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Timori e speranze dopo gli eccessi della globalizzazione

15 maggio 2024

Timori e speranze dopo gli eccessi della globalizzazione

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Da diversi anni la globalizzazione è in crisi e ciò provoca una frenata nella crescita di scambi commerciali e investimenti internazionali, un calo nella circolazione di persone, idee e conoscenza, un rallentamento nella condivisione di tecnologie e innovazioni, una riduzione della cooperazione internazionale e una perdita di efficacia e credibilità delle istituzioni sovranazionali.

Sono questi alcuni temi illustrati nel volume “Il grande scollamento. Timori e speranze dopo gli eccessi della globalizzazione” (Bocconi University Press/Egea, 2024) di Marco Magnani, docente di International Economics all’Università LUISS di Roma e all’Università Cattolica, presentato mercoledì 8 maggio nella Cripta dell’Aula Magna dell’Ateneo. Al dibattito, promosso dall’Associazione per lo Sviluppo degli studi di banca e borsa e dal Laboratorio di analisi monetaria e moderato da Bianca Terzoni, alumna della Scuola di giornalismo della Cattolica, hanno preso parte gli economisti dell’Università Cattolica Rony Hamaui e Marco Lossani, e Pier Carlo Padoan, presidente di UniCredit, già ministro dell’Economia e vicesegretario generale OCSE.

Le osservazioni e considerazioni emerse sui contenuti del libro hanno dato atto che è in corso un progressivo scollamento che sta mutando profondamente le relazioni internazionali e una crescente frammentazione. La metafora utilizzata da Marco Magnani è quella delle “placche tettoniche”, pezzi di mondo che si allontanano, si avvicinano e ogni tanto si scontrano. Questo scollamento è preoccupante alla luce delle sempre più numerose e urgenti sfide globali che riguardano l’intero pianeta e tutta l’umanità quali cambiamento climatico ed emergenze sanitarie, guerre e flussi migratori, proliferazione nucleare e terrorismo internazionale, fame e povertà estrema, crisi finanziarie sistemiche e aumento delle diseguaglianze, reperimento stabile di energia e materie prime, nuovi dilemmi sollevati da sviluppo tecnologico e progresso scientifico.

In questo mondo sempre più frammentato è possibile cogliere alcune tendenze di fondo. C’è una forte regionalizzazione che contribuisce a rendere il contesto internazionale particolarmente complesso. C’è la crescente prevalenza della politica sull’economia per cui il ruolo dello Stato aumenta a scapito di quello dei mercati e gli interessi geopolitici tendono a prevalere su quelli economici. Inoltre, l’aumento della volatilità nelle relazioni internazionali fa sì che sono più numerosi i Paesi con forti ambizioni geopolitiche che aspirano a una propria autonomia strategica con l’obiettivo di aumentare il proprio peso internazionale. La conseguenza è che, a fronte di alleanze solide e durature ‒ generalmente basate su prossimità geografica, affinità storiche e culturali, esigenze di sicurezza militare, condivisione di valori – aumentano le intese più volatili e temporanee. Sulla base di questi scenari illustrati nel volume di Magnani, i relatori si sono interrogati sul futuro della globalizzazione e sul mondo che verrà.

Dall’analisi dei vari processi di internazionalizzazione nel corso della storia emerge che da sempre a periodi di apertura e forte integrazione sono seguite fasi caratterizzate da chiusura e allentamento dei legami internazionali, e che la globalizzazione ha prodotto tanti benefici ma anche eccessi, limiti e distorsioni nei tempi moderni. Infatti, se innegabilmente ha generato prosperità, progresso e pace, ha fatto emergere distorsioni nella distribuzione della ricchezza.

Recenti shock esterni come pandemia, guerre, crisi finanziarie hanno contribuito alla crisi della globalizzazione, rendendo evidente la fragilità di catene di approvvigionamento complesse (basti pensare alla gestione dei vaccini nella prima parte della pandemia da Covid). Protezionismo commerciale, restrizioni ai movimenti di capitali, sanzioni economiche, sono spesso utilizzati come armi non convenzionali per perseguire finalità geopolitiche. Lo stesso accade con la gestione di flussi di migranti e rifugiati, con le forniture di materie prime strategiche, energia e risorse alimentari, con l’accesso e lo sfruttamento dell’acqua, con la condivisione di tecnologia e di ricerca medico-scientifica.

La globalizzazione moderna è certamente in crisi, ma non ha esaurito le proprie potenzialità anzi i benefici sono complessivamente maggiori rispetto agli svantaggi. E le tante sfide mondiali, a cominciare dal reperimento di risorse naturali e fonti di energia, potranno essere affrontate con successo attraverso la cooperazione internazionale. Una grande opportunità è costituita da quelle che Magnani individua come le possibili nuove frontiere della cooperazione internazionale: l’Artico, lo Spazio, il Subacqueo e il Digitale. Sta noi evitare di trasformare le “frontiere” in “fronti".

In tutto ciò, oltre alle strategie di governance, tanto fa anche l’impegno individuale. Pier Carlo Padoan è stato molto chiaro rivolgendosi con un pressante invito agli studenti presenti: «Il mondo che verrà dipende da quello che facciamo noi. Il futuro non va subìto ma dobbiamo essere protagonisti. Per questo bisogna studiare, essere sempre critici, e soprattutto credere nella democrazia».

Un articolo di

Agostino Picicco

Agostino Picicco

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