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Se la grande distribuzione diventa un campione della sostenibilità

26 febbraio 2021

Se la grande distribuzione diventa un campione della sostenibilità

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Anche la Grande distribuzione organizzata può contribuire allo sviluppo sostenibile dell’intera filiera agroalimentare. Lo dimostra un’indagine condotta dall’Alta Scuola Impresa e Società dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (Altis) su un campione di 27 insegne appartenenti ai maggiori Gruppi italiani che operano nella distribuzione alimentare al dettaglio (in base alle rilevazioni Nielsen, queste insegne rappresentano oltre il 97% della Gdo alimentare italiana) e presentata mercoledì 24 febbraio nel corso del webinar “Gdo e agroalimentare: partnership virtuose per una filiera sostenibile” promosso da Altis nell’ambito del ciclo di incontri su “Innovazione e sostenibilità”.

Secondo la ricerca intitolata “Il ruolo della Gdo nello sviluppo sostenibile della filiera agroalimentare: analisi e prospettive”, il 33% delle aziende messe sotto la lente considera il valore della sostenibilità un driver di crescita e, pertanto, adotta buone pratiche sostenibili. Tra gli ambiti di impegno, figurano riduzione degli impatti ambientali (77%), iniziative di solidarietà e di presenza sul territorio nei quali sono collocati i punti vendita (63%), innovazione e sostenibilità (52%), qualità dei prodotti e sicurezza dei clienti (48%), gestione responsabile delle persone e delle risorse umane (48%).

Anche la comunicazione diventa più strategica. Il 67% delle imprese comunica la sostenibilità innanzitutto tramite il sito internet, mentre è in crescita il numero di azienda che pubblica Bilanci di sostenibilità (+23% del 2018-2019 sul 2017). Tuttavia, spesso la comunicazione privilegia alcune dimensioni, come i prodotti ecosostenibili o le iniziative rivolte alla comunità, a discapito di altre per le quali non sono presenti informazioni. Quindi c'è ancora spazio di miglioramento.

«L’attenzione alla sostenibilità nella Gdo produce ricadute positive su tutta la catena del valore», spiega la docente di Economia aziendale dell’Università Cattolica Stella Gubelli, che ha curato l’indagine. «Per esempio, influenza positivamente i processi di produzione, trasformazione e distribuzione e porta le filiere a considerare gli impatti generati verso tutti gli stakeholder, tra cui dipendenti, fornitori, consumatori, comunità». Inoltre, con l’intento di rispondere alle crescenti istanze dei consumatori anche i prodotti diventano più sostenibili in termini di packaging, qualità, sicurezza e territorialità tanto nei partner per i prodotti a Marca del Distributore come in tutto il sistema produttivo. Inoltre, relazionandosi direttamente con i consumatori, le aziende del retail rendono più accessibile e diffuso l’acquisto e il consumo responsabile». Insomma, grazie al rilevante potere contrattuale delle sue imprese e alla posizione intermedia tra produttori e consumatori, la Gdo può diventare un vero e proprio “sustainability trigger”.

Dando uno sguardo più dettagliato all’indagine risulta che le aziende della Gdo adottano approcci diversi ai principi della sostenibilità. C’è infatti un primo polo composto da aziende che sono consapevoli del valore della sostenibilità quale driver di crescita e di comunicazione efficace e sono a uno stadio avanzato di integrazione (33% sistematico e 11% innovativo). Un altro polo è poi composto da aziende che, al contrario, vedono la sostenibilità in modo tradizionale, principalmente in termini di compliance, sono poco orientate alla comunicazione dei risultati e si relazionano in modo unilaterale con gli stakeholder (19% informale e 15% non classificabile). Tra questi due poli si pone il restante 22%, composto da aziende pronte a fare il passo per una gestione più consapevole degli impatti sociali e ambientali e con una configurazione più fluida nella comunicazione della sostenibilità.  

L’indagine mostra un rassicurante trend di crescita nel ricorso a strumenti di rendicontazione non finanziaria, che misura e racconta le performance socio-ambientali. Il 48% delle aziende del campione ha pubblicato un Bilancio di Sostenibilità nel biennio 2018-2019, con una crescita del 23% rispetto all’anno precedente (2017). Il 33% ha formalizzato un piano strategico di sostenibilità, dichiarato esplicitamente nelle pagine del bilancio o del sito. Inoltre, il 46% delle aziende che pubblica il bilancio, e che ha formalizzato una strategia di sostenibilità, associa ai propri obiettivi i target degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals – SDG). Gli Obiettivi maggiormente richiamati dalle aziende nelle proprie strategie sono il 2 (Porre fine alla fame), il 3 (Salute e benessere), l’8 (Sviluppo sostenibile), il 12 (Produzione e consumo responsabili) e il 13 (Lotta contro il cambiamento climatico).

Se pur con approcci diversi, dunque, le aziende del settore hanno colto l’importanza di intraprendere un percorso di sostenibilità, in un quadro complessivamente positivo, emerge però una discrepanza fra le azioni intraprese e la loro valorizzazione attraverso iniziative di comunicazione ad hoc. Il 56% delle aziende del campione non comunica nulla o pubblica poche informazioni sul proprio approccio alla sostenibilità, trascurando così i potenziali benefici a livello di miglioramento di immagine e aumento di competitività.

 

Un articolo di

Redazione

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