Trascorrono online da una a tre ore al giorno, uno su cinque oltre le quattro ore, utilizzando diversi strumenti: social network, messaggistica e piattaforme streaming. Sono diverse le motivazioni che spingono i ragazzi, indipendentemente dalle fasce di età, a stare tanto tempo in rete: prima di tutto il bisogno di un sostegno per calmarsi e contenere le emozioni negative, poi la sete di conoscenza e di intrattenimento e la ricerca di sensazioni forti e adrenaliniche, per ultime il bisogno di socializzare e di performare. Di qui i ricercatori hanno definito quattro profili dei fruitori della rete: irrequiete/i, esploratrici/ori, performative/i e ripiegate/i. Questo è un frame significativo del ritratto animato che ritrae i minori tra gli 8 e i 16 anni, intervistati dai ricercatori dell’Alta Scuola in Media, comunicazione e spettacolo (Almed) dell’Università Cattolica che hanno curato la parte scientifica dello studio “Alfabetizzazione mediatica e digitale a tutela dei minori: comportamenti, opportunità e paure dei navigatori under 16” per il progetto “Piantaforme. Studiare e coltivare relazioni tra minori e media” promosso dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy.
«L’approccio della ricerca nasce dal basso attraverso l’ascolto dei ragazzi. In particolare, sono stati sovradimensionati i gruppi minoritari perché volevamo avere non solo un campione pienamente rappresentativo ma anche ascoltare le voci di chi fa più fatica a farsi sentire» - ha dichiarato Mariagrazia Fanchi, direttrice di Almed, alla presentazione dello studio avvenuta il 15 febbraio in Università Cattolica alla presenza dei rappresentanti di molte istituzioni. Una prospettiva condivisa in diversi interventi che hanno rimarcato l’importanza dell’inclusione e dell’attenzione alle diverse condizioni sociali in cui crescono i minori e che determinano il tipo di presenza in rete.
I punti chiave della ricerca mettono in evidenza la tendenza ad anticipare l’ingresso in rete dei minori con lo smartphone, l’alternanza tra consumi solipsistici e consumi condivisi a seconda delle piattaforme e dei momenti del giorno, una diffusa capacità autoriflessiva e auto tutelante dei minori, le esperienze positive in rete lungo l’arco della giornata e della settimana, ma anche la pluralità delle declinazioni delle esperienze spiacevoli come l’ansia e le situazioni rischiose non sempre riconosciute dai minori.
Dallo studio emerge la necessità «di sostenere e promuovere progetti di alfabetizzazione mediatica e digitale e progetti educativi a tutela dei minori, che favoriscano la realizzazione anche di programmi di comunicazione, basati sull’uso delle nuove tecnologie, lavorando in sinergia con le altre istituzioni coinvolte nel tavolo interistituzionale e coinvolgendo i fornitori di servizi di media e le piattaforme di condivisione video» - ha commentato Donatella Proto, dirigente del Ministero delle Imprese e del Made in Italy.
Il dialogo tra tutti i soggetti che hanno a cuore la questione dell’accesso a internet dei ragazzi deve portare ad attuare «politiche capaci di promuovere contenuti ed esperienze arricchenti, che mettano al riparo dai rischi e che sollecitino curiosità, creatività, condivisione e partecipazione» - ha sottolineato Fanchi, e con lei i relatori che hanno partecipato alla tavola rotonda moderata dal giornalista di Avvenire Francesco Ognibene, e rappresentato l’Ufficio del Garante per la protezione dei dati personali, ANICA, AGICOM, l’Istituto degli Innocenti e la Polizia postale.
I dati della ricerca
Il campione analizzato dallo studio è costituito da 1.677 tra bambini di 8-10 anni e adolescenti dai 14 ai 16 anni, rappresentativi per genere, età, zona e ampiezza del comune di residenza. 600 sono stati coinvolti nella fase esplorativa rivolta a raccogliere con domande aperte le differenti tipologie di esperienze online (positive e negative). A partire da questi risultati è stato creato un questionario via web per le altre fasi dell’indagine. 1.000 sono stati intervistati online, 57 hanno compilato un diario giornaliero di consumo e 20 hanno partecipato a focus group collaborativi. Inoltre, 1.000 sono stati i contenuti mediali indicati dai minori e analizzati dai ricercatori.
