«Non conoscevo l'Ucraina. Ho cominciato a studiarla nei primi giorni da inviata nel Paese. Il giorno parlavo con le persone e la notte leggevo tantissimi libri. Ho scoperto una storia affascinante, un popolo orgoglioso che dopo il crollo dell'Unione Sovietica ha costruito la sua libertà pezzo dopo pezzo, imparando anche a scendere in piazza. Ed è questa libertà che stanno difendendo perché non può esserci pace senza libertà».
Con queste parole Stefania Battistini, inviata speciale del Tg1, ha aperto, lunedì 21 ottobre, il ciclo di incontri "Raccontare la guerra", l'iniziativa promossa dall'Alta Scuola in Economia e relazioni internazionali (Aseri) dell'Università Cattolica. Reporter che ha raccontato fin dal febbraio 2022 il conflitto russo-ucraino, la giornalista italiana è diventata, suo malgrado, lei stessa una notizia quando il 7 ottobre, un Tribunale russo ha emesso un mandato di arresto nei suoi confronti e dell'operatore Simone Traini per essere entrati illegalmente nel distretto di Sudzha, nella regione del Kursk - in territorio russo - per girare un servizio al seguito delle truppe ucraine.
«Vivo con un certo imbarazzo essere questa situazione perché noi giornalisti sappiamo che, se diventiamo noi la notizia, vuol dire che qualcosa non va. Ma ho anche la consapevolezza di aver fatto solo il mio lavoro e di aver documentato un fatto, ogni reporter di guerra al mio posto avrebbe fatto la stessa cosa. La cosa paradossale è che al momento non c'è uno straccio di atto ufficiale, noi lo abbiamo saputo da una nota diffusa su Telegram. Siamo in attesa di un documento formale per muoverci. È una forma di intimidazione nei miei confronti ma anche una minaccia a tutti i giornalisti, "Non entrate in Russia"».
«In questo momento – ha spiegato Battistini - per l'azienda è pericoloso che mi sposti. Vivo in un tempo sospeso, la limitazione della propria libertà decisionale è sempre pesante, e per un inviato di guerra, che decide cosa fare e dove andare minuto dopo minuto, tutto questo è molto limitante. Stare dietro una scrivania o andare in tv a denunciare quello che sto vivendo non mi piace ma la prendo come una fase della vita».
Moderatore di questo e dei prossimi incontri il professor Vittorio Emanuele Parsi, direttore dell'Aseri: «È la prima volta che un ospite riceve l'applauso al momento del suo ingresso in sala, e ne abbiamo avuti di importanti. È una cosa molto bella. Testimonia il sostegno di un pubblico che apprezza il servizio di questa professionista e che, conoscendo il difficile momento che sta vivendo, ha voluto mostrare la sua vicinanza».