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«La fisica rende comprensibili i fenomeni invisibili»

02 dicembre 2021

«La fisica rende comprensibili i fenomeni invisibili»

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Compito dei fisici è rendere comprensibile l’invisibile. E il suono è l’esempio perfetto di qualcosa che percepiamo coi sensi ma che ha bisogno di elaborazione per essere compreso. 

 

Il Centro di ricerca I-Lamp - Interdisciplinary Laboratories For Advanced Materials Physics ha celebrato i primi dieci anni di attività “uscendo dai laboratori” con una serata divulgativa sul tema delle relazioni tra fisica e musica. Un evento aperto alla cittadinanza, nella White Room del Museo di Santa Giulia di Brescia.

Lo ha fatto tramite le parole di un ospite d’eccezione: il violinista nonché fisico teorico del CNR - Istituto Nanoscienze di Modena Carlo Rozzi che, affiancato dal Quartetto D'archi Bazzini Consort, ha guidato tutti i presenti alla scoperta di quei meccanismi che condizionano il modo di percepire i suoni fisici, che possono essere diversi in ognuno di noi.

Ma come si misura un suono? «Lo si può studiare in un laboratorio di fisica - ha spiegato Rozzi. - Il suono prende corpo se c’è qualcuno che lo ascolta, quindi entrano in gioco parametri puramente soggettivi. Intensità, altezza, ampiezza e timbro di una nota sono correlati percettivi che dipendono da molto fattori. La nostra percezione è ingannevole e mai fedele alla realtà, mentre il livello cognitivo è quando un suono viene “tradotto” dal nostro cervello come musica».

Per dimostrarlo concretamente Rozzi ha testato sul pubblico alcune illusioni acustiche che, al pari di quelle ottiche più note, hanno effettivamente evidenziato come il medesimo stimolo sonoro sia stato percepito da qualcuno come ascendente, mentre per altri discendente.

«Le ragioni sono in parte fisiche e in parte psicoacustiche. Occorre calcolare la distanza da cui è emessa una nota e la relazione tra sorgente del suono (in questo caso una corda di violino che vibra) e il suo filtro, ovvero il corpo dello strumento che fa da cassa armonica» ha spiegato il fisico, che ha aggiunto «la sensazione di un suono ad altezza costante è illusoria, un puro prodotto del nostro orecchio, poiché non esiste un suono sempre costante. Mentre il senso musicale è dato dall’ordine delle note, che viene riconosciuto dal nostro cervello».

Tutti questi fattori cambiano la forma del suono e lo trasformano in qualcosa d’altro. Anche la componente spaziale è molto importante perché timbro, frequenza e intensità variano completamente grazie al riverbero ambientale.

 

«In uno spazio grande si verifica notevole ritardo dal raggiungimento di un suono massimo al suo minimo mentre in un piccolo ambiente, quindi più riverberante, il suono rimbalza e si sovrappone in virtù della distanza minore» ha precisato Rozzi.


Un articolo di

Bianca Martinelli

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