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Tra digitalizzazione, nuove professioni, pandemia: come cambia il diritto del lavoro

31 marzo 2021

Tra digitalizzazione, nuove professioni, pandemia: come cambia il diritto del lavoro

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Prima la globalizzazione. Poi la digitalizzazione. Adesso la pandemia. Sono le grandi sfide con cui il diritto del lavoro si trova a fare i conti. Come ha affrontato queste grandi trasformazioni? È l’interrogativo attorno a cui si è sviluppato il webinar di martedì 30 marzo dal titolo Un diritto che cambia. Lavoro, innovazione e futuro, promosso dalla facoltà di Economia dell’Università Cattolica e dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel), che è stata anche l’occasione per presentare il volume “Diritto del lavoro. Una conversazione” (Il Mulino, 2021), a cura di Tiziano Treu, presidente del Cnel, e Antonella Occhino, preside della facoltà di Economia.

Un libro corposo, di 250 pagine che affronta le «questioni più calde del momento» e «mette nero su bianco una conversazione sul diritto del lavoro in questo tempo di pandemia», ha detto il giornalista del Corriere della sera Dario Di Vico, introducendo il dibattito cui hanno preso parte alla presenza degli autori il giudice della Corte Costituzionale Silvana Sciarra, e i professori Claudio De Vincenti e Stefano Sacchi, rispettivamente della Sapienza Università di Roma e del Politecnico di Torino.

Crisi delle categorie della materia, moltiplicarsi dei lavori, polarizzazione dei mercati del lavoro, ricerca di nuove regole e obiettivi per la contrattazione collettiva, trasformazioni dell’impresa, crescere delle diseguaglianze ed evoluzione del welfare verso diritti comuni per i lavoratori europei, denatalità, invecchiamento della popolazione, patto intergenerazionale, impatto della pandemia sul mondo del lavoro e sulla sicurezza del lavoro: sono gli aspetti analizzati dai due autori a partire dal presupposto che il diritto del lavoro non è una «materia statica»  bensì un «diritto del welfare che esprime la sua vocazione universalistica a sostegno dei diversi» e in linea con i «nuovi bisogni individuali e collettivi».

A richiamare in causa l’attualità del volume è stata il giudice della Corte Costituzionale Silvana Sciarra, che ha messo l’accento sul suo «richiamo non banale al fatto che il diritto del lavoro deve stare in una dimensione di costante ibridazione con le altre materie e di apertura al cambiamento». Insomma, un diritto del lavoro «senza cesure» e «fondato su una flessibilità regolata» che non trascura «l’osservanza e la garanzia degli standard basilari per i diritti inderogabili» e che pone l’esigenza, qualora fosse necessario, di «riorganizzare la materia» a fronte delle tante stratificazioni effettuate negli ultimi anni dal legislatore. Secondo il giudice Sciarra un tema centrale, ben focalizzato nel volume, resta quello del «tipo contrattuale» non più caratterizzato da un rapporto di opposizione fra autonomia e subordinazione ma dalla tendenza all’osmosi tra diversi tipi professionali. «L’esempio forse più clamoroso è lo smart working che ci costringe a tornare su alcuni capisaldi: la tutela della salute, il rendimento, l’orario, la dignità della persona». Di qui l’attenzione a un «diritto del welfare» che guarda all’individuo e alle nuove forme di sostegno alle famiglie e alle imprese.

Del resto, ha osservato Claudio De Vincenti le «profonde trasformazioni del tessuto economico e delle forme organizzative pongono domande nuove al diritto del lavoro. Cambiamenti in atto da tempo, aggravati dalla pandemia e resi difficili dall’incertezza degli sbocchi che avremo». A tal proposito Stefano Sacchi ha citato gli impatti occupazionali che, secondo le stime recenti del Bureau of Labor Statistics americano, da qui a qualche anno genererà l’accelerazione nell’adozione di nuove tecnologie e di lavoro da remoto: una crescita occupazionale molto ridotta delle professioni che richiedono basse skills. «Possiamo già cominciare a interrogarci su quali saranno le nuove povertà dei prossimi anni e quali gli strumenti che occorre mettere in campo».

E su questo fronte il libro offre alcuni suggerimenti. «Quando abbiamo cominciato questo lavoro quello che ci ha maggiormente scombussolato è il fatto di esserci trovati davanti un diritto del lavoro che ha allargato molto i suoi confini e i suoi spazi perché tirato dai bisogni imposti dalla globalizzazione, dalla digitalizzazione, dalla pandemia». Come adattare le tutele e le politiche di fronte a questi allargamenti? «Proprio perché siamo convinti che il diritto del lavoro resta una conquista fondamentale delle democrazie pluraliste liberali riteniamo fondamentale ripensare i principi e i valori per rinsaldarli nel nuovo contesto economico, ricercare nuovi istituti e nuove politiche in grado di ridare vigore e senso alla missione del diritto del lavoro di tutelare le persone che lavorano e di promuovere le loro capacità».

 

Un articolo di

Katia Biondi

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