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La sfida della natalità si vince anche con una buona comunicazione

31 gennaio 2024

La sfida della natalità si vince anche con una buona comunicazione

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«Il calo demografico è un problema che ha radici antiche ma nel mondo di oggi pone sfide nuove. Si tratta di rendere la genitorialità non solo conciliabile con la realizzazione professionale, ma anche attrattiva e compatibile con la vita sociale e relazionale. In questo senso la comunicazione ha un ruolo essenziale. Sia come informazione, per rendere le persone il più possibile consapevoli dell’importanza della tutela della fertilità come bene salute e dei rischi della denatalità. Sia come narrazione, per raccontare in modo nuovo la genitorialità e il suo valore sociale» - questo uno dei passaggi più significativi dell’intervento della Ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità Eugenia Maria Roccella al convegno "Sostenere la natalità: le sfide per la comunicazione" promosso dall’Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo (ALMED) e dall’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi sanitari (ALTEMS) dell’Università Cattolica, con il contributo incondizionato di Farmindustria, che si è tenuto il 30 gennaio a Palazzo Baldassini, a Roma.

L’evento si è aperto con gli indirizzi di saluto della Ministra Roccella, della Prorettrice dell’Università Cattolica e Delegata del Rettore alle Pari Opportunità professoressa Raffaella Iafrate e della Capo Segreteria Tecnica del Ministro della Salute dottoressa Maria Rosa Campitiello. A seguire la Tavola rotonda alla quale sono intervenuti la Direttrice del Centro Ricerca e Studi sulla Salute procreativa dell’Università Cattolica professoressa Maria Luisa Di Pietro, il Direttore Generale di Farmindustria Enrica Giorgetti e il professor Alessandro Rosina, Ordinario di Demografia dell’Ateneo. A moderare l’incontro la giornalista Chiara Bidoli, caporedattore Corriere della Sera, direttore delle testate infanzia di RCS.

Un articolo di

Federica Mancinelli

Federica Mancinelli

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«Un concetto chiave connesso al tema della giornata è quello di generatività, intesa come obiettivo fondamentale dell’età adulta che si oppone al concetto di “stagnazione” – ha detto la professoressa Iafrate - La persona che diventa adulta è in grado ed è chiamata a generare, sia dal punto di vista biologico e fisico, sia dal punto di vista psicologico e culturale. Generatività è dunque un concetto che trascende la soddisfazione individuale e che si traduce in un’apertura dall’individuale al sociale-comunitario attraverso il prendersi cura delle nuove generazioni in uno slancio di speranza e apertura verso il futuro. Individualismo, negazione dell’altro da sé, appiattimento sul presente, censura del limite e della relazionalità dell’umano mettono alla prova la generatività. L’Università sia dunque un luogo in cui offrire spazi di riflessione e consapevolezza rispetto a queste tendenze culturali, ma sia anche uno spazio comunitario in cui studenti e studentesse, docenti e personale tecnico-amministrativo siano considerati secondo un modello integrato della persona intesa come soggetto relazionale, nella quale identità personale e professionale siano in dialogo e non contrapposte in una visione dicotomica e conflittuale. Occuparsi di natalità e genitorialità nell’ambiente di lavoro non rappresenta dunque un’anomalia o una distrazione dall’impegno professionale, ma una forma di potenziamento e valorizzazione dell’identità delle persone e condizione di quell’“umanizzazione” che sola può generare speranza e trasmettere fiducia alle nuove generazioni».

L’evento ha affrontato questa tematiche dal punto di vista della comunicazione: al di là delle scelte individuali è, infatti importante creare consapevolezza sui rischi connessi alla denatalità e favorire una prevenzione della fertilità, creando una nuova cultura: «La comunicazione risulta strategica per contrastare la mancanza di conoscenza e di consapevolezza – ha detto la dottoressa Campitiello – “e la ‘sfida’ che la comunicazione odierna deve porsi è quella di modularla attentamente a seconda del target di riferimento e di conseguenza adottare i mezzi e gli strumenti idonei».


«La persistente bassa natalità sta erodendo sempre di più la popolazione in età riproduttiva con il rischio, se non si interviene con urgenza e in modo incisivo, di vincolare ancor più al ribasso le nascite future precludendo definitivamente la possibilità di una inversione di tendenza – ha affermato il professor Rosina - Si andrebbe incontro, in tal caso, a squilibri demografici insostenibili compromettendo sviluppo economico, finanziamento e funzionamento del sistema di welfare pubblico. Sciogliere i nodi che portano a rinvio e rinuncia della scelta di avere figli, intervenendo con politiche adeguate, allineate alle migliori esperienze europee, sulle condizioni di autonomia abitativa dei giovani, di accesso ad un impiego con continuità di reddito, di conciliazione tra famiglia e lavoro - non porta solo a contenere gli squilibri demografici tra vecchie e nuove generazioni, ma a ridurre anche diseguaglianze sociali, di genere e territoriali in coerenza con gli obiettivi dello sviluppo sostenibile».

Le minori natalità e fertilità sono temi con risvolti importanti a livello individuale e sociale: esse influenzano sia la sfera privata sia quella sociale delle persone, coinvolgendo direttamente aspetti fondamentali come la gestione della salute e del welfare: «I numeri raccontano la storia di un Paese, l’Italia, sempre più vecchio. Non solo per il progressivo aumento dell’indice di vecchiaia, ma anche per la progressiva implosione in termini di progettualità e di speranza – ha detto la professoressa Di Pietro – “La denatalità è un fenomeno dalla genesi multifattoriale, che si interseca con un altro fenomeno altrettanto complesso. Come evidenziato nel Rapporto “Infertility Prevalence Estimates – 1990-2021”, pubblicato nel 2023 dall’OMS, circa il 17,5% della popolazione adulta globale sperimenterà una condizione di infertilità nel corso della vita. E se talora le condizioni di infertilità sono da correlare a patologie non prevenibili, nella maggior parte dei casi essa è conseguenza di una generale disattenzione alla salute preconcezionale: promuovere quest’ultima a partire dall’adolescenza, dovrebbe essere uno dei principali obiettivi di un approccio completo alla questione della denatalità. Scarsa conoscenza dei fattori di rischio, sottostima del rischio dei propri comportamenti, mancanza di progettualità educativa: sono questi punti strategici su cui intervenire».

Attraverso il dialogo fra istituzioni, mondo aziendale e ricerca, la condivisione di dati, best practice e progetti di ricerca, l’evento ha avuto l’obiettivo di migliorare la comprensione del fenomeno, individuare le sfide e le opportunità e delineare possibili linee di intervento: «Per affrontare il tema della fertilità e della natalità c’è bisogno anche di una buona comunicazione che deve coinvolgere oltre alle istituzioni e ai media, le famiglie, le scuole, l’Università, le aziende – ha detto la dottoressa Giorgetti – “Bisogna parlare molto di più agli uomini e non solo alle donne per fare cultura su questo argomento e cambiare concretamente i trend in atto. Così come è importante che i governi diano segnali di interesse con politiche di genere e famigliari. Anche le imprese devono fare la loro parte. L’industria farmaceutica rappresenta un esempio. Ha infatti più donne (45% per il totale dei dipendenti e 45% tra dirigenti e quadri), più figli (+45% per nucleo famigliare rispetto alla media nazionale), maggiore “retention” dei talenti (turnover in uscita più basso della media). Inoltre, in Italia il 60% della produzione deriva da aziende guidate da donne».

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