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Lo Stato Sociale, diversi ma uniti nel segno della complessità

26 febbraio 2021

Lo Stato Sociale, diversi ma uniti nel segno della complessità

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La pandemia ha stravolto il mondo dello spettacolo, della musica e delle arti visive. A causa delle rigorose restrizioni imposte dal governo, i musicisti e i numerosi addetti ai lavori hanno subìto grosse perdite a livello economico, ma la voglia di andare avanti per la propria strada ha sempre prevalso su ogni difficoltà. Se da un lato la ripartenza corrisponde al desiderio di rimettersi in carreggiata, dall’altro vuole essere un modo di mettersi in gioco dinnanzi ai tempi che cambiano costantemente.

Questo è stato l’argomento centrale dell’incontro speciale, promosso dai master Fare Radio e Comunicazione Musicale dell'Università Cattolica, con Lo Stato Sociale. Il dibattito è stato introdotto dai direttori didattici dei due master, Marco Pontini e Gianni Sibilla, e moderato da Lorenzo Luporini dell'agenzia Goigest. Grande spazio, ovviamente, per le domande degli studenti - oltre 600 - che hanno seguito online l'incontro.

Il collettivo bolognese, che vanta già una presenza al Festival di Sanremo del 2018, è pronto a tornare a calcare il palco dell’Ariston nella prossima edizione che si terrà dal 2 al 6 marzo. Questa volta, però, la band si presenterà con una nuova sfida: cinque dischi in cinque settimane, uno per ogni componente. Così come fecero i Kiss e i Melvins, Lo Stato Sociale vuole stravolgere le regole del mercato musicale cercando di raggiungere un pubblico più vasto.

«Il progetto dei cinque dischi, uno per ogni membro della band, era già in cantiere da un po’ - sottolinea Alberto “Albi” Cazzola – abbiamo pensato che Sanremo potesse essere una buona cassa di risonanza». Il Festival, d’altronde, rappresenta una buona occasione per ogni singolo membro della band di riconoscersi ognuno dall’altro come personalità distinte. Esperienza che, a detta di Alberto “Bebo” Guidetti, è stata già assimilata nel periodo in cui i tre fondatori della band, compreso Lodovico Guenzi, lavoravano come speaker a Radio Città Fujiko, emittente radiofonica della città di Bologna.

Le motivazioni che hanno generato l’idea più in profondità, hanno però ragioni ben più fondate: in primo luogo «c’è un piano umano che vede in ognuno di noi la voglia di esprimere e sviluppare la propria estetica – dice Francesco “Checco” Draicchio – riprendendoci un po’ di libertà individuale ma sempre con il confronto degli altri», in secondo luogo vi è invece «un piano più discografico, sviluppando la band non più in verticale, ma tentando un’operazione di allargamento. Abbiamo sempre cercato di spostare costantemente l'attenzione del pubblico da uno all'altro, sfuggendo l’idea di leadership e, se questa cosa è abbastanza chiara per i fan di vecchia data, non è scontato che lo sia per chi ci scopre per la prima volta».

Per quel che riguarda l’audience, Lo Stato Sociale ribadisce il cambiamento del pubblico e degli ascoltatori facendo riferimento all’esperienza di Sanremo 2018, in cui la band si è esibita al completo davanti a spettatori decisamente più mainstream. Ma come è cambiata la loro carriera da quell’evento? A questa domanda Lodo risponde: «Non siamo una band col frontman. Siamo un collettivo composto da cinque persone. Io mi sono esposto nel 2018, ma stavolta sarà diverso. La cosa chiara è che questo non sarà il mio Sanremo».

Lo Stato Sociale, quindi, parteciperà con l’intento di lasciare il segno: «Questa volta davvero vale la pena salire su quel palco – afferma Lodo – abbracciarsi in senso metaforico, darsi delle pacche sulle spalle e competere per far rivivere un ricordo a chi si è dimenticato di noi».

Un articolo di

Alessandro De Capua

Scuola di Giornalismo

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