Al Professor Marco Rainini, ordinario di Storia della Chiesa all’Università Cattolica, è toccato il compito di collocare l’esperienza di Valdo nel quadro della sua epoca: «Il XII è un secolo cruciale per l’evoluzione dell’Occidente. Potere politico e potere religioso divergono e il Papato subentra all’Impero come forza centrale, capace di esercitare il controllo anche nelle regioni più periferiche. Una delle conseguenze di questo processo è l’accentuata consapevolezza dello stato laicale, che viene a contrapporsi a quello clericale. Ed è da laico che Valdo rivendica la facoltà di predicare, altrimenti assegnata al clero. Il suo gesto viene recepito come sintomo di disordine, nozione intollerabile in un contesto dominato dal culto dell’ordine o, meglio, dell’ordo, per usare una delle parole-chiave del tempo».
Un importante contributo alla comprensione della figura di Valdo è venuto dal Professor Gian Paolo Romagnani, ordinario di Storia moderna all’Università di Verona: oltre ad aver collaborato all’allestimento della mostra, Romagnani ha curato insieme con Francesca Tasca, Susanna Peyronel Rambaldi e Paolo Naso la nuova Storia dei valdesi pubblicata in quattro volumi da Claudiana per l’anniversario del 2024. «La frattura di Valdo con l’istituzione ecclesiastica non avviene sul piano della dottrina, ma della pratica della predicazione – ha avvertito lo studioso –. Anche per questo motivo, più che di un valdismo delle origini sarebbe corretto parlare di una pluralità di valdismi medievali, all’interno dei quali la figura storica del fondatore conserva contorni abbastanza sfumati. Già l’attribuzione del nome Pietro, che non ha rispondenza nei documenti, assume l’aspetto di una sfida a Petrus, e cioè al Papa. Viene così a formarsi la leggenda della tradizione apostolica, per cui il popolo delle valles (l’appellativo di “valdesi” verrebbe da qui, e non dal cognome Valdesius) sarebbe stato evangelizzato dai quattro apostoli conservatisi fedeli all’insegnamento di Cristo. Con l’avvento della Riforma, questa versione si impone anche in campo storiografico, resistendo fino a buona parte del XIX secolo».
«L’intreccio fra realtà storica e immaginazione leggendaria non va sottovalutato», hanno avvertito infine Marco Fratini e Samuele Tourn Boncoeur, che hanno curato la mostra per la Fondazione Centro culturale valdese. «I cambiamenti storici complessivi hanno influito in modo evidente sul profilo di Valdo che è stato via via proposto – hanno osservato –. In particolar modo, colpisce il grande interesse riservato a una minoranza religiosa di per sé minoritaria, ma che nel tempo si è trovata a dare rappresentazione a istanze più ampie. Prevalente, tra gli altri, il mito della persecuzione, che viene alimentato dal diffondersi dell’immaginario apocalittico tipico del XVII secolo».