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Pnrr, Anelli: «La sfida dell'Università è educare al senso critico»

25 agosto 2021

Pnrr, Anelli: «La sfida dell'Università è educare al senso critico»

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Formazione e ricerca sono la chiave per uscire definitivamente dalla crisi pandemica, ricercatori e atenei avranno un ruolo decisivo per guidare il paese verso transizione digitale ed ecologica grazie ai fondi previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza presentato dal governo italiano. Durante l’incontro “Università e Ricerca nell’epoca del cambiamento” organizzato nel corso del Meeting di Rimini e moderato dal professore di Biochimica dell’Università Milano-Bicocca Davide Prosperi sono state affrontate le sfide che il mondo accademico dovrà affrontare nei prossimi anni per costruire la società post pandemica.

Il Rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Franco Anelli, in dialogo con il rettore del Politecnico di Milano Ferruccio Resta e con il presidente del Centro Nazionale di Ricerca Maria Chiara Carrozza, pone l’attenzione sull’importanza della conoscenza per affrontare le sfide poste dalla tecnologia e dalla fine della società industriale per come siamo abituati a concepirla: «Il Coronavirus ci ha messo davanti a una drammatica carenza di conoscenza. La gente ha prima delegato il potere agli scienziati ma poi ha cominciato a ritenerli stupidi perché si contraddicevano tra loro. In realtà questo si chiama metodo scientifico ma se la società non è colta non lo può capire. Per farlo occorre essere portatori a propria volta di conoscenza».

E proprio qui si gioca il ruolo dell’Università: «Non basta formare persone dotate di skills, che pure servono, ma occorre educare persone che abbiano senso critico -sottolinea Anelli-. Dobbiamo costruire una società fatta di soggetti che avvertano una sollecitazione alla responsabilità personale e che capiscano di dover pensare qualcosa di nuovo per trovare risposte a nuove esigenze».

Ciò diventa possibile se l’originalità diventa protagonista anche dentro gli atenei: «Dobbiamo essere capaci di creare percorsi formativi nuovi che rispondano alla richiesta di duttilità, flessibilità e integrazione delle competenze richieste dal presente -afferma Anelli-. Per fare ciò le singole università devono essere capaci di collaborare tra loro, per esempio, unendo la dimensione iper-tecnologica dell’Intelligenza Artificiale con l’analisi di tipo antropologico, un aspetto che sarà decisivo per governare l’impatto sempre più drastico della tecnologia sulle nostre vite».

Se le risorse per la ricerca, grazie al PNRR, ora ci sono per Anelli il tema è quello dell’accesso ai finanziamenti: «Le università private fanno esattamente quello che fanno le università statali, l’unica differenza è che esse si sostengono attraverso le tasse degli studenti. Non ci dovrebbero essere differenziazioni per quanto riguarda il finanziamento di specifiche attività di ricerca. Un progetto di ricerca resta tale se svolto da un soggetto pubblico o privato».

Per Ferruccio Resta il Covid ha reso ancora più evidente l’importanza della ricerca: «Se oggi abbiamo più speranza nel futuro è per merito della ricerca. Il mondo dell’Università esce da uno tsunami come l’anno appena passato, in cui abbiamo dovuto garantire semestri, lauree e didattica a distanza. La sfida che aspetta i nostri atenei è quella della diversificazione. Ogni grande università ha dei punti di eccellenza, il mio consiglio è di identificare i propri punti di forza e puntare le proprie risorse su di essi, capendo che tipo di corpo docenti ha a disposizione, le tecnologie in suo possesso, i campi di ricerca in cui eccelle ma anche il territorio e le imprese che sorgono vicino».

Secondo Maria Chiara Carrozza il PNRR è una “chiamata” per i ricercatori: «In esso ci sono tutte le sfide che attraggono i giovani. Dalla transizione verde a quella digitale. Il mondo scientifico deve ancora trovare processi, metodi e materiali per affrontare questa sfida ed essa è una grandissima opportunità soprattutto per i giovani. La pandemia ci insegna che senza investimenti sulla ricerca non arrivano i risultati. Moderna ha cominciato a essere finanziata 10 anni fa e solo così ha ottenuto risultati sui vaccini. Senza competenze e laureati difficilmente sapremo rispondere alle minacce di oggi e di domani».

Un articolo di

Michele Nardi

Michele Nardi

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