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Superare il lockdown e ritrovare se stessi con un video

12 febbraio 2021

Superare il lockdown e ritrovare se stessi con un video

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Il cammino come ricerca prendendo spunto dal cinema spirituale di Andreij Tarkovskij. Non si sono arresi gli studenti del secondo anno del Dams, iscritti al corso di regia audiovisiva di base, di fronte alla pandemia che impediva loro di frequentare le lezioni in presenza. Hanno preso la propria attrezzatura e sono usciti nei loro territori, dal nord al sud d’Italia, per raccontare con un video la loro riflessione su come andare oltre la pandemia, accompagnati via web dall’occhio vigile dei coordinatori del corso Graziano Chiscuzzu e Marco Meazzini

 

Un articolo di

Antonella Olivari

Antonella Olivari

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Molti ragazzi, usando il cinema come via di confronto e di contatto, hanno espresso la voglia di uscire e così il cammino si è trasformato in qualcosa di terapeutico, di auto descrittivo e riflessivo. Ovviamente nel pieno rispetto delle regole, delle zone rosse, gialle e arancione. I ragazzi hanno sperimentato anche una produzione in autonomia, girando senza troupe e del tutto non ordinaria per capire anche il mestiere del videomaker in tempo di coronavirus».

 

«Non è stata un’impresa semplice, visti i limiti e le restrizioni imposte dal Dcpm, - raccontano i coordinatori del corso - ma gli studenti sono riusciti comunque a esprime la loro creatività cinematografica anche in contro risposta a quella moda virale che nei primi mesi del Covid-19 si è vista, purtroppo, con i lockdown movies (video dove gli studenti chiusi in casa, quasi in loop, raccontavano la loro quotidianità).

I temi sviluppati e raccontati dagli studenti nei loro video sono tanti, ma sono legati tutti fra loro da un filo conduttore: «Siamo partiti da una grammatica apparentemente semplice, legata al cinema degli anni 70 e 80 del regista russo Tarkovskij, come stimolo e come punto di partenza non ordinario in un corso Dams. I ragazzi hanno elaborato il tema del viaggio fuori e dentro sé stessi -continuano i tutor-. Crediamo che la pandemia, il coprifuoco e la non quotidianità ordinaria, possano essere raccontati non solo come prigionia, malattia e limite ma come occasione per riflettere su sé stessi e sul proprio futuro. C’è chi ha rappresentato il processo di cambiamento di una persona nel momento in cui entra a contatto con le sostanze stupefacenti oppure un viaggio di rinascita dopo il cammino di Santiago de Compostela».

«Si tratta di un'esperienza che non consiglio a tutti – dice Annalisa Bellitto Grillo, perché molto faticoso e ti mette a dura prova; più che un percorso spirituale è una sfida per sé stessi dove si va oltre ogni fatica fisica. Ho incontrato e stretto amicizia con tantissime persone che abitano dall’altra parte del mondo. Penso che loro siano state la mia forza per andare avanti. È un’esperienza che rifarei assolutamente nonostante tutto, ti cambia la vita e ti aiuta a crescere. Il mio documentario è una piccola testimonianza della prova che ho dovuto affrontare e delle emozioni che mi ha regalato».

Simone Ligabò ha ambientato il suo corto nell’atmosfera gotica del castello di Vezio, un posto vicino a Varenna, sul lago di Como.  «Il soggetto è un giornalista a rischio licenziamento alle prese con la ricerca di uno scoop che potrebbe salvargli il posto. Arrivato nel luogo in cui lo ha mandato il caporedattore del giornale, di cui sentiamo solo la voce, con la partecipazione del mio maestro di teatro, incontra una delle sculture del fantasma, che inizieranno a insediarsi nella sua mente, con una voce stranamente simile alla sua. La lotta per la ricerca dello scoop si trasforma nella lotta per la ricerca di sé stesso e del senso della propria vita, da cui il protagonista cerca di fuggire».

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