Il 30 ottobre del 1961, sessanta anni fa, moriva Luigi Einaudi, che nacque nel 1874. Cioè nel secolo XIX. Eppure il suo pensiero, la sua opera e i suoi progetti rimangono tuttora validi. Intendo qui richiamare solo alcune parti del suo contributo alla costruzione della Europa federata che è tuttora in fase di edificazione anche rispetto alle innovazioni economiche e istituzionali prospettate da Einaudi. Quindi la mia trattazione sarà limitata a una parte dell’opera di Einaudi che, come tutti sanno, fu il primo governatore della Banca d’Italia dopo la seconda guerra mondiale (1945-1948) e il primo presidente della Repubblica con mandato settennale (1948-1955). Sulla sua opera di studioso e di statista ci sono tali e tante analisi e riflessioni che in un articolo ben poco si può esprimere, salvo il sentimento di ammirazione. Quello per una personalità che contribuì a rafforzare la neonata democrazia italiana attuando quello che l’art. 87 della Costituzione afferma: “Il Presidente delle Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale”, la cui declinazione si estrinseca in una serie di poteri specifici, che Einaudi esercitò esemplarmente. Quello per una personalità che seppe prefigurare con ideali e capacità progettuali l’Unione Europea che compì i primi passi con la Ceca (Comunità europea del carbone e acciaio, 1951), i primi insuccessi con la Ced (Comunità di difesa Europea,1954), i primi grandi successi con la Cee (Comunità economica europea, 1957). Certamente Einaudi fu un liberale, ma il suo rispetto per le Istituzioni non fu minore rispetto a quello per la concorrenza.
Dal 1897 per una Europa Federata
Gli scritti di Einaudi su questo tema durano almeno 60 anni con un’interruzione di circa 15 anni tra il 1925 - quando Einaudi sospende la sua collaborazione con il Corriere della Sera - e il 1940, anno in cui pubblica un articolo sul tema della pace su una rivista statunitense. Il suo primo articolo di intonazione “europeista” è del 1897 quando era ventitrenne. Molto noto è il suo rapporto con Rossi e Spinelli che al confino a Ventotene ebbero modo di leggere le Lettere politiche pubblicate tra il 1917 e il 1919 da Einaudi che ricomprendevano alcuni articoli da lui pubblicati sul Corriere della sera con lo pseudonimo di Junius. Rossi e Spinelli lessero quelle lettere e chiesero anche a Einaudi, che aveva la possibilità di corrispondere con Rossi, anche ulteriori riflessioni e testi e tra questi ricevettero quelli dell’economista e federalista inglese Lionel Robbins. Il 1° luglio 1944 Rossi manda a Einaudi una copia del Manifesto di Ventotene con questa dedica: “A Junius che, nell’ormai lontano 1918 ha seminato in Italia le prime idee federalistiche per le quali noi oggi combattiamo”