«Ho avuto vari mentor, in diversi momenti della mia vita e della mia carriera professionale. Il mio primo è stato don Oreste Benzi dal quale ho imparato l’importanza del cosiddetto metodo di lavoro. Metodo è una parola greca, ‘méthodos’ che significa ‘la via che conduce alla scoperta della verità’, come a dire: se cerchi la verità, scientifica o di altro tipo, devi avere un metodo. Questa è una lezione che oggi i giovani stanno perdendo. Il metodo è come la strada, il sentiero che devi percorrere se vuoi arrivare in cima alla montagna» apre così il suo intervento Stefano Zamagni, Alumno dell’Università Cattolica, economista, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali e ospite d’eccezione di ‘How to be a Great Mentor’, appuntamento dedicato a tutti i professionisti del progetto di mentorship My Mentor Cattolica del campus di Piacenza.
La seconda esperienza di mentorship Zamagni la lega al Collegio Augustinianum. «Dopo il diploma, scelsi di studiare in Cattolica a Milano e venni ammesso al Collegio Augustinianum. Fu il direttore del collegio, mio mentor, che mi trasmise la cosiddetta ‘Etica delle virtù’, cioè quella particolare matrice, che risale ad Aristotele, che consiste sostanzialmente nel praticare le virtù in vista delle sfide successive. Per decenni questa etica è passata in secondo piano rispetto all’etica utilitaristica. Virtù come il coraggio, la prudenza, la temperanza, la costanza...vanno praticate ed è chiaro che per praticarle e necessario fare esercizio. Oggi, invece, si tende a privilegiare la logica utilitaristica, per cui prevale quello che serve e quello che è utile. È necessario, invece, praticare le virtù ed esercitare quel muscolo morale che ci consentirà poi di vincere le nostre sfide».
Dopo la laurea Zamagni ha proseguito gli studi economici ad Oxford e lì ha trovato un mentor in John Hicks (1904-1989), Premio Nobel per l'Economia, suo supervisore dal punto di vista tecnico e accademico, ma dal quale ha imparato ad apprezzare Dante. «Lui, inglese, conosceva la Divina Commedia a memoria in italiano. John mi ha aiutato ad apprezzare di più le radici della nostra cultura italiana e del nostro ben vivere».
Il professore ha poi sottolineato l’importanza della Mentorship: «Complimenti per il vostro progetto pionieristico, mi auguro che altri professionisti vogliano seguire il vostro esempio. Oggi i giovani sono bravissimi nei problemi di scelta (cioè nello scegliere fra diverse alternative di cui si conoscono tutte le caratteristiche, applicando il criterio della razionalità), ma sono un disastro nelle scelte di decisione, cioè quando si è chiamati a prendere delle decisioni senza aver chiare tutte le opzioni/caratteristiche. Ecco allora qual è la funzione della mentorship oggi, cioè quella di fornire ai giovani un aiuto specifico, una vera e propria bussola nell’affrontare i problemi di decisione».
Il professore si è poi soffermato sulle sfide attuali imposte dalla pandemia. «Quanto accaduto mette in evidenza come, nonostante gli aumenti notevoli sul fronte del reddito, della ricchezza, della stessa produttività, il nostro sistema economico e sociale si sia rivelato particolarmente debole, vulnerabile. Per correggere questa vulnerabilità e per prepararci a possibili ulteriori eventi simili a questa pandemia, è necessario aumentare la capacità di resistenza, cioè aumentare la resilienza del nostro sistema trasformandolo, sia del punto di vista istituzionale, sia in senso giuridico, che in senso economico».
Per fare questo, secondo Zamagni, è necessario in primo luogo modificare il modello di welfare, ormai non più sostenibile, per passare dal welfare state alla welfare community, per poi trasformare i sistemi scolastici e universitari per orientarli alla conazione, cioè alla conoscenza e all’azione: la conoscenza deve essere messa al servizio dell’azione e l'azione non può essere eseguita se non su una base di conoscenza. L’ultima trasformazione necessaria è quella che riguarda la democrazia. «Nel momento in cui il mercato governa le grandi scelte in ambito politico, si capisce immediatamente che questo porta ad una concentrazione di potere. I mercati, da competitivi si trasformano in mercati oligopolisti, con le conseguenze che ormai non elenco perché sono note. È allora necessario trasformare i mercati per riportarli a servizio della democrazia e alla ricerca del bene comune».