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Social business e sviluppo economico sostenibile per affrontare i cambiamenti climatici

14 giugno 2022

Social business e sviluppo economico sostenibile per affrontare i cambiamenti climatici

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I cambiamenti climatici, ormai sono sotto gli occhi di tutti, dimostrano l’inadeguatezza del modello economico dominante. Per questo è sempre più urgente capire in profondità le relazioni tra social business e sviluppo economico sostenibile, tra economia e finanza per suggerire strategie e risposte politico-istituzionali.

Si inserisce in questa prospettiva il master Governance dell’ambiente per l’ecologia integrale. Rischio climatico, adattamento, formazione, proposto dall’Alta Scuola per l’Ambiente,diretto dal professor Pierluigi Malavasi. Si tratta di un percorso formativo che implica un dialogo tra le discipline e la contaminazione delle facoltà, la connessione tra problemi e saperi, itinerari formativi e proposta inter e transdisciplinare. Un dialogo fra discipline diverse come è stato fatto venerdì 10 giugno, con la lectio della professoressa Elena Beccalli, preside della facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative e del professor Roberto Zoboli,direttore dell’Alta Scuola per l’Ambiente.

Il contrasto al global warming passa anche attraverso l’adattamento climatico, tema oggetto del master. I relatori, attraverso i loro interventi dialogici hanno mostrato che è solo nelle sinergie tra analisi e progetti, imprese e formazione, social business e adattamento climatico che si potranno cambiare le prassi dell’ineguaglianza, purtroppo dominanti. 

«L’impresa sociale contribuisce a colmare la mancanza di adeguate istituzioni economiche per affrontare povertà e disuguaglianze, cioè colma una institutional failure – ne è fermamente convinta la preside Beccalli. In ciò trova attuazione il principio di sussidiarietà – un cardine della Dottrina Sociale della Chiesa - secondo il quale la libera attività imprenditoriale (e in termini più generali, la società civile) può completare e sostenere l’azione pubblica per il conseguimento del bene comune.

Utile la metafora della produttoria, piuttosto che dalla sommatoria, per qualificare il bene comune: non si può sacrificare il bene di qualcuno per migliorare il bene di qualcun altro e, in altre parole, il bene di ognuno non può essere fruito se non lo è anche dagli altri (l’interesse di ognuno si realizza assieme a quello degli altri, né contro nè a prescindere)».

L’intervento del professor Zoboli si è focalizzato sull’adattamento climatico in una  prospettiva economica e istituzionale, analizzando costi e benefici delle politiche per il clima.  In particolare, il direttore di Asa, si è soffermato sulle differenze fra mitigazione e adattamento. «Le politiche degli ultimi anni hanno puntato più sulla mitigazione e meno sull’adattamento, anche se negli ultimi tempi si sta assistendo a un’inversione. Questo perché il “net benefit” è grandissimo: se non si fa nulla si stimano costi dal 5 al 20 per cento di perdita del Pil globale, mentre ce ne sarà solo un uno per cento se si faranno politiche di stabilizzazione che ci mantengono sotto le temperature critiche».

Si registra una certa riluttanza ad intraprendere politiche preventive perché hanno dei costi che sono certi e devono essere sostenuti subito. Dall’altro abbiamo dei benefici delle perdite attese che sono incerte e molo lontane nel tempo. Cosa si può fare allora?

«L’unica via è quella di avere buone modellistiche che siano convincenti verso le imprese, famiglie, istituzioni poiché se investiamo un euro in prevenzione avremo quattro euro di perdite evitate. Fare adattamento paga e evita perdite rilevanti». 

Un articolo di

Antonella Olivari

Antonella Olivari

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