La diffusione del Coronavirus e le restrizioni alla vita sociale hanno avuto un impatto sulla vita di tutti. Ma le famiglie come hanno reagito? E soprattutto in che modo hanno percepito le politiche messe in atto dal governo durante la pandemia? La professoressa Elisabetta Carrà - docente di Sociologia della famiglia e membro del Comitato scientifico del Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia nonché dell’Osservatorio Nazionale sulla Famiglia - insieme ai ricercatori Matteo Moscatelli e Chiara Ferrari ha elaborato una ricerca sul supporto del governo, la partecipazione attiva delle famiglie e la visione ottimistica del futuro durante l’emergenza Covid-19.
La ricerca - che verrà presentata all’interno del convegno di fine mandato della sezione politica sociale dell’Associazione Italiana di Sociologia (AIS) "Le famiglie cambiano: e le politiche? Tra buone intenzioni e buone pratiche", il 17 e il 18 febbraio - riporta la percezione degli intervistati rispetto alla capacità del governo di supportare le famiglie attraverso una scala specifica che prevede la misurazione di cinque dimensioni individuate dal Family Impact Institute americano.
Quello che emerge è una famiglia sospesa tra stress e opportunità, che deve fronteggiare diverse difficoltà che rischiano di sopraffarla, ma che allo stesso tempo mostra una capacità di attivare risorse al proprio interno per orientare e trasformare in senso positivo i cambiamenti affrontati.
È stata presa in analisi la capacità di responsabilizzare le famiglie; la capacità di contrastare gli effetti dell’instabilità coniugale e dei momenti critici che ogni famiglia vive e che possono destabilizzare gli equilibri; la capacità di conciliare le diversità tra i differenti membri della famiglia; la capacità dei politici di tenere conto delle diversità estreme che ci sono tra le famiglie in termini culturali, strutturali e socio-economici e infine la capacità di rendere le famiglie attive nei processi decisionali, in modo tale che gli interventi politici siano calibrati sulle loro esigenze.
Attraverso questa scala, i ricercatori hanno potuto verificare la propensione del governo italiano a far leva sulle capacità delle famiglie di contribuire al benessere della società. «Le famiglie - spiega la professoressa Carrà - si sono sentite molto responsabilizzate, però contemporaneamente hanno manifestato una certa perplessità sul fatto di non essere state coinvolte nelle decisioni, e di conseguenza non hanno saputo rispondere in modo specifico a bisogni molto diversificati».
Ma non solo, quello che si evince dalla ricerca è che se durante il lockdown “duro”, quello di marzo-aprile, c’è stato un certo scetticismo rispetto alla capacità del governo di supportare le famiglie, la situazione è peggiorata a giugno: «Abbiamo potuto mettere in evidenza come il fatto di sentirsi supportati dal governo aumenti la visione ottimistica nei confronti del futuro, quindi c’è un legame molto stretto tra sentirsi supportati, poter guardare con ottimismo al futuro e sentirsi parte attiva del cambiamento sociale».
Punti fondamentali quelli evidenziati dalla professoressa, che dovrebbero concretizzarsi all’interno del Family Act: «La riforma elaborata dalla ministra Elena Bonetti con cui ho collaborato in quanto membro dell’Osservatorio Nazionale sulla Famiglia, se portata a termine nell’ambito del nuovo governo Draghi, potrebbe costituire una risorsa per far ripartire la natalità in un Paese, il nostro, in declino sotto questo punto di vista».