Il 94% dei minori tra gli 8 e 16 anni utilizza uno smartphone (tra gli intervistati il 68% ne possiede uno personale, il 28% l’ha ricevuto prima dei 10 anni e il 25% dopo gli 11). Cresce contestualmente la consapevolezza di un uso eccessivo, come sostiene un quinto del campione, e la quota sale al 28% tra i 14-15enni, in particolare tra gli insoddisfatti e tra le ragazze. Lo smartphone distrae: come ha dichiarato un’intervistata “Mi distrae quando faccio i compiti, mi distrae da tutti… allora proprio lo metto in un’altra stanza… a volte vorrei metterlo in una scatola e lasciarlo lì”.
Sette ragazzi su dieci (la metà tra gli 8 e i 10 anni) usano regolarmente i social e le piattaforme streaming. L’utenza aumenta poi nel passaggio a tweens e teens.
Ogni social ha il suo ruolo specifico. Instagram serve a curiosare e interagire, Tik Tok a lasciarsi andare al flusso, Facebook a leggere i commenti più che a guardare. In generale le piattaforme streaming (per citare le più comuni YouTube, Amazon Prime Video e Netflix, ma anche Svod e Avod) vengono utilizzate in famiglia, o da soli in camera e molto meno con gli amici, fuori casa e a scuola.
Tra le piattaforme di messaggistica, Whatsapp è risultato imprescindibile in quanto modalità più rapida per comunicare, per creare community e scambiare materiali. I fruitori regolari sono al 93% 14-15enni, all’89% 11-13enni e al 60% tra gli 8 e i 10 anni.
Lo studio, inoltre, ha confermato le evidenze di molte ricerche sull’argomento circa i rischi della rete per i minori. 4 intervistati su 10 raccontano esperienze negative, più della metà tra i teens con particolare incidenza tra i più fragili e i più presenti online. La maggioranza degli intervistati ha visto contenuti inadatti almeno una volta di recente su uno dei social citati, ma in particolare i più piccoli sono incappati in eventi critici su Youtube. Inoltre, è emersa una piena fiducia a Whatsapp, Instagram e Pinterest (e a seguire nella graduatoria a Telegram, Twitch e Discord), alle piattaforme Netflix e Amazon Prime Video, e in seconda battuta a Rai Play e Disney+ (non alla più popolare YouTube).
Per quanto riguarda le forme di limitazione e controllo nell’uso degli smartphone da parte dei genitori, circa 8 su 10 le utilizza sfruttando i limitatori, i come parental control offerti da piattaforme e dispositivi. Più di un terzo dei ragazzi e delle ragazze viene controllato: dal 49% dei bambini 8-10enni, al 20% dei 14-15enni. L’eccessivo controllo potrebbe inibire lo sviluppo di competenze e autonomia, rendendo più acritica e rischiosa la navigazione. Circa un quarto del campione (che scende al 17% dei teens) afferma di non essere mai incorso in esperienze negative sui social, mentre il 42% (53% tra i teens) ne riporta di gravi e ripetute. I più esposti sono coloro che tendono a condividere contenuti e informazioni personali con sconosciuti, i soggetti più fragili come i portatori di disabilità o coloro che esprimono minor benessere su tutte le dimensioni indagate, gli utenti regolari dei social network, gli iperconnessi e i gamers intensivi, ma si evidenzia anche una lieve prevalenza territoriale che penalizza i residenti nelle grandi città e nel Sud Italia (più inclini all’uso precoce dello smartphone e dei social).
Il report completo con i dati della ricerca è visibile sul sito del progetto: www.piantaforme.it.