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Ricerca clinica in Italia rilevante, ma la burocrazia rischia di frenare crescita

19 dicembre 2022

Ricerca clinica in Italia rilevante, ma la burocrazia rischia di frenare crescita

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L'Italia si conferma un Paese "con notevoli potenzialità per la ricerca clinica". Il nostro sistema ha resistito alla pandemia ("seppure con significative variabilità tra aree terapeutiche") e gli investimenti delle aziende continuano a rappresentare un fattore molto importante per il Servizio sanitario nazionale. Resta però il "fattore frenante" della burocrazia, in particolare sulla razionalizzazione del numero dei comitati etici e la normativa sulla privacy. È quanto emerso dal secondo Report Annuale del Laboratorio sul Management delle Sperimentazioni Cliniche di Altems, Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi SanitariFacoltà di Economia dell'Università Cattolica, campus di Roma.

Il Report, illustrato dal direttore del Laboratorio, Luca Angerame, mette in evidenza i risultati della ricerca Averted Costs 2021, sulla stima dei costi evitati dal SSN per i farmaci forniti dagli sponsor negli studi clinici da loro promossi, basata su un database di studi clinici ampliato, che ora censisce 923 studi (erano 612 nell’edizione 2020, +50%), di cui 870 Profit e 53 Non Profit, per il quadriennio 2017-2020. Questo lo rende il database più ampio disponibile in Italia dedicato al tema degli Averted Costs. Nel periodo 2017-2020, su un totale di quasi 314 milioni di euro rilevati come investimento diretto, sono stati misurati più di 623 milioni di investimento Indiretto, con un effetto leva pari a 2,95. Questo indica che per ogni euro investito erogato dalle aziende sponsor per studi clinici, il SSN realizza un vantaggio complessivo di quasi 3 euro. Tali risultati consolidano i risultati della ricerca 2020 (che aveva rilevato un effetto leva di 2,77), che aveva già amplificato i risultati di precedenti lavori sul tema (effetto leva 2,2) e indicano grandezze di rilievo macroeconomico, che confermano l’assoluta rilevanza del settore della ricerca clinica per il sistema italiano e il fondamentale contributo delle aziende farmaceutiche operanti in Italia.

Nel Report è analizzato anche l’Indicatore sullo Stato del Settore attraverso le prospettive e il sentiment degli operatori. «L’obiettivo - ha spiegato Americo Cicchetti, direttore di Altems - è stato quello di costituire uno strumento di interlocuzione tra e con tutti gli attori in gioco in questo importante asset del sistema Paese. In questo modo vogliamo sviluppare la capacità manageriale dei centri di ricerca, che hanno la possibilità di migliorare la loro struttura organizzativa».

L'indicatore è basato su un questionario online di 60 domande, di cui 50 a risposta chiusa e 10 a risposta aperta, articolate per misurare diverse prospettive del settore, tra cui le aspettative degli operatori, i trend in atto e la competitività del sistema Italia. Il questionario è sottoposto ogni 9 mesi circa a un Panel di 198 esperti, operanti sia nel settore privato sia in quello pubblico, rappresentativo del settore della ricerca clinica italiana. L’Indicatore può assumere un valore compreso tra -100 e +100, dove il limite inferiore indica un atteggiamento del panel massimamente pessimista, mentre il limite superiore indica un atteggiamento massimamente ottimista. Un valore intorno allo zero indica un atteggiamento neutrale. In questa prima rilevazione, l’Indicatore totale è risultato pari a -6,5, indicando un atteggiamento complessivo equilibrato, anche se leggermente pessimista.

Secondo Marcello Cattani, presidente di Farmindustria, «gli studi clinici sono fondamentali perché permettono di curare i cittadini con farmaci innovativi. E perché consentono significativi benefici economici per il nostro Servizio Sanitario Nazionale. L'auspicio è che per il nuovo Regolamento europeo arrivino presto i decreti attuativi e vengano pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale per non “bucare” la data ultima del 31 gennaio». Cattani ha sottolineato che il nuovo Regolamento europeo «se sarà effettivamente operativo porterà l'uniformità e l'omogeneizzazione dell'approccio nel metodo delle sperimentazioni, con uno snellimento delle procedure e dei tempi, con un primo step della riduzione dei comitati etici delle Regioni per renderli più efficaci nel gestire i trial clinici. Altrimenti il rischio è quello di perdere ulteriore terreno e non essere più competitivi rispetto ad altri Paesi che si sono preparati meglio e più velocemente di noi».

Un articolo di

Alessandro Melia

Alessandro Melia

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