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Sempre più smart: nell'Annuario 2022 immagini dalla tv del futuro

19 dicembre 2022

Sempre più smart: nell'Annuario 2022 immagini dalla tv del futuro

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L’Annuario della Televisione è come una mappa. Ma diversamente da altre, questa pubblicazione oltre a rappresentare lo stato dell’arte dell’industria audiovisiva offre anche spunti per provare a capire in che direzione andrà. Nelle sue pagine si approfondisce come la convergenza sempre più stretta tra Tv e internet, la pandemia o la diffusione delle piattaforme stanno modificano il rapporto delle persone con questo strumento e, di conseguenza, anche i modelli di produzione dei contenuti e di misurazione dell’audience. Venerdì 16 dicembre il risultato è stato presentato in Università Cattolica del Sacro Cuore in un seminario con del senatore Alberto Barachini, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega all’Informazione e all’Editoria, e di Anna Herold, capo unità della Direzione generale delle Reti di comunicazione, dei contenuti e delle tecnologie della Commissione Europea. Assieme al professor Massimo Scaglioni, direttore del centro di ricerca, sono intervenuti il Pro-Rettore, delegato alle attività di comunicazione dell'Ateneo Fausto Colombo e il professore Aldo Grasso, fondatore del CeRTA. Di seguito le principali novità dell'Annuario 2022


Come già è accaduto per il primo Annuario della TV, pubblicato nel 2021 col significativo titolo “La televisione nella pandemia” (Carocci), questo secondo Annuario, che si riferisce alla stagione 2021-22, è un ricchissimo strumento per comprendere cosa sia successo - e cosa succederà - nella principale industria mediale nazionale, quella che sinteticamente possiamo oggi definire “dell’audiovisivo” ovvero, oggi, del broadcasting e dello streaming). Il volume realizzato quest’anno si intitola "Total TV. Intrattenimento, fiction, informazione e sport fra broadcasting e streaming". Titolo e sottotitolo evidenziano bene la mescolanza di continuità e discontinuità che caratterizza questa nuova “Total TV”: una televisione – e un’industria degli audiovisivi – che si articola ormai stabilmente fra forme di offerta, distribuzione e consumo lineari e non lineari.

La “Total TV” ha un oggetto che la identifica, e che sta facendo il suo ingresso sempre più massiccio nelle case degli italiani, come evidenziato in questi anni dai rapporti Auditel-Censis: è la SmartTv, o “televisione connessa”, che ha rinnovato il parco dei device nelle case di una platea sempre più vasta di famiglie. La SmartTv non è solamente un nuovo televisore: la televisione, grazie alla connessione alla rete, si proietta in un uno scenario d’offerta fortemente modificato, nel quale convivono contenuti audiovisivi da fonti diverse, fruibili in modi altrettanto variegati.

Il progetto di un Annuario della TV non si esaurisce in una pubblicazione. È piuttosto una piattaforma aperta per la misurazione dell’industria audiovisiva nel corso di una stagione o anno: questo ambizioso obiettivo è raggiunto grazie alla preziosissima collaborazione che, nel corso degli anni, il CeRTA, il Centro di Ricerca sulla Televisione e gli Audiovisivi dell’Università Cattolica di Milano, ha intessuto con i partner più rilevanti nella misurazione di specifici aspetti dell’industria (mercato, produzione, consumi): Auditel, APA (Associazione italiana dei Produttori Audiovisivi), Sensemakers e Comescore, Nielsen, eMedia, che sono i partner di questo Annuario 2022.

 

L’Annuario disegna uno strumento in grado di definire un terreno comune di analisi tanto degli aspetti di produzione e offerta dei contenuti (con un particolare attenzione ai contenuti scripted, di intrattenimento, e unscripted, di fiction, ma anche un focus su generi come News, Sport e Kids) quanto di quelli, oggi estremamente dinamici ed evoluti, relativi ai consumi lineari, alla Total Audience, alla Social TV.

