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Sulle tracce di Valdo, tra documenti e leggenda

15 ottobre 2024

Sulle tracce di Valdo, tra documenti e leggenda

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Potrà sembrare strano, ma per molto tempo i valdesi hanno preferito fare a meno del proprio fondatore. Anziché riferirsi alla vicenda storica del ricco cittadino di Lione che nel pieno del Medioevo sceglie la via della povertà e della predicazione, i valdesi abbracciavano la leggenda della cosiddetta origine apostolica, secondo la quale gli abitanti delle valli piemontesi sarebbero diventati cristiani in un’età molto antica, meritandosi tra l’altro l’ammirazione e gli elogi dello stesso san Paolo. Valdo e i valdesi tra storia e mito, come recita il titolo della mostra in corso fino al 5 novembre a Milano, nell’atrio dell’edificio dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in via Nirone 15 (dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle 18, il sabato dalle 9 alle 13) è la seconda tappa di un percorso espositivo iniziato nei mesi scorsi presso il Museo Valdese di Torre Pellice, in provincia di Torino, nell’ambito delle celebrazioni per l’850° anniversario della conversione di Valdo, che le fonti collocano attorno al 1174.

«In un momento cupo come l’attuale, questa mostra rappresenta un’occasione preziosa per ribadire lo stile di dialogo che è caratteristico del nostro Ateneo», ha affermato il preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, Professor Andrea Canova, introducendo i lavori del convegno con cui sabato 12 ottobre si sono ufficialmente inaugurate le visite. Da parte sua, la presidente della Fondazione Centro Culturale Valdese, Bruna Peyrot, si è soffermata sul duplice significato che la ricorrenza riveste: «Ogni volta che è chiamata a ricordare la propria storia, la comunità valdese si confronta non solo con gli esiti della ricerca scientifica, ma anche e specialmente con l’idea di cristianità che la figura di Valdo rappresenta. La volontà di sottrarsi alla mentalità del proprio tempo per seguire l’Evangelo è il tratto costitutivo di una fede che, come affermava lo storico Gioacchino Volpe, ha saputo farsi “moto di cultura”».

«Non si conservano ritratti di Valdo – ha sottolineato Davide Rosso, direttore della Fondazione Centro Culturale Valdese –, in compenso nei secoli sono state elaborate di lui tante immagini differenti, che la mostra intende analizzare e contestualizzare. Al centro di tutto rimane il valore della scelta coraggiosamente compiuta 850 anni fa da un semplice cristiano». Sulle implicazioni ecumeniche della presenza della mostra in Università Cattolica ha insistito il direttore del Dipartimento di Scienze religiose dell’Ateneo, Professor Marco Rizzi: «Proprio perché l’analfabetismo religioso è un fenomeno ormai costitutivo e non più di ritorno, è indispensabile che le diverse confessioni cristiane rendano ragione della propria storia le une alle altre».


Al Professor Marco Rainini, ordinario di Storia della Chiesa all’Università Cattolica, è toccato il compito di collocare l’esperienza di Valdo nel quadro della sua epoca: «Il XII è un secolo cruciale per l’evoluzione dell’Occidente. Potere politico e potere religioso divergono e il Papato subentra all’Impero come forza centrale, capace di esercitare il controllo anche nelle regioni più periferiche. Una delle conseguenze di questo processo è l’accentuata consapevolezza dello stato laicale, che viene a contrapporsi a quello clericale. Ed è da laico che Valdo rivendica la facoltà di predicare, altrimenti assegnata al clero. Il suo gesto viene recepito come sintomo di disordine, nozione intollerabile in un contesto dominato dal culto dell’ordine o, meglio, dell’ordo, per usare una delle parole-chiave del tempo».

Un importante contributo alla comprensione della figura di Valdo è venuto dal Professor Gian Paolo Romagnani, ordinario di Storia moderna all’Università di Verona: oltre ad aver collaborato all’allestimento della mostra, Romagnani ha curato insieme con Francesca Tasca, Susanna Peyronel Rambaldi e Paolo Naso la nuova Storia dei valdesi pubblicata in quattro volumi da Claudiana per l’anniversario del 2024. «La frattura di Valdo con l’istituzione ecclesiastica non avviene sul piano della dottrina, ma della pratica della predicazione – ha avvertito lo studioso –. Anche per questo motivo, più che di un valdismo delle origini sarebbe corretto parlare di una pluralità di valdismi medievali, all’interno dei quali la figura storica del fondatore conserva contorni abbastanza sfumati. Già l’attribuzione del nome Pietro, che non ha rispondenza nei documenti, assume l’aspetto di una sfida a Petrus, e cioè al Papa. Viene così a formarsi la leggenda della tradizione apostolica, per cui il popolo delle valles (l’appellativo di “valdesi” verrebbe da qui, e non dal cognome Valdesius) sarebbe stato evangelizzato dai quattro apostoli conservatisi fedeli all’insegnamento di Cristo. Con l’avvento della Riforma, questa versione si impone anche in campo storiografico, resistendo fino a buona parte del XIX secolo».

«L’intreccio fra realtà storica e immaginazione leggendaria non va sottovalutato», hanno avvertito infine Marco Fratini e Samuele Tourn Boncoeur, che hanno curato la mostra per la Fondazione Centro culturale valdese. «I cambiamenti storici complessivi hanno influito in modo evidente sul profilo di Valdo che è stato via via proposto – hanno osservato –. In particolar modo, colpisce il grande interesse riservato a una minoranza religiosa di per sé minoritaria, ma che nel tempo si è trovata a dare rappresentazione a istanze più ampie. Prevalente, tra gli altri, il mito della persecuzione, che viene alimentato dal diffondersi dell’immaginario apocalittico tipico del XVII secolo».

Un articolo di

Alessandro Zaccuri

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