Non è casuale che la presentazione del volume di don Aurelio Fusi, “Don Orione, la Sede apostolica e i vescovi d’Italia” (Edizioni Rubettino) sia avvenuta il 21 gennaio proprio in Università Cattolica.
Lo ha evidenziato nel suo intervento l’arcivescovo di Milano monsignor Mario Delpini, ricordando che proprio grazie a due conferenze che don Luigi Orione aveva svolto con incisività nell’aula magna dell’Università Cattolica nel 1936/37, su invito del rettore padre Gemelli, si era rafforzato il rapporto con la borghesia milanese e con l’allora arcivescovo cardinal Schuster che aveva sostenuto i primi passi per la costruzione del Piccolo Cottolengo, «un luogo di luce e di calore», e per la presenza degli orionini a Milano a servizio dei poveri. «Questo luogo è stato proficuo non solo dal punto di vista accademico e degli studi, ma anche per come ha saputo intercettare il mondo della sofferenza e del bisogno», ha osservato monsignor Delpini.
A illustrare il ponderoso volume di don Aurelio Fusi sono stati don Flavio Peloso, già superiore generale e ora postulatore della Congregazione orionina, e Angelo D’Acunto, docente della Pontificia Università Santa Croce, moderati da don Giovanni Carollo, superiore provinciale degli orionini.
Il ruolo svolto da don Orione nel secolo scorso in campo sociale, civile ed ecclesiale, fu di grande rilievo. Basti pensare che fu in relazione con cinque papi (Leone XIII, Pio X, Benedetto XV, Pio XI e Pio XII), e in grande rapporto con Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI. Svolse anche opera di mediazione per conto di Pio XI con Benito Mussolini per la risoluzione della questione romana che portò ai Patti Lateranensi.
Don Peloso ha fatto presente come don Orione sia stato uno dei «santi sociali» più significativi della prima metà del XX secolo, tanto da essere messo in relazione con quanto madre Teresa di Calcutta ha rappresentato nella seconda metà del XX secolo: «Santi così ne nascono uno o due ogni secolo».
Il volume di don Fusi ricostruisce i rapporti di don Orione con almeno 301 vescovi italiani e con i predetti pontefici. Da tutti fu considerato uomo di fiducia e punto di riferimento, tanto che fu anche inviato come vicario generale a Messina, dopo il terremoto del 1908, per essere di supporto al vescovo e alla diocesi. Notevole, inoltre, il suo aiuto ai preti di varie diocesi in difficoltà o in situazioni di fragilità. Nella delicatezza degli incarichi svolti e negli apporti offerti emerge la sua matrice spirituale e la finalità apostolica della sua azione: «Saldo nella verità, efficace nella carità, operoso nel sanare fratture, recuperare persone, mediando tra rigorismi ed estremismi», ha detto don Peloso.
A passare al setaccio gli aspetti ecclesiali di tali rapporti, non sottacendo le difficoltà di don Orione, è stato il professor D’Acunto. «Fu sempre obbediente verso i vescovi ma con dignità cristiana, anche nelle incomprensioni in cui pure incorse. Al suo vescovo Igino Bandi, ebbe a dire: «Eccellenza, io obbedisco a quanto mi chiede, ma lei domani in coscienza non potrà celebrare messa». In fondo si trattava di uscire dalle sacrestie per salvare le anime: «Ci si presentava al mondo nelle opere di carità e nella fedeltà a Cristo».
Al termine l’autore don Aurelio Fusi ha ribadito come nello studio d’archivio emergono la passione e si evidenziano l’idealità e il carisma di don Orione, ricambiati dalla stima e dalla familiarità dei vescovi verso la Congregazione, come dimostrano le tante lettere indirizzategli: «Anche gli insuccessi vissuti lo rendono più vicino e simile a noi. L’amore è sempre in cammino».
Le relazioni sono state intervallate dai musicisti dell’associazione “Solo d'archi” che hanno allietato la platea con musiche di Bach, Gounod e Morricone.