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Ludopatie e prevenzione: serve conoscere il territorio

23 giugno 2022

Ludopatie e prevenzione: serve conoscere il territorio

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Un fenomeno sommerso di cui non si conoscono i numeri precisi, eppure si stima che in Italia siano 1 milione e 300mila le persone vittima di Gioco d’Azzardo Patologico, di cui solo 12mila accedono alla diagnosi e quindi a un percorso di cura. L’80% sono maschi tra i 40 e i 60 anni, nelle donne l’età media si alza.

Di questi, 26.000 si trovano nella provincia bresciana, di cui solo 400 (dato pre-covid) prese in carico dai servizi. Dato, quest’ultimo, sceso a 328 dopo la pandemia.

È partita da questi dati, e dalla consapevolezza della loro parzialità, la ricerca-azione “Promuovere salute di comunità e fronteggiare il Gioco d’Azzardo Patologico (GAP)” che è stata affidata da ATS Brescia al Centro di Ricerca sullo Sviluppo di Comunità e la Convivenza Organizzativa (CERISVICO) diretto dalla Prof. Elena Marta, quale realtà scientifica locale con comprovate e riconosciute competenze di ricerca-azione psico-sociale in tema di sviluppo di comunità.

Finanziata con un fondo di € 48.678, e partita nella seconda metà del 2021, la ricerca intervento rappresenta la macro azione strategica del Piano Locale Gap di ATS Brescia e si propone di comprendere, con un approccio dialogico-partecipato, i cambiamenti e la salute di comunità del Comune di Brescia e di Trenzano.

«Il GAP è l’esito di una situazione di disagio. Le persone cercano nella fortuna, nel caso ciò che non hanno trovato altrove, senza riconoscere la componente del rischio. Perché le persone giocano? Come possiamo intercettare tali comportamenti prima che gli individui perdano tutto? Cosa manca a livello di rete sociale per ovviare alla condizione di solitudine che spesso fa da teatro a questo fenomeno?» spiega la prof.ssa Marta.

Per capirlo, lei e il suo team lo hanno chiesto a un’ottantina di persone - sindacati, esercenti di sale da gioco, parrocchie, farmacisti, medici, impiegati di banca, gli stessi giocatori e le loro famiglie, oltre a operatori, coordinatori e responsabili delle varie istituzioni che si occupano attivamente del tema.

«Non si può trattare correttamente il tema se lo si considera avulso dal contesto geografico e sociale. È fondamentale conoscere le opinioni dei cittadini in merito alla qualità della vita del territorio in cui risiedono, comprendere se per loro il territorio rappresenta un contesto di benessere e crescita o di difficoltà e progettare interventi alla luce dei bisogni espressi» specifica infatti la prof.ssa Marta.

Per questo oggi la ricerca punta un coinvolgimento più ampio (obiettivo: 5-800 unità entro l’estate), rivolgendosi ai cittadini del territorio, invitati a partecipare alla ricerca compilando il questionario a questo link.

Allo stato attuale lo scenario appare spaccato in due con «da una parte operatori e addetti al settore in possesso degli strumenti per riconoscere i segnali tipici che accompagnano il fenomeno, dall’altro i cittadini, gli amministratori locali o i portatori di interesse che spesso faticano a comprendere gli indicatori» chiariscono Diletta Gazzaroli e Carlo Pistoni, ricercatori della facoltà di Psicologia, nel team di ricerca.

Un articolo di

Bianca Martinelli

Bianca Martinelli

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