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Isve, il futuro del settore vitivinicolo è efficiente e sostenibile

06 dicembre 2023

Isve, il futuro del settore vitivinicolo è efficiente e sostenibile

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La strada che da Alessandria porta a Mombaruzzo è disegnata su dolci pendii assolati. Sale e scende, poi risale prima che un lungo filare di matite coloratissime sbuchi dietro un cipresso secolare. Sono i pali di testata di Pico Maccario, la cantina fondata dai fratelli Pico e Vitaliano Maccario con l’obiettivo dichiarato di «raggiungere la massima qualità possibile grazie a un prezioso lavoro di squadra, che dalla vigna giunge in cantina». Per farlo, sui terreni argillosi e di medio impasto del Monferrato, Pico Maccario possiede oltre cento ettari. Si coltivano vitigni Barbera, Viognier, Sauvignon Blanc, Cortese e Moscato d’Asti. Nelle Langhe, invece, l’azienda produce Nebbiolo, tra Neive, Serralunga d’Alba e Barolo.

È proprio nell’headquarter di Mombaruzzo che arrivano gli studenti di Innovation and Sustainability in Viticulture and Enology (Isve), provenienti dal campus di Piacenza dell’Università Cattolica. Il corso si inserisce nel progetto ER-PhooD di Regione Emilia-Romagna, del quale è capofila l’Università di Parma, e si rivolge agli iscritti alle Scuole di dottorato di tutto il mondo. La loro provenienza è doppiamente eterogenea, sia per l’origine (da Israele, al Libano, al Pakistan) sia per la formazione universitaria. «Circa il 50% degli studenti sono dottorandi della filiera vitivinicola» spiega Matteo Gatti, coordinatore delle attività didattiche del Corso. «Ci sono dottorandi di filiere affini ma anche provenienti da altre Scuole, i quali svolgono il loro percorso di ricerca con risvolti legati alla vite e al vino».

Un articolo di

Francesco Berlucchi

Francesco Berlucchi

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Il tema della Scuola è incentrato su due pietre miliari, l’innovazione e la sostenibilità. «Il 40% delle attività è dedicato al vigneto, lo stesso spazio è riservato alla sfera cantina e il resto alle ripercussioni ambientali e alle relazioni tra la filiera vitivinicola e l’ambiente» prosegue il professor Gatti, mentre i suoi studenti salgono su una vendemmiatrice EnoControl sapientemente guidata da esperti tra i filari variopinti di Pico Maccario. Il warm up del Corso è un prezioso giro di riscaldamento in pista nel quale gli studenti vengono introdotti ai temi cardini del programma. «Questa fase è fondamentale proprio per allineare i partecipanti data la loro eterogeneità» continua Gatti. «Vengono coinvolti docenti e professionisti di livello internazionale. A questa, segue una full immersion di lezioni, webinar ed esercitazioni con un forte coinvolgimento dei gruppi di ricerca e sviluppo del mondo aziendale. Nell’ultima parte, i dottorati hanno un assignment sul quale devono riflettere individualmente».

In questa prima edizione, l’Università Cattolica ha messo in campo un team guidato da Marco Trevisan, preside della Facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali, che con Ettore Capri e Lucrezia Lamastra si occupano dei profili ambientali e legati alla sostenibilità. Milena Lambri e Mario Gabrielli si concentrano sull’Enologia mentre Stefano Poni, Matteo Gatti e Tommaso Frioni sono il riferimento sul tema Viticultura. «Pico Maccario è un’azienda ideale per questa School perché è aperta all’innovazione e all’aggiornamento costante delle tecnologie» prosegue Gatti. «In questo contesto storico, il ricorso alla digitalizzazione e all’agricoltura di precisione rappresenta una delle strade di accesso per rendere l’agricoltura più efficiente in termini qualitativi, e più produttiva anche in risposta al cambiamento climatico».

Del resto, lo ha spiegato bene il preside Trevisan, in un settore oggi al centro di «una vera e propria rivoluzione scientifica e tecnologica» finalizzata a rendere i prodotti «più ecocompatibili, di migliore qualità e sempre più competitivi nei mercati internazionali», la Facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali «ha rinnovato costantemente i contenuti della propria attività scientifica e didattica». Innovation and Sustainability in Viticulture and Enology è un esempio. «Da anni il dottorato di ricerca non apre unicamente la porta degli atenei» conclude il professor Gatti. «Ci sono numerose aziende, anche nel settore agroalimentare, che hanno bisogno di queste competenze. Gli sbocchi professionali di chi svolge questo percorso lo dimostrano».

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