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Interazioni efficaci tra bambini e robot

25 gennaio 2023

Interazioni efficaci tra bambini e robot

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I robot possono diventare dei partner sociali efficaci? E i bambini come interagiscono con i robot? A queste domande hanno provato a rispondere gli esperti che sono intervenuti in Università Cattolica al recente seminario internazionale «Developmental Psychology and Robotics. An interdisciplinary challenge», promosso dalla Scuola di dottorato in Scienze della formazione e patrocinato dalla Facoltà di Scienze della formazione e dal Dipartimento di Psicologia.  

Ospite di eccellenza è stato il professor Shoji Itakura, direttore del Centre for Baby Science dell’Università Doshisha di Kyoto, pioniere nello studio della interazione bambino-robot, che ha presentato i suoi lavori su questo tema e ha approfondito uno dei modelli teorici attualmente più stimolanti sulla interazione bambino-robot: la Developmental Cybernetics (DC). Tale prospettiva fornisce le linee guida sugli aspetti da sviluppare nei robot affinché possano essere utilizzati in maniera efficace all’interno di esperienze di interazione, prestando particolare attenzione alle diverse fasi di sviluppo dei bambini coinvolti. 
 
In particolare, il professore ha cercato di creare un parallelismo fra l’interazione madre-bambino e quella robot-bambino per analizzare le potenziali variazioni del comportamento del bambino in funzione degli atteggiamenti manifestati dal partner. Utilizzando uno dei paradigmi più diffusi all’interno della Psicologia dello sviluppo, denominato “Still Face Paradigm”, hanno analizzato se i robot e gli androidi siano in grado di comunicare con il bambino e di suscitare un coinvolgimento relazionale simile a quello solitamente riscontrato nella relazione madre-bambino. Lo “Still Face Paradigm” consiste in una procedura sperimentale che prevede un’interazione madre-bambino nella quale il comportamento della prima si alterna fra eventi comunicativi tipici della relazione e un’improvvisa e totale assenza di interazione e comunicazione tramite l’immobilità del viso e dello sguardo della madre (da cui deriva il nome “Still Face Paradigm”). 

I risultati hanno mostrato che, seppur in maniera minore a quanto non accada nella interazione con la madre, anche “il volto” del robot viene percepito dal bambino come ricco di indicatori sociali e comunicativi.

Inoltre, Itakura ha presentato i risultati di alcuni recenti studi (alcuni dei quali condotti in collaborazione con il gruppo di ricerca dell’Università Cattolica diretto dalla professoressa Antonella Marchetti, direttrice del Dipartimento di Psicologia) sul ruolo dello sguardo del robot come segnale sociale nei bambini nei primi anni di vita. Tali studi hanno mostrato che, sebbene l’essere umano rimanga il partner più informativo a livello sociale, anche i robot possono diventare partner relazionali salienti e che i bambini possono comprendere le azioni del robot, dimostrando che, dal punto di vista evolutivo, i robot possono essere dei partner sociali, utili per la gestione di situazioni di apprendimento.  
 
All’intervento di Itakura è seguito un dibattito stimolante al quale hanno preso parte, oltre al professore, i docenti della Cattolica Davide Massaro, Cinzia Di Dio e Federico Manzi. Sono emersi tre temi fondamentali che la ricerca futura dovrà approfondire: l’impatto dei robot nei contesti di sviluppo e di educazione per i  bambini; il ruolo del “corpo” del robot come elemento di mediazione fondamentale nella costruzione di una interazione tra bambino e agente robotico; il ruolo della psicologia dello sviluppo come disciplina di riferimento per ingegneri e programmatori che devono concretamente sviluppare i robot sociali che verranno poi impiegati nei diversi campi della vita quotidiana, inclusi i contesti di accudimento, di educazione e di cura. 

Un articolo di

Federico Manzi e Andrea Luna Tacci

Federico Manzi e Andrea Luna Tacci

Ricercatore e dottoranda di Psicologia dello sviluppo e dell'educazione

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