo due aule a Gratosoglio, una nella città di Lodi, una nel Gallaratese. Ridare la parola significa costruire luoghi dove si promuove la parola. Questa è la giustizia che ogni scuola è chiamata ad incarnare».
Una scuola inclusiva e per tutti. Questo è ciò che ispira il Polo “Exodus” di Maria Granata, una realtà nata nel 2011 nella periferia milanese, a Quarto Oggiaro, e nel piccolo centro calabrese di Africo. Il successo ha spinto ad allargare il progetto a Gallarate, Cassino e Cosenza: «Abbiamo iniziato a lavorare con scuole medie e superiori, proponendo attività scolastiche ed extra contro la dispersione scolastica». Barbiana ha ispirato l’importanza di luoghi che sappiano raggiungere e coinvolgere i ragazzi. «Ogni contesto è un luogo di sapere se ben fatto. Ogni luogo deve essere un luogo di apprendimento» conclude Granata.
A Milano i ragazzi rom vengono aiutati da Flaviana Robbiati, insegnante della scuola primaria. Il primo incontro con don Milani è stato con le scuole della pace di Sant’Egidio. «Ho iniziato a lavorare all’Ortica. Nelle scuole della pace, i bambini sono poverissimi. Chi ha poche parole ha poco futuro, non capisce i propri diritti e non ha la possibilità di esprimerli». L’obiettivo della maestra sono i minori della comunità rom, quelli che vivevano nelle baraccopoli negli anni degli sgomberi: «Nel 2008 la comunità di Sant’Egidio iscrive a scuola 9 bambini della comunità rom. L’anno successivo ne iscrive altri 36. Abbiamo creato un dopo scuola dove ci sono bambini poveri con altri ragazzi. È una scuola di responsabilità». Una scuola concreta come lo sono le richieste che la maestra vorrebbe fare alle autorità competenti, dai fondi per consentire a tutti di acquistare materiale didattico, all’apertura anche il pomeriggio delle scuole in periferie, per consentire agli insegnanti di «lasciare un segno dentro».
Un’altra esperienza di inclusività è quella di Riccardo Taddei che con “Non uno di meno” SMAC dal 2009 combatte a Trieste la dispersione scolastica: «Ogni anno vengono segnalati dei ragazzi dalle scuole, al servizio sociale, poi vengono selezionati da noi per creare dei gruppi omogenei». L’associazione si basa sul volontariato. I ragazzi divisi in piccoli gruppi vengono coinvolti anche in laboratori pratici. Smac aiuta ragazzi tra i 13 e i 17 anni a prendere la licenza media e li aiuta nella scuola superiore. «Dobbiamo capire con chi abbiamo a che fare – sottolinea Taddei - guardare ai ragazzi, ma anche a quale mondo li stiamo preparando».
La giornata dedicata a don Milani è stata arricchita dalla presenza del presidente della Cei, Cardinale Matteo Zuppi. L’arcivescovo di Bologna ha ripercorso il suo rapporto con l’esperienza di don Milani, sottolineando come il suo messaggio sia più attuale che mai: «Lessi nel 1969 “Lettera a una professoressa” e fu il motivo per cui iniziai ad andare con la Comunità di Sant’Egidio nelle baracche. Quando sono andato a Barbiana mi ha colpito come sia piccolissima. Ed è lì il genio di don Milani che ha reso questo luogo teatro di qualcosa di universale».