Per quanto riguarda le dinamiche di produzione e offerta, il CeRTA ha sviluppato negli anni, in particolare in collaborazione con APA, un dataset composto da circa 18mila ore di contenuto TV e streaming per ogni Annualità, monitorando 35 reti e 6 servizi OTT (che sono le realtà attive nella produzione originale di contenuto scripted e unscripted), a partire da oltre 40 items relativi per esempio a: generi e sottogeneri, società di produzione, distributori (sia nell’area dei broadcaster che degli streamer), format, formati, pezzature, location rappresentate, tendenze di consumo e altro ancora.

C’è poi il lato relativo alla evoluzione dei consumi. Le metriche relative alla misurazione dei consumi, quelle sviluppate ormai da oltre tre anni da Auditel, puntano chiaramente verso la Total Audience, che dà conto di un sistema dei media nel quale le dinamiche di convergenza sono sempre più evidenti.

Da questo punto di vista possiamo dividere il mondo della misurazione dei consumi in due. Da un lato c’è il mondo degli editori tradizionali, broadcaster in primis, che aderiscono, grazie al modello della misurazione dei JIC e di Auditel in particolare, a un mandato di trasparenza, che in questi due anni gli Annuari sono stati in grado di tracciare. Grazie a questa trasparenza è stato possibile misurare alcuni fenomeni che hanno caratterizzato queste annualità. Per esempio l’enorme crescita dei consumi lineari nei mesi e negli anni segnati dalla pandemia, a segnalare l’essenzialità della televisione in ottica di bene pubblico; o, sempre negli anni della pandemia, la crescita rilevante dei consumi cosiddetti in Total Audience, ovvero avvenuti tramite device connessi in rete, consumi cresciuti fra il 2020 e il 2021 del 68% in termini di tempo speso. L’altro lato del mondo è quello caratterizzato ancora dalla permanenza di diversi «coni d’ombra» che contrassegnano le dinamiche di consumo delle piattaforme OTT, rispetto alle quali l’individuazione di metriche condivise e trasparenti resta un traguardo da raggiungere.

 

Alcuni risultati da evidenziare

Dopo la pandemia: ritorno alla normalità (?)

La televisione è stata il più evidente “sismografo della crisi”, con la fruizione di televisione lineare cresciuta in maniera abnorme, in particolare fra marzo e aprile 2020 (30,5 milioni di persone compongono la platea nel prime time, 14 milioni nell’intero giorno) e fra gennaio e marzo 2021 (una platea di 27,5 milioni di persone a marzo 2021, per 11,5 milioni nell’intero giorno). Nel 2020 i contatti quotidiani (reach: ovvero persone che hanno visto almeno un minuto di Tv) col mezzo hanno toccato i 43 milioni, con una crescita di oltre un milione di persone rispetto all’anno precedente. Nel 2021 i contatti sono rimasti molto elevati (41,4 milioni), per iniziare a diradarsi solo dopo l’estate, e negli ultimi mesi dell’anno.

Ritorno alla normalità dunque, nel 2022? Solamente in parte.

Quelli della pandemia sono stati, senza dubbio, anni di accelerazione nel cambiamento. Molte delle condizioni del sistema mediale e audiovisivo sono mutate, e con esse le abitudini di una parte consistente di cittadini. È dunque sotto la superficie di questo “assestamento post-pandemico”, di questo apparente ritorno allo status quo ante, che vanno ricercati i segnali di un equilibrio per molti versi nuovo. Vediamone alcuni.

Il peso crescente delle SmartTV (o Tv connesse)

Il dato che da il segno più forte all’anno 2022 è senza dubbio la crescita della presenza delle Smart TV nelle abitazioni degli italiani. Le TV connesse in Rete crescono sia in termini assoluti sia in percentuale rispetto al numero degli schermi presenti nelle case degli italiani. Alla fine di questa annualità 2021-22 infatti, sono 17.148.000 le televisioni Smart o connesse con dispositivi esterni presenti in Italia. Il dato è fortemente in crescita, anche se confrontato con quello del 2021 quando le connected Tv erano 15,3 milioni. Le case degli italiani sono sature di schermi, e molti di questi, connessi alla Rete, consento di navigare e di accedere a contenuti audiovisivi. Il dato delle Smart Tv è quello che vede la crescita più consistente, con un totale dei televisori che resta sostanzialmente stabile (quasi 43 milioni). Se il numero di computer fissi o portatili connessi in Rete nelle abitazioni resta sostanzialmente invariato, decresce invece il dato degli Smartphone (47,5 milioni), che restano però gli schermi più diffusi in assoluto fra gli italiani.

