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La pace, una sinfonia che ha come strumenti democrazia e rispetto dei diritti umani

21 settembre 2023

La pace, una sinfonia che ha come strumenti democrazia e rispetto dei diritti umani

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Democrazia, pace, diritti umani. Valori fondamentali che pensavamo inscalfibili, acquisiti e universalmente riconosciuti. Eppure, non è così. La guerra nel cuore d’Europa ne è l’esempio più lampante. Con il conflitto in Ucraina «ci siamo purtroppo accorti che il rispetto dei diritti umani non è una realtà ovunque condivisa» e che anzi «bisogna continuare a combattere per poterli riaffermare». Il rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Franco Anelli spiega così le ragioni che hanno portato l’Ateneo a promuovere martedì 19 settembre l’iniziativa “Sinfonie di pace: dialoghi su democrazia e diritti umani”. Un dibattito a più voci organizzato contestualmente in occasione delle Giornate internazionali della Pace e della Democrazia, che si celebrano rispettivamente il 15 e il 21 settembre.

Secondo il rettore Anelli, «dopo il crollo del Muro di Berlino non si è innescato nel mondo, come invece si sperava, un processo di espansione della democrazia e del rispetto della persona». E allora «come riaffermare valori a rischio in troppi Paesi?», chiede la giornalista Annachiara Sacchi ai relatori che, raccolti attorno al tavolo della Sala Negri da Oleggio, prendono parte alla riflessione. «Ci troviamo in un contesto geopolitico in cui i diritti umani sono calpestati e ignorati», risponde Letizia Moratti, presidente dell’Associazione Genesi, da lei fondata nel 2020 con l’intento di favorirne la valorizzazione attraverso lo strumento dell’arte e che dal 2021 ha avviato una collaborazione con l’Università Cattolica nell’ambito del “Progetto Genesi. Arte e diritti umani”. Una collaborazione che si è concretizzata nella co-progettazione di iniziative di accompagnamento alla mostra itinerante della Collezione Genesi. Tra queste le conversazioni sui diritti umani dove esperti internazionali hanno dialogato con docenti dell’Ateneo, e che saranno raccolte in un volume sul tema di prossima pubblicazione.

 

 

«Sono diversi i paesi in cui i diritti delle donne sono negati e nei quali la dittatura ha sostituito le elezioni democratiche, rendendo le democrazie una minoranza nel mondo», prosegue la presidente Moratti. Anche nell’ambito dell’ultimo G20 «abbiamo assistito a una posizione non chiara in relazione a una guerra, quella in Ucraina, che vede, da un lato, un oppressore, dall’altro, un oppresso». Le soluzioni da intraprendere appaiono sempre complesse poiché in gioco ci sono interessi politici, economici e sociali. Forse per questo val la pena cercare linguaggi differenti. Come quello dell’arte. «Certi messaggi è più facile farli passare attraverso opere artistiche che possono incentivare nuovi percorsi e rappresentare uno strumento educativo per attirare sulle tematiche dei diritti umani l’attenzione delle giovani generazioni», osserva la presidente dell’Associazione Genesi, che il 10 novembre, con una mostra itinerante, approderà a Brescia nel Museo di Santa Giulia.

Dunque, educare ai diritti umani. Un compito su cui le università devono essere in prima linea. «La ricerca scientifica ha una sua utilità per la società in quanto deve intrattenere un dialogo con i vari soggetti e dare un contributo cercando di far capire ai cittadini i problemi da affrontare», rimarca Damiano Palano, direttore del centro di ricerca della Cattolica Polidemos, istituito con l’intento di studiare le trasformazioni che stanno interessando a più livelli i sistemi democratici. «I processi di deconsolidamento, di disaffezione che attraversano le nostre democrazie più mature non sono congiunturali ma sono processi con cui dovremo imparare a convivere». Inoltre, «l’instabilità internazionale non è l’esito solo del calcolo azzardato di qualche leader politico bensì è anche frutto di una transizione verso un ordine multipolare che per la prima volta nella storia, quanto meno degli ultimi quindici anni, ha dei protagonisti che non sono occidentali e sono al di fuori del Vecchio Continente». Tutto questo rappresenta una «grande sfida» per le nostre democrazie, e «ci impone di rivedere e aggiornare le nostre categorie interpretative del mondo», aggiunge il professor Palano. Una sfida dove un importante apporto può arrivare dai giovani. «Questi ultimi svolgono un compito di modernizzazione fondamentale di alcune categorie anche in relazione al mutamento delle condizioni in cui gli esseri umani abitano il pianeta, che pongono una diversa accezione dei diritti umani», fa eco il rettore Anelli.

Il ruolo dell’educazione torna forte anche nelle parole di Maria Gaudenzi, Desk Officer Ukraine di Avsi, l’organizzazione non profit che opera in 40 Paesi e con alle spalle più di 50 esperienze che si muovono lungo questa traiettoria. «Il nostro impegno è promuovere l’educazione che può essere intesa come diritto ma è anche la chiave di volta. Essa va garantita a tutti in quanto fattore essenziale per lo sviluppo della persona: un accesso equo a opportunità educative rende possibile la coesistenza pacifica tra le persone. E questo vale tanto in Europa quanto in contesti in via di sviluppo».

 

 


Educazione ma anche dialogo. A ribadirlo Francesco Marrella, consigliere politico, Ufficio per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani, OSCE/ODIHR e alumnus Università Cattolica. «È l’unico strumento per risolvere controversie in maniera non violenta e trovare una soluzione condivisa». Tutto però si muove attorno un concetto: quello dell’aver cura. «Vediamo sempre i diritti e la democrazia come qualcosa di astratto. Spetta invece a noi applicarli nella nostra quotidianità - nel lavoro, in famiglia, per strada -. C’è poi una dimensione collettiva poiché democrazia e diritti si basano sull’interesse degli altri».

In un mondo a tinte fosche, vince il pessimismo o l’ottimismo? Per evitare alcune derive, servono innanzitutto strutture culturali e politiche solide. Ma bisogna reinventare la modalità di partecipazione alla vita delle nostre comunità e recuperare accanto alla parola diritto quella di dovere. Perché, avverte Letizia Moratti, solo «se saremo capaci di sentire di avere dei doveri nei confronti del bene comune allora potremo costruire una società che avrà a cuore i diritti».

La giornata di riflessione si è conclusa con il concerto in Aula Magna “Dialogo di musica e parole”, a cura dello Studium Musicale di Ateneo, diretto dal professor Enrico Reggiani, e con la partecipazione dei solisti: Mariateresa Amenduni, violino, Francesco Bossi, baritono, Cristiana Franco, violino, Emilia Giammarrusti, viola, Matteo Lebiu, pianoforte, Matilde Pesenti, violoncello, Martino Tosi, pianoforte.

Un articolo di

Katia Biondi

Katia Biondi

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