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Sexting, più responsabilità e senso critico

04 febbraio 2020

Sexting, più responsabilità e senso critico

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Il sexting, dall’unione dei termini sex e texting, è l’invio di testi o immagini a sfondo sessuale tramite dispositivi digitali, una manifestazione sempre più diffusa tra i giovanissimi. Abbiamo chiesto ad Alessandra Carenzio, Ricercatore di Didattica e Simona Ferrari, Professore Associato di Didattica e coordinatore del CREMIT (Centro di ricerca sull’educazione ai media, all’innovazione e alla tecnologia) di spiegarci il fenomeno e come l’educazione digitale può rafforzare responsabilità e senso critico nei ragazzi per evitare loro alcuni rischi.

Che cos'è il sexting e come è cambiato con la pandemia?

Il sexting indica la condivisione di materiali a sfondo sessuale, tramite dispositivi digitali (è infatti l’unione dei termini “sex” e “texting”). Si tratta di immagini, audio, video e chat che garantiscono uno scambio di contenuti, spesso nella coppia (come dimostrazione di fiducia o proprio perché ci si fida del partner) o tra persone che si conoscono, anche marginalmente. Non abbiamo dati che inquadrano perfettamente un cambiamento nei comportamenti legati al sexting, prima e dopo il lockdown. Certamente, questo momento storico ha richiesto agli adolescenti una maggiore capacità di gestire il proprio tempo in autonomia e di vivere i media con attenzione in quanto spazio di relazione, espressione, informazione e conoscenza attivando modalità creative non esenti da rischi. Sul fenomeno ha inciso la solitudine spesso vissuta in questo periodo. Insieme alla noia e alla mancanza di una rete significativa, si tratta di elementi che portano ad attivare comportamenti e forme di comunicazione non sempre agite criticamente. Con la pandemia, in considerazione dei divieti di contatto e dell'isolamento sociale, le pratiche legate al sexting sono diventate l’unico modo possibile per gli adolescenti per discutere i temi della sessualità e sperimentare nel processo di scoperta di sé. Aumenta dunque la popolarità del sexting, come fenomeno, diventando una pratica più “normalizzata”, non solo tra i giovanissimi ma anche tra gli adulti, soprattutto quando non vivono con il partner.

Quali sono le motivazioni che spingono i ragazzi al sexting?

Le ricerche condotte negli ultimi anni ponevano in risalto un cambiamento: se, inizialmente, scambiare messaggi e immagini serviva per un sostegno economico - ovvero per un riconoscimento in termini di ricariche telefoniche e regali - il sexting viene sostenuto soprattutto dal desiderio dei ragazzi e delle ragazze di essere riconosciuti e come pratica per consolidare una relazione (torna il tema della fiducia e della dimostrazione dell’amore per il proprio ragazzo - generalmente -  o ragazza). Quando abbiamo interpellato i ragazzi nella ricerca Image.me era emerso un dato importante: spesso questi scambi avvenivano per noia e per divertimento, senza pensare alle conseguenze e alle implicazioni legate all’invio delle immagini. Cosa aveva colpito era l’analfabetismo emotivo collegato a tali pratiche indice anche di una scissione tra sessualità e affettività dell’adolescente. Cosa cambia con la pandemia? Il bisogno di parlare con i coetanei della propria sessualità, porta il sexting a diventare a volte l’unico spazio di questo confronto e a cambiare connotazione: emerge maggiormente oggi la dimensione narrativa di questo fenomeno, la sua discorsivizzazione. Non tanto “scioccare” l’altro a cui invio tale materiale, ma parlare di questo con l’altro.

La sua diffusione è certamente legata alla facilità di accesso alle tecnologie. Quali sono i principali strumenti?

Senza dubbio sono i dispositivi personali a fornire l’ambiente “ideale”: si tratta infatti di scambi che avvengono nella coppia come elemento di “fiducia”, nel gruppo di amici come elemento di discorsivizzazione per informarsi, conoscersi, stare nel gruppo. Pensiamo alla diffusione di Whatsapp come generatore di scambi relazionali quotidiani e senza limiti, diversamente da quanto accadeva in passato con gli sms con costi e un limite di caratteri.

Attraverso le tecnologie i ragazzi si sentono più liberi di sperimentare. Quali sono i rischi sottovalutati?

