I molti narratori di Francesco hanno esplorato a fondo la sua predilezione per la povertà, una scelta radicale, che egli impose anche ai confratelli e che forse nasceva da un’ossessione contraria, quella per la ricchezza e il denaro, alla quale aveva ceduto nella giovinezza. Ci si è soffermati, invece, molto meno sull’altra tentazione alla quale dovette resistere, quella per il successo. «Francesco – ha spiegato Scifoni – fu una trascinatore di folle», in un’epoca senza tv, social, internet «era una vera e propria pop star, migliaia di persone venivano ad ascoltare le sue prediche», la sua capacità di parlare anche con i gesti, «lo rese una delle persone più famose del suo tempo». Tutta questa popolarità lo costrinse a fare i conti con il proprio ego e, alla fine della sua vita, quando entrò in contrasto con i suoi confratelli, fu capace di «un atto straordinario», «commovente»: «si dimise dall’ordine che aveva fondato», rinunciando in un certo senso alla sua opera. «Questo aspetto, la fama, e il modo che trovò Francesco per superarla, mi ha messo in crisi, perché io sono un attore e come tutti gli attori vivo per il mio pubblico», ha detto Scifoni che ha confessato, ironizzando, di stare male quando gli autori gli comunicano che dovrà uscire di scena perché il personaggio della serie televisiva che sta interpretando, muore.
Ma, ovviamente, in un’epoca ossessionata dai like e dal numero di follower, il discorso sulla fama non riguarda solo gli uomini di spettacolo. Ecco perché questa è diventata anche la chiave di lettura per avvicinare un personaggio del medioevo, al nostro mondo. Un modo, insomma, per far parlare Francesco a noi.
L’altro espediente è la risata. Nello spettacolo, infatti si ride molto, ha assicurato Scifoni. Ma si può usare il registro comico facendo teatro sacro? «Si può ridere dei santi, senza mancare loro di rispetto?», ha chiesto Angela Calvini.
«La linea è sottile: si può restare in equilibrio se si ride non di loro ma con loro, delle loro e nostre contraddizioni. In fondo io non faccio altro che mettere il piede in un paradosso nel quale inciampo io stesso. La sincerità con cui cerco di rappresentarlo sul palco non offende nessuno, né il credente né il non credente» ha risposto l’attore.
Dopo il San Francesco di Scifoni, sempre al Carcano andrà in scena (dal 24 al 28 gennaio), dopo essere stato al Piccolo, un altro spettacolo dedicato al santo, “Rumba. L'asino e il bue del presepe di San Francesco nel parcheggio del supermercato” di e con Ascanio Celestini. «Due spettacoli molto diversi», ha sottolineato Paolo Dalla Sega, a dimostrazione della vitalità di questa figura che ad otto secoli di distanza, è capace di ispirare artisti e mezzi espressivi differenti, dal cinema, al teatro, alla danza e anche iniziative singolari, come una delle ultime proposte del comitato nazionale Greccio 2023: la riapertura degli antichi forni comunitari nel territorio di Rieti per la produzione di pane da destinare alle mense dei poveri.