La crescita delle connected è certamente il segno più evidente dell’anno: con l’avvicinarsi del cosiddetto “secondo swicth off”, previsto per il 2023, il ricambio di device porta progressivamente alla crescita del numero di famiglie che possono accedere ai diversi contenuti di una Smart TV (canali televisivi tradizionali, piattaforme di streaming, app e contenuti in Rete), con una conseguente trasformazione anche delle pratiche e delle abitudini di fruizione.

 

 

Il peso crescente dei contenuti Svod

Il mondo dei contenuti audiovisivo post-pandemia risulta piuttosto diverso da quello che l’ha preceduta. Se l’offerta degli attori e delle piattaforme internazionali è composta soprattutto da contenuto originale non nazionale (prevalentemente americano, ma non solo), e da library sconfinate, la crescita di contenuto originale italiano è una realtà, sebbene ancora piuttosto limitata e disomogenea. È soprattutto il prodotto scripted, e la serialità di media durata (limited series) a crescere di più. Quest’anno si registra un incremento del 20% nei titoli seriali commissionati dalle piattaforme Svod, con Amazon Prime Video che raddoppia (+100%), Netflix che vede crescere i suoi titoli del 50% e Disney+ che esordisce con la sua prima serie. Sebbene in maniera ancora piuttosto limitata, le Svod globali stanno anche diversificando il proprio impegno produttivo in generi diversi, in tutta l’area dell’unscripted.

La crescita dell’impegno produttivo nel comparto delle fiction, in particolare da parte delle piattaforme, si rende evidente dalla crescita degli investimenti in commissioning di prodotto scripted, come rilevato nell’Anuario dall’analisi sviluppata da eMedia (per APA).

 

L’intrattenimento (unscripted) “resiliente”

Nella stagione 2021-22 la produzione di intrattenimento (uscripted) si orienta verso una maggiore snellezza: un “intrattenimento intensivo”, più che estensivo, ovvero con un numero di titoli in crescita a fronte di ore complessive in (pur lieve) decrescita. Da sottolineare la crescita del perimetro delle reti commissioner di prodotto unscripted: si tratta di 35 reti (mentre restano sei i servizi Ott che producono contenuto originale di intrattenimento nel nostro Paese).

Il numero dei contenuti complessivi prodotti in questa annualità è cresciuto del 20% per quanto riguarda le reti lineari tradizionali e del 18% per quanto riguarda le piattaforme di streaming. Un intrattenimento più snello, in termini di durata e di formati, poiché le ore complessive si fermano, quest’anno, a 16.253 (contenuti uscripted first run), quasi un terzo dell’emesso complessivo del genere (ovvero includendo anche le repliche).

I broadcaster producono più intrattenimento in house

Un dato da sottolineare riguarda il rapporto fra produzione interna ai broadcaster e quella realizzata col concorso di società di produzione indipendenti. Se guardiamo alle sole reti lineari, il rapporto “esterna/interna” resta a vantaggio della prima (il 54% dei titoli unscripted sono realizzati col concorso di una casa di produzione, contro il 46% di contenuti a produzione in house da parte dei broadcaster). Un rapporto che però si è modificato in modo consistente rispetto alla stagione precedente, quando i titoli realizzati da società indipendenti erano il 61% del totale. Se guardiamo ai titoli prodotti questi, come si è detto, sono cresciuti in generale rispetto alla stagione precedente (2020-21), ma in maniera più consistente per la produzione in house (+44 rispetto all’annualità precedente) rispetto alla produzione indipendente (+54%).

