La riforma dello sport ha previsto per le associazioni e le società sportive dilettantistiche l’obbligo di designare un responsabile della tutela dei minori, preposto al contrasto di ogni tipo di abuso e di violenza, nonché alla protezione dell’integrità fisica e morale dei giovani sportivi.
A che punto siamo nell’adeguamento alla norma? Per fare una prima valutazione e poter rispondere alla domanda l’Università Cattolica del Sacro Cuore, con la diocesi di Piacenza-Bobbio e con il Centro sportivo italiano (Csi), ha redatto una prima mappatura delle associazioni e società operanti in ambienti ecclesiali, per lo più parrocchie o affiliate al Csi, ente sportivo di ispirazione religiosa, realizzata attraverso un questionario somministrato dagli studenti. Un primo sguardo i cui risultati sono stati mostrati durante l’incontro “La policy di tutela dei minori nello sport”, coordinato da Anna Gianfreda, docente dell'Università Cattolica.
Dopo le parole del direttore di sede Angelo Manfredini e davanti a don Giuseppe Basini, vicario del vescovo, e al viceprefetto Claudio Giordano, la ricerca è stata illustrata da Delia Botta, Francesca Divina Campostrini e Roberta Maria Farina, studentesse del corso di Diritto e gestione degli enti religiosi e del Terzo settore, alle quali è seguito l’intervento di Alessandra Pietrini, referente policy Csi Nazionale, collegata da remoto. «È difficile - spiega quest’ultima - individuare un responsabile unico. La responsabilità è collettiva, dovrebbe essere di tutti, dell’intera associazione che si assume dei principi da seguire e dei codici di condotta, effettuando anche un monitoraggio. Il fatto che però tutte le realità sportive debbano munirsi di un referente entro la fine di agosto ha rappresentato una fortissima accelerazione. La maggior parte del lavoro, almeno per noi del Csi, avverrà dopo quella data».
Al questionario hanno risposto 28 società e associazioni, per lo più di calcio (32,1%), seguite da quelle la cui pratica è la pallacanestro (25%). In prevalenza a rispondere sono stati gli allenatori (57%) e i dirigenti (32%). Nonostante la maggior parte delle società esaminate abbia previsto una politica di tutela dei minori, comprendendo quindi l'importanza del tema, il 60% non si è dotata di un codice etico. Fra i bisogni formativi sulla tutela dei minori, lo staff di 10 società gradirebbe essere più formato per attuare al meglio le politiche di tutela, 8 società ritengono sia fondamentale l’aspetto psicopedagogico, mentre una società ha proposto un incontro gratuito annuale tenuto da formatori qualificati e con attestato di partecipazione.
A indicare i tratti salienti della mappatura è stata Chiara Griffini, referente del servizio tutela minori e adulti vulnerabili della diocesi, che sottolinea come la maggioranza delle persone che hanno risposto al questionario siano allenatori. «Un dato importante - afferma - perché gli allenatori sono sentinelle. Il loro prendersi cura dei ragazzi è fondamentale quando si parla dell’abuso nello sport, sia inerente ai gesti compiuti sia alle parole pronunciate». «Un’altra cosa importante che emerge dalla mappatura è il fatto che gli sport a pratica individuale, in cui è presente una relazione diretta fra allenatore e atleta, come tennis, scherma, ginnastica artistica e arti marziali, sono quelli dove è maggiormente implementata una politica di tutela dei minori. Negli sport di squadra accade molto meno. Occorre pertanto lavorare sul tema delicato della gestione dello spogliatoio e del gruppo».
Stefano Magnaschi, presidente territoriale Csi di Piacenza, dopo avere ricordato che sono 80 le società sportive affiliate, evidenzia come «solo 28 hanno risposto al questionario, meno della metà». «Un dato - dice Magnaschi - che mostra l’esigenza formativa sul tema della tutela. Se riproponessimo il questionario fra un paio di mesi, vicino alla scadenza entro la quale bisogna adempiere alle nuove regole previste dalla riforma, sono convinto che risponderebbe il 100% delle società sportive interpellate».