NEWS | Giornata della Memoria

Resistere in situazioni estreme

22 gennaio 2021

Resistere in situazioni estreme

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Che cos’è, dunque, l’uomo?
Noi l’abbiamo conosciuto come forse nessun’altra generazione precedente; l’abbiamo conosciuto nel campo di concentramento, in un luogo dove veniva perduto tutto ciò che si possedeva: denaro, potere, fama, felicità; un luogo dove restava non ciò che l’uomo può “avere”, ma ciò che l’uomo deve essere; un luogo dove restava unicamente l’uomo nella sua essenza, consumato dal dolore e purificato dalla sofferenza.

Cos’è, dunque, l’uomo? Domandiamocelo ancora.
È un essere che decide sempre ciò che è.

Vicktor Frankl, medico, deportato ad Auschwitz
 
Celebrare il giorno della memoria in questo anno di pandemia, con le restrizioni, le incertezze, i lutti che hanno dominato le nostre vite, può diventare non soltanto un gesto commemorativo, ma anche un’occasione per riflettere sulle risorse psicologiche che ogni persona può attivare per affrontare le situazioni critiche della vita.
Per questo il webinar “Resistere in situazioni estreme”, promosso dalla facoltà di Scienze della formazione del campus di Piacenza e online su tutti i social dell’Università Cattolica del Sacro Cuore giovedì 28 gennaio alle ore 11, metterà al centro la testimonianza di due noti sopravvissuti alla deportazione, Primo Levi e Viktor Frankl, il primo, scrittore, famoso per il libro Se questo è un uomo, l’altro, medico, autore del best seller Uno psicologo nei lager. La formula dell’incontro prevede la lettura di alcuni testi dei due autori, a cura di Alessandro Bolognesi e Francesca Bassoli, studenti della Facoltà di Scienze della formazione piacentina, commentati da Daniele Bruzzone e Caterina Frustagli.

Due esperienze note quelle di Levi e Frankl, che emblematicamente mostrano i modi diversi di affrontare due situazioni estreme: entrambi sono sopravvissuti, entrambi hanno resistito, ma sono stati dentro queste situazioni in maniere diverse e con esiti diversi.

«Due testimoni che ci parlano non tanto delle cose che accadevano esternamente nel lager, ma che si concentrano su ciò che accadeva interiormente agli internati, offendo un punto di vista psicologico dell’esperienza di chi vive una situazione estrema» sottolinea il prof. Daniele Bruzzone, docente di pedagogia e promotore dell’iniziativa.

Progressivamente lungo il racconto, queste due esperienze si divaricano. «Mentre all’inizio le esperienze sono sovrapponibili, perché raccontano tutti gli elementi che accomunano i deportati (il treno, l’approdo, il binario, il tatuaggio, la spoliazione), successivamente le narrazioni si diversificano:  Primo Levi va verso una perdita della speranza, della prospettiva futura e arriva al momento della liberazione senza neppure la forza di alzarsi, svuotato -spiega Bruzzone-. Frankl inizia invece presto ad attivare delle energie, ad aggrapparsi a quelle risorse che tengono vive in lui la speranza, la prospettiva futura, il desiderio di ricongiungersi alle persone che ama, sviluppando la capacità di distaccarsi da ciò che accade intorno a lui, per preservare la propria interiorità. Frankl va verso una resilienza, al punto che, alla fine, il suo atteggiamento è quasi di gratitudine al destino, non tanto per avergli procurato quella grande sofferenza, ma perché gli ha risparmiato la vita».

C’è un perché che pervade entrambe le situazioni: per Levi è stato un perché rispetto all’esistenza del male, una domanda che lo ha accompagnato per tutta la vita e alla quale non c’è, di fatto, una risposta, è il grande enigma. Per Frankl il perché è completamente ribaltato “non è più il perché di ciò che è accaduto, ma il perché di ciò che accadrà. È un chiedersi che cosa fare della propria vita, una vita che gli è stata risparmiata. È una domanda che diventa paradossalmente una rinascita».

Due racconti che sembrano essere perfettamente coincidenti, ma che pian piano assumono due direzioni diverse: il primo resta intrappolato in questa esperienza del male assoluto anche dopo a liberazione, il secondo trova, ancora prigioniero, delle strategie dentro di sé per stare in quella situazione estrema senza perdere la libertà interiore e quindi la speranza e l’amore per la vita nonostante tutto.

 

Un articolo di

Sabrina Cliti

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