Sebbene in maniera meno rilevante rispetto alla fiction, crescono titoli e ore di intrattenimento prodotti dalle piatteforme. In particolare, rispetto alle stagioni precedenti, triplicano i titoli unscripted degli Svod globali (come Prime Video e Netflix), sebbene ovviamente i volumi sono ancora relativamente limitati rispetto ai contenuti realizzati per le reti lineari (vedi grafico sopra).

Meno ricorso ai format internazionali nell’intrattenimento

Se in passato si era assistito a una maggiore dinamicità negli adattamenti nazionali da format, in questa annualità il ricorso ai format sembra più statico, con una lieve decrescita in termini di titoli (dall’8% al 6% dell’intera offerta unscripted), e il ritorno di prodotti confermati, storici e qualche “ritorno dal passato” (come nel caso di Pechino Express, che pure cambia destinazione, da Rai a Sky). Sempre più residuali sono invece i prodotti italiani divenuti format in virtù di una vendita internazionale: l’1% dei titoli dell’intrattenimento, per altro contenuti consolidati dall’uso decennale e oltre.

Quest’ultimo segnale, che si conferma da anni, mostra probabilmente il lato più conservativo e poco attento all’innovazione della nostra industria audiovisiva, specie nell’area dell’unscripted.

Dal punto di vista dei generi, col 43% degli adattamenti da format internazionali, la macro-area TRD (Talent, Realaity, Dating) resta quella che presenta il maggior numero di titoli.

Innovazione “raffreddata” nell’uscripted

Rispetto alle stagioni precedenti, il comparto dell’intrattenimento sembra meno propenso all’innovazione di prodotto. Se è vero che il 57% dei titoli nell’anno sono novità, questi hanno pezzature limitate, e pesano poco sulle ore complessive (15% del totale). Il ricambio c’è dunque, inevitabilmente, su titoli one shot, in particolare nell’area del documentario (docu-reality, documental e docu-serie), mentre s’innesta poco su contenuti potenzialmente ripetibili. I tentativi di rinnovamento del prodotto in generi di intrattenimento si sono scontrati con risultati spesso poco lusinghieri in termini di ascolto, e hanno spesso indotto i broadcaster ad abbandonare i progetti, chiuderli in anticipo, puntare sull’ “usato sicuro”.

In questo quadro tutto sommato piuttosto statico, gli elementi innovativi sono dati dal citato maggior dinamismo dei servizi di streaming, e in particolare degli Svod globali, ma anche di Rai che incrementa (+100%) i propri prodotti originali di intrattenimento e unscripted per RaiPlay; dalla particolare vivacità di alcuni generi, come per esempio il documentario (che diventa un genere praticato anche dalle reti generaliste), il game e il magazine (che “colonizzano” anche i palinsesti delle reti multichannel e le library delle piattaforme); dal costante valore della produzione originale unscripted, che finisce per impreziosire soprattutto le fasce del prime time, del preserale e dell’access prime time, con contenuti più frequentemente realizzati col concorso dei produttori indipendenti; dalla maggiore internazionalità del tessuto delle case di produzione attive nell’unscripted, con un consolidamento, in termini di titoli prodotti, di mega-indie consolidate sul territorio nazionale (Banijay, che controlla anche EndemolShine e Fremantle) ma anche di “campioni nazionali” (Stand by me, Ballandi, Fascino) e “nuovi entranti” (Blu Yazmine, Casta Diva…).

Sempre più familiarità degli italiani al consumo in streaming

Gli italiani passano sempre più tempo a consumare contenuti in streaming: il dato si evidenzia analizzando il tempo speso nelle stagioni 2019-20, 2020-21 e 2021-22 in Total audience (ricordiamo, si tratta del dato si consumo di contenuti in streaming degli editori rilevati da Auditel, escludendo quindi per ora gli Svod globali). In poco più di due anni, il tempo speso consumando contenuti audiovisivi e di origine televisiva in streaming è quasi raddoppiato, passando da 472 milioni di ore (2019-20) a 843 milioni di ore (2021-22).

Un articolo di

Massimo Scaglioni

Massimo Scaglioni

Direttore CeRTA

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