La possibilità di sperimentare formati, linguaggi e contenuti non è di per sé negativa, anzi indica uno spazio di libertà e di espressione. Il problema nasce quando non si percepisce il senso del limite tra ciò che possiamo fare o condividere e ciò che lede la privacy e la dignità degli altri, siano “altri” noti o sconosciuti. La comunicazione digitale ci autorizza ad essere “spettautori” ovvero lettori e autori di contenuti che circolano agilmente in rete, nei canali ufficiali come in quelli più sotterranei. La possibilità di scrivere e diffondere messaggi è incredibile, ma va accompagnata da responsabilità e senso critico, due nodi che la media education da sempre prova a rafforzare. I rischi sottovalutati, dunque, hanno a che fare con quello che viene definito “effetto schermo” - pensiamo ai cosiddetti “leoni da tastiera” - e con l’impossibilità di contenere in maniera definitiva i post e le immagini che mettiamo in circolazione e che passano da un social all’altro. Per questo è bene pensare prima di condividere e pubblicare. Quando la circolazione delle immagini esce dalla rete di amicizie o dalla coppia (quindi non c’è la volontà di condividerle), la situazione è molto più grave, perché si assiste a forme di persecuzione e di vergogna molto complesse da gestire: ci si sente esposti, traditi, mortificati, derisi, oggetto di attenzione non voluta. Si parla in questi casi di “sextortion” o di “revenge porn”, con forme di ricatti diretti o indiretti che calpestano la dignità violata della persona. Il rischio è che le narrazioni, diffuse nella sfera degli amici e dei coetanei, vengano condivise fuori da questi spazi più intimi per arrivare a piattaforme e ambienti nei quali manca l’elemento consensuale o narrativo, cadendo nella sfera della pornografia e dello sfruttamento delle immagini personali. Oltre a questi elementi, la sessualità “esibita” e “osservata” rischia di trasformare un aspetto della relazione in una prestazione, di scindere sessualità e affettività, mentre le aspettative rischiano di scontrarsi con la realtà e le sue imperfezioni.

Quali consigli si possono dare loro per evitare questi rischi?

Quello che si consiglia ai ragazzi, ma non solo a loro evidentemente, è di riflettere sul tema della memoria digitale e della reputation. Tisseron parla in questo senso dei principi di Internet come elemento chiave nell’educazione agli schermi: tutto quello che mettiamo in Internet può diventare di dominio pubblico, tutto quello che si mette in Rete ci resterà per sempre, non bisogna credere a tutto quel che ci si trova. Su questo tema consigliamo di visitare il portale che raccoglie molte risorse in chiave educativa. 

Altra riflessione è legata alla ricerca di informazione. L’adolescente, provando a confrontarsi con la sessualità, cerca in rete rassicurazioni e informazioni (troppa informazione, la sua attendibilità, il meccanismo della spettacolarizzazione), per questo è necessario essere capaci di analizzare criticamente messaggi e contenuti, lavorando sull’information literacy.

Infine, il tema la relazione, lo stare in relazione con l’altro, è ciò che guida le pratiche di sexting dell’adolescente: il digitale ha un carattere relazionale, basato sul confronto di punti di vista, ma è necessario avere ben chiaro chi è il mio interlocutore e che cosa comporta lo stare in relazione.

Che cosa possono fare insegnanti e genitori per aumentare la consapevolezza sui pericoli a cui possono andare incontro i più giovani? Che ruolo riveste l’educazione digitale?

Certamente, l’educazione digitale è fondamentale, non a caso è in partenza  il 1 marzo la seconda edizione di un corso gratuito (un MOOC, massive online open course) costruito da CREMIT e CEI per accompagnare genitori, educatori, insegnanti e formare nuove sensibilità. Educare non significa controllare, ma aiutare a comprendere, a gestire i media, a porsi delle domande, a essere critici e responsabili per prevenire i comportamenti riconducibili alla cyberstupidity (di cui il sexting è parte). Insegnanti e genitori devono costruire un vocabolario per parlare con i ragazzi, avvicinarsi con curiosità e mostrare attenzione sincera verso i consumi dei più giovani, ma anche prestare attenzione a tutti i segnali di disagio dei ragazzi, che spesso si trovano a dover gestire da soli momenti di difficoltà, per paura di non essere compresi o di essere puniti dagli adulti. Sembra banale, ma curare il canale diretto di ascolto e di reciproca fiducia rimane essenziale, anche davanti alla cultura digitale. Il ruolo della scuola, poi, è importantissimo per creare un ambiente sano, capace di appoggiare i ragazzi e di intervenire ai primi segnali problematici. Passare dal controllo al contratto, cioè alla mediazione e alla co-costruzione di spazi di confronto, è fondamentale.

E quanto conta l’educazione all'affettività e alla sessualità da parte di genitori, educatori e insegnanti?

Quando le risorse educative sono carenti o assenti, ecco che il digitale diventa l’unico modo per soddisfare domande e bisogni relazionali. Su questo aspetto è necessario che genitori e insegnanti inizino a ragionare, per diventare significativi e capaci di confrontarsi con i ragazzi anche su temi più complessi, come la sessualità e l’affettività, provando a capire - ai tempi del digitale - come cambiano e quali sono le parole che assumono online. Quello che ancora è problematico è considerare i comportamenti a rischio degli adolescenti come comportamenti trasgressivi o necessariamente devianti. Oggi sono forme che raccontano la fatica dell’adolescente di attraversare questa fase, di trovare adulti autorevoli capaci di rispondere ai bisogni dietro a questi comportamenti: il riconoscimento e il rispecchiamento, la fragilità tipica dell’adolescenza, l'integrazione di un corpo sessuato, la definizione dell’identità di genere e la costruzione di valori e di ideali.

 

Un articolo di

Valentina Stefani

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