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Ragazze, non delegate la gestione dei vostri soldi

20 novembre 2024

Ragazze, non delegate la gestione dei vostri soldi

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Parlare di equità di genere non è solo una questione etica ma una necessità per il Paese. Lo ripete con grande convinzione Elena Avogadro, Executive director, responsabile Diversity, Equity & inclusion di Intesa Sanpaolo davanti alla trentina di studentesse della Facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assiciurative che sono arrivate al Museo del risparmio di Torino per partecipare a una giornata dedicata a “Gender GAP: indipendenza economica, gestione del denaro e pari opportunità'”. La proposta ideata dal Board Facoltà - Mondo del lavoro si inserisce nel progetto Women in finance, in collaborazione con il Comitato per le Pari Opportunità dell’Università Cattolica. Era presente la professoressa Elena Riva con una delegazione del Comitato, che ha portato il saluto di benvenuto e ha ricordato con quanta lungimiranza la rettrice Elena Beccalli, allora preside della Facoltà di Scienze bancarie, abbia ideato il progetto. «Un’iniziativa ambiziosa che intende formare e supportare la prossima generazione di leader femminili e che servirà a promuovere l’uguaglianza di genere. Un gap culturale che deve essere superato, anche prendendo esempio dalle donne che in passato si sono spese per ottenere i diritti di cui godiamo oggi».

Le giovani donne (i maschi hanno disertato la proposta!) accolte dalla calda atmosfera del museo dove economia, cinema e letteratura si contaminano, per tutta la mattinata hanno ascoltato le diverse relatrici, interagendo in modo interessato e costruttivo anche durante il laboratorio finale. 

Il fil rouge che ha fatto da sfondo alla giornata è «la disparità di partenza per le donne, nonostante i diritti ci dicano che siamo uguali», afferma Elena Avogadro. «Per costruire un futuro sostenibile serve il contributo di tutte le persone perché la società ha bisogno delle “differenze” (di genere, di provenienza, di età, etc). Anche in tema di business, le aziende per essere competitive devono valorizzare le diversità».

Purtroppo, il Global Gender Gap 2024 ci dice che serviranno 134 anni per avere la parità di genere e il nostro Paese si colloca all'87° posto ed è per questo che le varie componenti devono collaborare: «Serve lavorare sui bias - conclude Avogadro -  bisogna conoscere gli strumenti, fare comunicazione e le aziende, come le istituzioni, possono influenzare il conteso sociale in cui viviamo attraverso azioni mirate. La strategia di Intesa è quello di andare nelle scuole, nelle università per un’azione di sensibilizzazione utilizzando “arte e parole”». 

Un articolo di

Antonella Olivari

Antonella Olivari

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Anche dalla storia dell’Istituto bancario, custodita nell’Archivio storico, diretto da Barbara Costa, arriva uno sguardo per guardare avanti perché le donne non erano solo “signorine”. Grazie alle ricerche, sappiamo quanto sia stata dura per le donne, e ancora lo è purtroppo, conquistarsi pari diritti sul lavoro. Anche nelle banche, nonostante il diploma da ragioniera o maestra, tutte dovevano accontentarsi di lavorare come dattilografe, centraliniste o impiegate, “silenziose e ordinate”, come si legge su un cartello affisso in un ufficio.

La direttrice Costa porta l’attenzione delle studentesse a inizio Novecento dove una legge del 1927 prevedeva il licenziamento in caso di matrimonio. C’era chi, come Annamaria Bernardi, ragioniera al Banco Ambrosiano, stanca di non potersi sposare dopo un lungo fidanzamento, prova a ribellarsi chiedendo aiuto al sindacato autonomo dei bancari e al cardinale Schuster, arcivescovo di Milano. Non arriverà alcuna risposta né dalla direzione del Banco Ambrosiano né dal cardinale nonostante Annamaria sia molto ben considerata sul lavoro e abbia a suo carico un padre paralitico e una vecchia zia. Annamaria dovrà scrivere una lettera di dimissioni, costretta a rinunciare a un impiego che ama e dove era stimata solo per volersi sposare. Era l’agosto del 1954 e solo nel 1963 una legge vieterà questa ingiustizia che costringeva le donne a licenziarsi in caso di maternità.

«Ancora oggi è chiaro che è importante parlare di denaro e di educazione finanziaria per emanciparsi. Dobbiamo prendere atto che sono ancora troppe le donne che non hanno consapevolezza della gestione del denaro» afferma Giovanna Paladino, direttrice e curatrice del Museo del Risparmio, ricordando che, spesso, violenza psicologica e economica vanno di pari passo. Quando, per esempio, il partner non vuole che la sua compagna lavori e controlla in modo ossessivo le spese.


Le statistiche ci dicono che il tasso di inattività femminile in Italia è attorno al 45% e la differenza occupazionale con gli uomini è di circa 18 punti percentuali e la situazione peggiora fra le giovani donne del sud con figli, tra le quali solo il 22% lavora. In Italia le donne sono il 51% della popolazione e solo il 42% degli occupati. E qui incidono molto gli aspetti culturali, quei meccanismi che spingono le laureate a stare a casa a occuparsi della casa, dei figli e dei parenti vari. 

Le indagini condotte dal Museo del Risparmio sul rapporto tra mondo femminile e il denaro, nel corso degli ultimi cinque anni, mostrano che ben il 60% delle donne delega la gestione economica al partner e il restante 40% gestisce unicamente le spese quotidiane.

Mentre gli uomini si dichiarano interessanti ad approfondire le proprie conoscenze in materia di denaro, le donne, in larga parte, si dichiarano sostanzialmente disinteressate a saperne di più. «Peccato, perché contro la violenza economica l’arma più efficace è la consapevolezza aiutata anche dalla diffusione dell’educazione finanziaria» conclude Paladino. È fondamentale avere la consapevolezza dei propri diritti, delle proprie capacità nella gestione del denaro e di quanto l’indipendenza economica sia un elemento irrinunciabile. Ecco perché occorre agire non solo a livello legislativo ma anche, e soprattutto, educativo per aumentare quelle competenze utili a trovare un lavoro e a essere libere di scegliere e poter contribuire allo sviluppo collettivo».

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